Becker spiega le follie

Becker spiega le follie Tennis: perché a New York cadono i McEnroe e i Wìlander Becker spiega le follie «Sul cemento nessuno è imbattibile» NEW YORK DAL NOSTRO INVIATO «Gattone» Miroslav Mecir era la più pericolosa delle mine vaganti degli Us Open. Protagonista a inizio d'anno (finalista agli Open d'Australia, vincitore a Indian Wells) si è poi bloccato per i soliti guai alla schiena e dai «top ten» è finito al 22° posto Atp, fuori dalle teste di serie di Flushing Meadow dove si è presentato smanioso di recuperare. Il test era offerto dalla sfida con Boris Becker, uscito miracolosamente indenne dal precedente match con Rostagno. Boom-boom ha vinto in quattro set, una sfida durata poco più di tre ore, ricca di tensione, di scambi avvincenti ma non certo di assoluta intensità. A scusante, violente raffiche di vento che rendevano precarie le migliori intenzioni dei protagonisti. «Le condizioni peggiori» * ammetteva Boris Becker, per il resto più che soddisfatto di avere riscattato contro «Gattone» la sconfìtta subita proprio qui nella semifinale 1986. «Quando ho iniziato contro Mecir — ha spiegato Becker — stavo ancora pensando a Rostagno e riconoscevo che non avrei dovuto giocare il 3° turno. Così ero già soddisfatto di essere in campo per un match ancora più difficile. Mecir è un avversario capace di fare tutti i colpi del manuale del tennis con la massima facilità. Più tu giochi bene, più lui sale di livello. Per as- surdo, forse converrebbe giocare male per costringerlo ad abbassare il suo rendimento». «Il vento è stato però un avversario sicuramente più pericoloso di Mecir anche se nei momenti di bonaccia abbiamo dato vita a un grande tennis» ha proseguito. E' certo però che il pubblico di New York nella prima settimana del .torneo non ha visto all'opera il miglior Becker. «Io spero solo che abbiano avuto modo di vedere dal vivo o in tv la finale del Masters del dicembre scorso quando ho vinto la maratona con Lendl. Allora possono dire di aver visto come gioca Becker». E ha proseguito: «All'inizio dei tornei del Grande Slam, nei primi turni, si deve giocare solo per vincere, per essere poi pronti a esprimersi alla grande quando c'è da affrontare i più forti. Ad ogni modo, penso che anche se non ho giocato il mio miglior tennis, gli spettatori si siano divertiti lo stesso nelle gare con Rostagno e Mecir». Becker non dimentica il nastro che l'ha graziato con Rostagno sul secondo matchpoint. Più importante questo o quello che gli ha dato la vittoria nel Masters contro Lendl dopo quattro ore e mezza di battaglia e un incredibile scambio durato più di trenta palleggi? «Ne ricordo anche altri di nastri nella mia carriera, ma non c'è dubbio che quello contro Lendl al Madison Square Gar¬ den è stato un signor nastro a mio favore, per ora sicuramente più importante di quello con Rostagno». Il giudizio però potrebbe cambiare domenica prossima se per caso Becker dovesse aggiudicarsi gli Us Open, una vittoria che gli assicurerebbe il titolo mondiale '89. Ma come giudica Becker l'anticipata eliminazione di Wilander e McEnroe? «Ho visto in parte le due partite e ho constatato che hanno perso contro giocatori solidi. La spiegazione deriva dalla superficie in cemento di Flushing dove è sempre diffìcile scegliere se conviene attaccare o restare a fondo campo. Al Roland Garros e a Wimbledon, la scelta è obbligata, da un parte dietro, dall'altra sempre avanti. Inoltre a Parigi e Wimbledon sono al massimo venti i giocatori che possono qualificarsi per i quarti. Qui ce ne sono 120 di giocatori che hanno la possibilità di battere chiunque. Poi c'è il solito Lendl per il quale va bene qualsiasi tipo di superfìcie». Sorpreso di vedere ancora in gara nonno Connors? «Per lui gli Us Open sono come Wimbledon per me. Arriva qui e si trasforma giocando 10 volte meglio di quanto gli riesca in qualsiasi altra parte del mondo. Mi diverte moltissimo vederlo impegnato in campo, malgrado i suoi 37 anni. Per quanto mi riguarda alla sua età mi vedrete ovunque ma non certo in camI po negli Us Open». Con Becker sono già approdati agli ottavi di finale anche i giovani americani Sampras, Berger e Krickstein a conferma della validità della nuova frontiera. Si è confermato il «marziano» Haarhuis questa volta avvantaggiato dal tabellone che gli ha opposto dopo McEnroe un qualificato come lui, il portoricano Miguel Nido, n. 182. Continua la sua marcia anche Alberto Mancini, campione al Foro Italico, primo argentino ad approdare agli ottavi dopo Guillermo Vilas nel 1982, alla sua prima esperienza a Flushing. Si è qualicato ai danni di un valide connazionale, Martin Jaite. Rino Cacioppo Boris Becker. Primo a Wimbledon, primo anche a Flushing Meadow?

Luoghi citati: Australia, Indian Wells, New York, Parigi, Us Open