Un giorno con i sorrisi di Serena di Ezio Mascarino

Un giorno con i sorrisi di Serena Nella nuova famiglia la bimba filippina ha trovato due sorelline: è allegra e vuole andare a scuola Un giorno con i sorrisi di Serena «Ecco i miei disegni: guarda, questa è la mamma» TORINO. Serena ride e batte le mani: «Sì, era bella la torta, ho aiutato mamma a farla». Mostra le foto del suo compleanno, lo scorso maggio, nella sua nuova casa: addobbi alle pareti, la torta, le tre candeline, i regali. Abbiamo trascorso con lei alcune ore, giocando, ridendo, chiacchierando. L'abbiamo incontrata nella sua nuova famiglia alla quale, nello scorso aprile, il Tribunale dei minori ha affidato la piccola filippina adottata con «procedura illegale» (sono parole dei giudici) dai coniugi Rosanna e Francesco Giubergia, di Racconigi. E proprio per quell'illegalità il Tribunale dei minori di Torino decise che Serena non poteva più restare nella famiglia di Racconigi. Le immagini di quei giorni, sui giornali o per tv, ci avevano mostrato una bimba tesa, a volte con un sorriso senza gioia, sempre con gli occhi spaventati: quello che stava accadendo lei non poteva capirlo. Ora è felice, lo dimostra con la naturalezza e la spontaneità tipica dei bimbi della sua età. «Questi sono i regali». E punta il ditino sulla foto: c'è una bambola, dei birilli, un orsetto di peluche. Batte ancora le manine: «I birilli sono di plastica, rossi, blu, gialli». Si siede in braccio al cronista: «Qui ho spento le candeline». L'immagine ha fissato il visino con le gote gonfie d'aria: le fiammelle sono già piegate, un attimo e si spegneranno. Papà e mamma osservano con attenzione. Hanno accettato l'incontro dopo aver avuto l'autorizzazione del Tribunale e del tutore. Ma a tre precise condizioni: nessun riferimento che possa permettere di individuare dove vive Serena («Lo facciamo per lei, ha bisogno di tranquillità»); nessuna fotografia («NoHrèv un Oggetto da esposizione») e nessuna domanda che possa ricordarle il passato («Avevamo presentato domanda di adozione due anni fa, il Tribunale ci ha affidato Serena; il resto non ci riguarda»). • Quando arriviamo, Serena sta giocando con le sorelle, 5 e 9 anni (un fratello è fuori casa), e alcune amiche. Le loro voci, le loro risate ar rivano da una stanzetta con un grande tappeto rosso a terra, le pareti piene di disegni e foto grafie, sui mobili bambole e giocattoli. Il papà, che chiameremo Franco, si affaccia sui loro gio chi: «E' arrivato un nostro amico, quando avete finito venite a salutarlo». Passano pochi attimi, arriva no tutte. C'è anche Serena: la gonna blu, il golfino azzurro, il volto incorniciato dai folti neri capelli. «Ciao», dice e si ferma curio sa. Ciao, non volevo disturbarti. «E perché?». Già, tutti i bimbi a quell'età ti riempiono di domande. Anche io ho una bimba, è un po' più grande di te... «E cosa fa?». Studia. «E poi?». Gioca, come te, co me tutti. «E sa suonare?». Un po', il flauto. «Allora ti facciamo sentire una canzone». Corre in camera con le ami che. Tornano subito: una ha una fisarmonica, l'altra una piccola chitarra, lei una fisarmonica a bocca. «Mamma, facciamo musica» La mamma, che chiameremo Luisa, sorride. Cominciano a strimpellare e cantare. Poi Se rena allarga le braccia e balla sulla musica delle altre; le sue scarpette rosse sfiorano il pavi mento. Ride. Pochi istanti, poi riprende la sua canzone. Sei in casa da cinque minuti e scopri di esserle già amico: «Vado in camera, ma poi torno a trovar ti». Il tempo per parlare con Lui sa e Franco: «Avevamo presen tato domanda al Tribunale due anni fa, era settembre. Il solito iter che la legge vuole: colloqui con le assistenti sociali e socio logi delle Usi. Poi, finalmente ci hanno detto che eravamo idonei. Verso fine marzo ci han no chiamati dal Tribunale. Ci hanno parlato di Serena: "Ve la sentite di accoglierla?". Abbia mo pensato qualche minuto poi abbiamo detto di sì». In quei giorni la bimba, già allontanata dalla famiglia Giubergia, era ospite di un istituto torinese. «Per quasi due settimane un'assistente di quel cen- tro ha vissuto in casa nostra. Abbiamo trovato molto aiuto da parte del Tribunale, delle assistenti sociali, del tutore. Ogni giorno veniva qualcuno, passava lunghe ore con noi. Forse anche per questo è stato tutto più facile». Serena, -dice papà Franco, non ha mai parlato in questi mesi del passato, della famiglia presso la quale ha vissuto dopo l'arrivo in Italia. Aggiunge: «Non abbiamo nulla in contrario per far incontrare Serena con i signori Giubergia o con Nazario, il fratellino di quasi 5 anni. Ma questo potrebbe avvenire solo quando e se ce lo diranno psicologi e tutore; comunque sempre e solo nell'interesse della bimba e lontano da occhi di curiosi o di estranei. I Giubergia e i loro legali sanno dove si trova Serena, come sta, sono tenuti informati dal tutore che viene a trovare la bimba in casa nostra». «Ora so nuotare» II discorso è interrotto dall'arrivo della bimba. «Vieni, ti faccio vedere il cielo stellato». E, preso per mano, il cronista è portato in una stanza, le tapparelle già chiuse. «Papà, spegni la luce»; e d'incanto, sul soffitto, appaiono decine di stelle, c'è anche una luna. «Un gioco — spiega mamma Luisa —. Sono pezzetti di carta adesiva fosforescente». Serena: «E' tanto bello». Lo è davvero. Si riaccende la luce, scompaiono le stelle; su una parete c'è una foto della bimba, in costume da bagno. Eri in vacanza? «Sì, al mare, ho imparato a nuotare». La sorella più grande ride: «Avevamo tutti il salvagente». Serena: «Poi ho messo la faccia sott'acqua». Ancora la sorella: «Sì, ci chiudevamo il naso». Serena tira la giacca al cronista: «Così, guarda, con la mano». Si fa seria: «E chiudevo gli occhi, stretti stretti». La sorella: «A me gli occhi un po' bruciavano». Serena: «A me no». Poi si prendono per mano e scappano via. Papà Franco e mamma Luisa sorridono: «Tutte assieme riempiono la casa». Lui è un professionista, «lavoro per una grossa ditta»; lei è casalinga, «mamma a tempo pieno». Si resta soli pochi minuti, il tempo di chiedere loro cosa hanno detto parenti e amici vedendo Serena in casa. «Molti non conoscono la vera storia di questa bimba. Tutti sapevano, da anni, che avevamo fatto domanda di adozione». E così, quando è arrivata Serena «abbiamo semplicemente detto che il Tribunale ci aveva affidato in pre-adozione questa bella bimba. La verità è un segreto che conoscono in pochi, veramente in pochi. Lo facciamo per lei, per i nostri figli, per noi». Ma allora, forse, in qualche modo è cambiata la vostra vita. «Macché. Usciamo tutti i giorni, con lei, con gli altri ragazzi. Si va al mercato, a far spesa; spesso, al ristorante. E, esattamente come prima, la casa è aperta agli amici. No, non è cambiato nulla; è aumentata la famiglia, ma è stata una nostra scelta, voluta, desiderata». «Quando torni?» Serena ripiomba in sala. «Hai fatto vacanze?». Sì, anche io al mare. «Hai fatto foto?». Sì, qualcuna. «Papà e mamma tante. Le vuoi vedere? Mamma posso farle vedere?». Arrivano le foto. «Questo è il nonno, lui m'ha fatto entrare nel mare. Questo è Franco, un mio amico. Qui tiravamo i sassolini nel mare, ma per gioco. Questa è la mamma, siamo sull'altalena». In quest'ultima immagine la bimba ha il dito puntato verso chi la sta fotografando. Perché? «Era papà, stavamo facendo un gioco». Un'altra foto, Serena ha la ciambella stretta in vita: «Così nuotavo bene». Si avvicinano le amiche e lei scappa di nuovo via con loro. Escono in giardino: un tappeto verde, qualche albero da frutta, molti fiori, c'è anche una piscina in plastica. Sullo sfondo la campagna. A ridosso della casa una lunga panca, piena di pupazzi fatti con il Das, dei colori a tempera, cinque o sei pennelli. Ci sono altri giochi, una piccola bilan- eia in plastica rossa, accanto frutta e verdura in plastica: «A volte ci passano ore, giocano alle massaie che fanno la spesa». Serena corre nel prato, insegue gli amici e le sorelle; un attimo dopo è lei ad essere rincorsa. Come hanno accolto Serena le sorelle? La mamma: «Avevano condiviso con noi, due anni fa, il desiderio di adottare una sorellina. Quindi la desideravano, erano preparate; Serena poi sa davvero farsi amare». Dorme nella camera delle altre ragazze, «abbiamo aggiunto il suo lettino, abbiamo fatto spazio nell'armadio per i suoi vestiti». I suoi orari sono quelli degli altri figli: «A letto verso le nove, sveglia un po' prima delle otto, come tutti i bimbi della sua età». Al pomeriggio un pisolino? «Macché, tutto il giorno a correre per casa o in giardino; è piena di vita». Ci sono alcuni anni di diversità rispetto ai fratelli, loro vanno a scuola. «Serena si interessa dei loro compiti, ha voluto un quaderno, lo riempie di disegni; ha voluto un album da colorare, ci passa sopra molte ore mentre loro sono a scuola. Ma questo spirito di imitazione è normale, l'ho già vissuto con le mie bimbe». 'Andrà all'asilo nelle prossime settimane? «Vedremo, lo valuteremo con psicologi e assistenti». Serena correndo nel prato passa vicino ai genitori e sente le ultime parole. Si ferma: «Anche io andrò a scuola. Già faccio i compiti». Schizza via, torna con una manciata di fogli e l'album dei disegni. Sale ancora in braccio al cronista. Si sistema per bene, poi: «Guarda, ti piacciono? Questa è la mamma, questi siamo noi al mare». Nei disegni, pieni di colore, i volti sono sorridenti, le bocche sono sormontate da puntini, il naso, gli occhi: quei pochi tratti, quei puntini colorati su un foglio bianco, trasmettono allegria. Ed è la cosa che più colpisce in quei disegni, scelti a caso, fatti da una bimba che solo cinque mesi fa le foto dei giornali e sulla tv mostravano a volte triste, a volte con un sorriso senza gioia, ma sempre con gli occhi spaventati. Si fa tardi, ciao, devo andare. «Quando torni?». Non so, presto forse. «E dove vai?». A casa. «E cosa fai?». Non so... Già, è normale che i bimbi a quell'età ti riempiano di domande. Ezio Mascarino «Questo disegno l'ho fatto al mare: ci siamo io, il papà e la mamma» racconta ridendo Serena Cruz. Il foglio di carta ha tanti colori, i personaggi volti allegri. Le paure della bambina sono finite

Persone citate: Francesco Giubergia, Giubergia, Serena Cruz

Luoghi citati: Italia, Racconigi, Torino