«Dobbiamo fermare i baltici» di E. St.

«Dobbiamo fermare i baltici» UNIONE SOVIETICA Non si placa il fermento etnico, l'Azerbaigian bloccato da uno sciopero «Dobbiamo fermare i baltici» 7/falco Ligaciov contro i nazionalisti MOSCA NOSTRO SERVIZIO L'attività economica dell'Azerbaigian si è parzialmente fermata ieri con l'inizio dello sciopero politico proclamato da un movimento di base che si batte per ottenere maggiore autonomia da Mosca. Scioperi legati alle rivendicazioni nazionalistiche continuano anche in Moldavia mentre il Baltico si prepara alla controffensiva contro i conservatori che vogliono dare il colpo di grazia ai movimenti nazionalisti. L'ultimo avvertimento è venuto dal capo del duri del partito, Ligaciov. Secondo il Fronte popolare circa l'ottanta per cento dei lavoratori a Baku e in altre città, ha aderito al primo giorno di sciopero che dovrebbe durare una settimana. A Baku i mezzi pubblici hanno funzionato a singhiozzo, diverse fabbriche e negozi sono rimasti chiusi. Bloccato anche il porto sul Mar Caspio. La proclamazione di sciopero esclude i lavoratori dei pozzi di petrolio, ma sono annunciate iniziative per impedire che il greggio lasci l'Azerbaigian. Gli azeri premono perché venga revocato il coprifuoco che dallo scorso anno vige nella capitale, chiedono il riconoscimento ufficiale del Fronte popolare e elezioni generali per rinnovare i quadri dirigenti della repubblica e i rappresentanti popolari a Mosca, scelti, secondo gli attivisti, in base a vecchi metodi antidemocratici. Le rivendicazioni nazionalistiche azere, che vogliono 1' abolizione dello status autonomo del Nagorno-Karabakh, hanno portato all'acutizzarsi della tensione nella zona da decenni contésa fra Armenia e Azerbaigian. Le notizie dal Nagorno sembrano un bollettino di guerra, con attentati, incendi, posti di blocco e un estesissimo traffico illegale di armi e munizioni: «La situazione nella regione ha raggiunto l'orlo della guerra civile» ha dichiarato in un'intervista al quotidiano dell'esercito Arcadij Volskij, Presidente del Comitato della direzione speciale del Karabakh. In Moldavia, dove il compromesso proposto da Gorbaciov di rendere ufficiali sia il russo che il moldavo ha scontentato tutti, oltre centomila lavoratori russi sono ancora in sciopero. Sul Baltico, il fronte popolare della Lettonia si appresta a pubblicare il nuovo statuto, che conterrà clausole in favore della completa indipendenza dall'Urss. Il presidium del Soviet supremo della Lituania, rilanciando l'offensiva nazionalistica, ha anticipato dal 24 ottobre al 20 settembre la seduta che deve esaminare la controversa legge sulla cittadinanza, un passo importante verso l'autonomia politica. In Estonia, le autorità hanno deciso di introdurre dall'inizio del prossimo anno speciali «coupons» con corso legale, che costituiranno parte del salario degli estoni e serviranno per acquistare beni di cui c'è scarsità: in pratica un modo per aggirare il «no» di Mosca alla creazione di una moneta nazionale. Con questo quadro di vertenze aperte, i conservatori sono passati al contrattacco. Egor Ligaciov, membro del Politbjuro e capofila dei «falchi» del partito, ha proclamato sabato sera in un'intervista televisiva la necessità di un intervento politico «per garantire la sicurezza del Paese» contro gli elementi nazionalisti che attaccano il partito, l'esercito, il Kgb e la stessa Unione Sovietica, senza tuttavia ricorrere a «metodi repressivi» o «dittatoriali». «La cosa principale è il rafforzamento dell'unità del partito», ha sottolineato Ligaciov, il cui intervento è parso più mite di quello dell'ex capo del Kgb Viktor Chebrikov e del documento emanato dal comitato centrale a condanna degli «estremisti» baltici. L'accento posto sulla necessità di intervenire con misure «politiche e costituzionali» punta a dissipare i timori diffusi fra le popolazioni baltiche che Mosca stia preparando un intervento armato di tipo cecoslovacco, [e. st.]

Persone citate: Egor Ligaciov, Gorbaciov, Ligaciov, Viktor Chebrikov, Volskij