Povero Salgari malignamente replicato di Ugo Buzzolan
Povero Salgari malignamente replicato LA NOSTRA TV Povero Salgari malignamente replicato ICONO, ma forse è una vecchia espressióne di comodo, che la povertà aguzzi l'ingegno. Se non proprio in povertà, le tre reti Rai — dei network non parliamo perché durante l'estate sono caduti in letargo totale — si sono trovate nella necessità di fare economia per riservare il budget alla ripresa di stagione. Hanno aguzzato l'ingegno? A parte poche iniziative, l'ingegno si è esercitato nel reperire repliche d'ogni genere, belle e brutte, stimolanti e inutili. Si è sforzata Raitre che attraverso «Tv d'autore» ha rispolverato pezzi cospicui, spesso con puro valore di «documento» (vedi le ultime stanche apparizioni di Anna Magnani in «Tre donne»), ma sempre rispettabili. Fuori della tv d'autore, Raitre ha avuto l'infelice idea di riesumare il «Sandokan» televisivo del '76: idea infelice o maligna? Infelice perchè «Sandokan», già deludente tredici anni fa, oggi è improponibile: il protagonista, fatto venire appositamente dall'India, Kabir Bedi, è florido e dalle guance carnose, ma assolutamente inespressivo; Philippe Leroy, come Yanez, recita pensando ad altro; le comparse si muovono a comando con aria disciplinata o spaventata; Mompracem assomiglia, più che a un'isola di pirati, ad un villaggio del Mediterranée; e da tutto spira scarsezza d'estro e di grinta, e mancanza di fantasia, con l'aggra¬ vante di ritmi singolarmente flaccidi per una storia esotica di scontri, amore e morte. Idea anche maligna perché ci ha rimesso sotto gli occhi i modesti risultati di un'operazione mastodontica combinata con ingenti capitali della Rai e di altre tv europee, e realizzata con dispendiosi spostamenti di troupe tra India e Malesia sui luoghi salgariani. Il recupero ha fornito un ennesimo triste dato di conferma: quanto Emilio Salgari — in cinema, e poi in tv — sia stato sfortunato. Viveva a Torino negli Anni 10, quando Torino era la capitale del cinema, la Hollywood italiana; e il cinema, chepureha sempre fame estrema di soggetti, l'ha sempre snobbato e ignorato. Bisogna arrivare a metà degli Anni 30 per vedere uno sconfortante «Corsaro nero» interpretato da Ciro Verratti, campione di scherma negato alla recitazione, e agli Anni 40, quando esce un gruppo di film salgariani, assai casalinghi, con mezzi limitati e volonterosi registi, con esterni alle porte di Torino e di Roma, e con il corpulento, anzianotto, probo attore astigiano Luigi Pavese che impersona Sandokan e con l'austero Camillo Pilotto che in sandali e asciugamano in testa a mo' di turbante trotterella per sentieri di giardini arruolato come Kammamuri. Più avanti non sarà meglio, e stasera Raitre, con sadismo, ci propinerà «I misteri della giungla nera» girato a Torino nel 53 sulle rive del Sansone, protagonista il Tarzan dell'epoca Lex Barker, un tutto-muscolo che oltre ai muscoli non aveva nient'altro. Però anche i miliardi televisivi non sono serviti. Il kolossal interminabile e macchinoso della Rai non vale di più degli artigianali filmetti che, anzi, a volte lo battono se non altro per dinamismo e spiccia sbrigatività. E il povero Salgari sta ancora aspettando che finalménte qualcuno — al di là dell'affettuosa caricatura che gli aveva dedicato in tv Gregoretti nel '74 con «Le tigri di Mompracem» — sappia tradurre in immagini il suo incantato, favoloso, iperreale mondo d'avventura. Ugo Buzzolan
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