«Hanno preso le carte, non quelle di Ligato» di Giovanni Bianconi

«Hanno preso le carte, non quelle di Ligato» Intervista a Enzo Cafari, compagno d'infanzia dell'ex presidente delle Ferrovie, nel mirino delle indagini «Hanno preso le carte, non quelle di Ligato» Perquisiti dai carabinieri uffici e cassaforte dell'amico «Fu a cena con me il 23 agosto, 3 giorni prima del delitto» ROMA. Via Tagliamento 29, primo piano, sede della Intercontinentale Assicurazioni, ufficio di Enzo Cafari. E' qui che i carabinieri sono venuti a cercare i documenti per spiegare l'omicidio di Lodovico Ligato. <(Avete scritto che c'erano le cassaforte i piani per la ricostruzione di Reggio Calabria, i floppy-disk. Tutto balle. Hanno solo rotto questo cassetto, e si sono portati via qualche polizza assicurativa. Niente di più». Enzo Cafari, 56 anni, aspetto e abbigliamento da vero manager, si difende con foga. «Mi avete linciato — dice —, adesso si parla di me anziché degli assassini di Ligato. Ma io in questa vicenda sono parte lesa, con l'omicidio di Vico non c'entro, come non c'entravo dodici anni fa, quando mi hanno condannato per favoreggiamento di certi calabresi. Ma poi sono stato assolto: perché non l'avete scritto?». Ricominciamo dall'inizio, allora. Lei era amico di Ligato? Certo, lo conoscevo da trent'anni, siamo cresciuti insieme io, lui, e l'onorevole Vincelli. Ma questo che vuol dire? Non ero io il suo unico amico. Sì, ho anche partecipato alla cena del 23 agosto, tre giorni prima che morisse. E allora? Di cene con Vico ne avrò fatte un milione. Non eravate soci in qualche affare? Neanche per sogno. E nessuna delle società di Ligato, o del fi- glio, o di chiunque altro sia legato a lui, era assicurata con la mia compagnia. Pensi che neanche le sue macchine erano assicurate con me. Ma allora i carabinieri perché sono venuti qui? Che cosa hanno portato via? Sono venuti perché la «Gazzetta del Sud» ha scritto che io ero il braccio destro di Ligato, ma non è vero. E non hanno preso niente che li può interessare. Siccome io faccio il «broker» immobiliare avranno preso qualcosa che riguarda delle società. Ma l'unica cosa che c'entrava con Ligato, questa proposta di polizza sulla salute che lui mi aveva dato da studiare per un consiglio, l'hanno lascia¬ ta. Torniamo a quella cena del 23. Che cosa disse Ligato? Era un incontro tra amici, parlammo del più e del meno, ma né di affari né di politica. Disse solo che adesso avrebbe pensato a riposarsi, ma che a settembre voleva preparare bene la sua difesa per uscire senza macchia dallo scandalo delle Ferrovie. E' vero che si lamentava per essere stato abbandonato dalla de? Che intenzioni aveva per il futuro? Vico era molto amareggiato e abbattuto per come se ne era dovuto andare dalle Ferrovie, e non voleva avere più niente a che fare con la politica e con la Calabria. Chi e perché può averlo ucciso, secondo lei? Non ne ho idea, e se lo sapessi andrei a cercarlo io direttamente. A differenza vostra, io sono interessato a sapere la verità. Mi farei tagliare un braccio subito per sapere chi l'ha ammazzato, perché Vico era un amico, un politico eccellente, e ancora continuava ad essere un punto di riferimento per noi e per la nostra provincia. Signor Cafari, lei sostiene di essere una vittima, ma negli archivi della polizia giudiziaria c'è un nutrito fascicolo sul suo conto. E' vero o no che è stato inquisito e condannato per i rapporti con i boss della 'ndrangheta, che è entrato nelle indagini sui sequestri di persona e sull'omicidio Pecor elli? Ho avuto dei guai, e non c'entravo per niente, tanto che alla fine sono stato assolto e adesso sono un libero cittadino con tanto di passaporto e porto d'armi. Pecorelli l'avrò incontrato un paio di volte, me lo presentò l'onorevole Carenini. Trovarono il mio nome sulla sua agendina, niente di più. Ma boss della 'ndrangheta come Piromalli, De Stefano e Mammoliti, li conosce? Io in provincia di Reggio conosco tutti. Anche loro? Ho detto tutti. Giovanni Bianconi Lodovico Ligato Polemica sulle indagini

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