Verona spiega il mal di scudetto

Verona spiega il mal di scudetto Crollo (anche economico) dopo l'85: Cagliari, Lazio, Torino e Roma altri esempi Verona spiega il mal di scudetto La squadra del risanamento oggi sfida laJuve LK INTER è già in corsa per ™ lo scudetto bis. Ma Trapattoni, il quale ci ha provato con successo in bianconero, sa che non è semplice. Negli ultimi vent'anni di campionato il raddoppio è riuscito (e per ben tre volte) proprio alla sola Juventus. Negli anni '72-'73, '77-'78, *81-'82. Ha ragione Boniperti quando chiede ai suoi critici di dare un'occhiata all'albo d'oro. Le altre, grandi o piccole, non hanno mai ballato due estati di fila. Si sono registrati crolli clamorosi, sgretolamenti. Proprio la Juventus, oggi, tiene a battesimo il nuovissimo Verona che in quattro stagioni ha pagato con una discesa vertiginosa il «tricolore» della stagione '84-85. L'aveva raggiunto grazie al doppio colpo sul mercato estero: via i matusa Jordan e Zmuda, dentro il tedesco Briegel (Kaiserslautern) e il danese Elkjaer (Lokeren). Poco più di due miliardi in due: l'ultimo affare prima di quelli dell'ultima estate, fra prestiti e riciclaggi. Perché alla fine dello scorso torneo l'Hellas Verona, nata nel 1903, era in condizioni di bilancio così disastrate da mettere in forse l'ammissione a quello appena iniziato. Per sfuggire agli strali della Covisoc (la commissione che giudica la validità economica dei club calcistici) il presidente Fernando Chiampan ha scelto la via più drastica: venduta la squadra in blocco e comprata una nuova. Grazie alle astuzie del general manager Franco Landri, il bilancio dell'estate segna un attivo sui 12 miliardi ed una netta riduzione dei costi di gestione (leggi stipendi). La continuità è affidata a Bagnoli, al nono anno su quella panchina. E intanto Verona città, altro merito da sottolineare, ha preparato lo stadio mondiale senza grida, e senza drammi. Il calcio dell'ultimo ventennio è costellato di salite al cielo (del pallone) seguite da rovinose cadute nella polvere. E' accaduto al Milan campione '7879 di essere cacciato in B malgrado il terzo posto in classifica alla fine dell annata successiva, ma la trappola delle scommesse non è un fatto sportivo. Magari peggio, ma altra cosa. Restiamo ai crolli società-squadra, alle ubriachezze successi¬ ve al trionfo. Il Cagliari '69-70, primo esempio. Era la squadra di Albertosi e Greatti, di «rombo di tuono» Gigi Riva, di Scopigno in panchina. Da allora, il crollo del club, il tourbillon Eresidenziale (due volte in dubio la permanenza nei campionati, per gli stessi motivi patiti dal Verona) e di squadra, rotolata in serie C. Per la risalita in B, nel torneo scorso, lacrime e applausi. Dopo il Cagliari, in ordine cronologico, l'ascesa scudetto ('73-74) e il disastro della Lazio. Accompagnato nel tempo dalla tragedia umana dell'allenatore Tommaso Maestrelli, ucciso da un male incurabile. E dalla morte di Re Cecconi, per quella drammaticamente sciocca finzione di una rapina ripagata a colpi di pistola. Era una bella Lazio, quella campione. Martini il saggio, ora pilota di aerei, il rabbioso Wilson leader della difesa, Re Cecconi appunto e Frustalupi a far girare il pallone, Chinaglia per il gol. Il clan dei «ragazzi di Tor di Quinto», così li aveva battezzati Giovanni Arpino, si disuniva fra le polemiche. Tutto finito in breve. Quarto posto l'anno dopo, vicini alla B la stagione seguente. Vacillava il cuore di papà Lenzini, il presidente. Si sgretolava anche il Torino di papà Pianelli dopo lo scudetto '75-76 celebrato, ventisette anni dopo i trionfi della Squadra di capitan Valentino, con una megafesta al Palavela. Era appena arrivato Gigi Radice, con lui tasselli diventati importanti sul campo: il modesto ma efficace Caporale, il faticatore Patrizio Sala, il cervello Eraldo Pecci. Graziani-Pulici i gemelli del gol, Claudio Sala il poeta, Castellini il giaguaro, Salvadori la mente della difesa. La squadra durava ancora un anno. Radice veniva «ucciso» dal fratello Trapattoni, il Toro matato dalla Juve che vinceva lo scudetto '77 a 51 punti. I 50 del Torino nella più grande stagione del calcio subalpino erano una condanna allo sfacelo del gruppo, della società che è arrivata alla fine del tormento con la retrocessione, ora, in B. C'è sempre un qualcosa che manca a chi vince «ima tantum». Continuità di spirito, di idee, di convinzioni, di fiducia, di abilità dirigenziale. Così si è disfatta anche la bellissima Ro¬ ma '83 guidata da Paulo Roberto Falcao. E di Vierchowod e Ancelotti, di Bruno Conti, Pruzzo e Di Bartolomei. Ancora dalla Juve, l'anno dopo, il colpo di grazia. Viola aveva punzecchiato anche troppo Boniperti... Poi il Verona, che oggi la Juve tiene a battesimo nella nuova veste, nel nuovo Bentegodi. Ha retto invece il Napoli, dopo lo scudetto '86-87. E' rimasto al vertice, ha vinto l'ultima Coppa Uefa. Ma l'esame che conta è in corso: se Feriamo, il tifo, la città, reggono agli scossoni dati da Maradona alle strutture azzurre, la laurea spetta di diritto al Napoli calcio. Intanto Pellegrini e Trapattoni cercano un'altra laurea, quella del bis da leader. Sarà mezza tedesca, se arriva? Macché, è provato che la società nel calcio vale più dei giocatori, per bravi che siano. Bruno Perucca Una gioia pagata cara. Briegel, Galderisi, Garella ed Elkjaer esultano a Bergamo, dopo la matematica conquista dello scudetto '85 da parte del Verona