Sono Haarhuis, vengo da Marte
Sono Haarhuis, vengo da Marte Un olandese laureato in economia protagonista agli Us Open di tennis Sono Haarhuis, vengo da Marte In 4 set ha battuto uno sconcertante McEnroe NEW YORK DAL NOSTRO INVIATO La giornata si era iniziata come il «mercoledì nero» degli italiani con le eliminazioni di Nargiso, Garrone, Golarsa e Ferrando. Ma in serata si è trasformata nella catastrofe dei big del torneo maschile con le eliminazioni del campione uscente Mats Wilander e di John McEnroe, rispettivamente teste di serie n. 5 e 4, mentre Boris Becker, numero 2 del tabellone, poteva considerarsi un miracolato, avendo dovuto annullare due consecutivi matchpoint a Derrick Rostagno, l'americano oriundo piemontese, per superare il fatale secondo turno del torneo. La clamorosa impresa mancata d'un soffio da Rostagno (un nastro lo ha spiazzato impedendogli di giocare la più facile delle volée sul secondo match-point) è stata invece centrata da due autentici «Ufo» come l'olandese Paul Haarhuis, n. 115 Atp, contro John McEnroe, e lo statunitense Pete Sampras, n. 91, su un Wilander sempre in crisi profonda. «Da dove vieni?» è stata la prima impietosa domanda al'olandese. E il biondo Paul replicava con humor: «Da Marte». Poi, sorridendo, il lungagnone (1,88) spiegava che dopo aver rinunciato a fare il calciatore come mediano nelle file degli juniores del Psv Eindhoven, la città dove è nato 23 anni fa, si era trasferito per studiare proprio negli Stati Uniti ^prima all'Armstrong State College per laurearsi poi in economia lo scorso anno alla Florida University. Ad inizio d'anno era solo n. 467 Atp, ma balzava a 241 grazie alla vittoria di Lagos, una prova più di sopravvivenza che non un tornèo. A Parigi il battesimo nel Grande Slam grazie alle qualificazioni superate. Sullo slancio due vittorie su Zivojinovic e Saceanu prima di perdere con Mancini. La sconfitta al primo turno di Bari contro Narducci lo rigettava nella mediocrità. Si rifaceva vivo nel torneo di casa ad Eindhoven battendo Kent Carlsson e Azar prima di cedere nei quarti a Novacek. Ma non bastava per entrare in tabellone agli Us Open. Le qualificazioni lo promuovevano ancora e contro McEnroe c'era il battesimo della celebrità. McEnroe, distrutto ed affranto, riconosceva: «Non l'avevo mai visto prima, negli spogliatoi avevo chiesto a destra e manca chi fosse e come giocava, nessuno ha saputo dirmi qualcosa di certo». E sul campo l'oggetto misterioso del circuito lo ha messo alla frusta grazie a pesanti mazzate di servizio e ad un diritto da fondo campo molto efficace per pesantezza e gittata che ha sempre tenuto il rivale lontano dalla rete. Ma non sarebbe certo bastato per vincere se «Mac»1 non avesse giocato proprio male. «Non riesco a ricordare l'ultima volta che ho giocato in modo così orrendo — riconosceva sincero John —. Male dall'inizio alla fine. Non ho mai trovato la giusta concentrazione. Sono proprio disgustato. Sono stato bravo per tutto l'anno, ho fatto grandi sacrifici per tornare al quarto posto mondiale e non credevo proprio di finire così male». Quattro volte vincitore agli Us Open (l'ultima nel 1984), McEnroe insegue ormai da due anni più che la leadership mondiale la grande vittoria. Wilander non può accampare come «Mac» la scusa della sorpresa con Pete Sampras, uno dei migliori talenti della nuova frontiera del tennis americano che ha i suoi leader in Agassi e Chang'e gli immediati scudieri in Courier e nel vincitore dello svedese. Diciotto anni, fisico armonico ed agile, passato solo da un anno al rovescio ad una mano, ottimo istinto per il gioco offensivo, su Sampras ha puntato ciecamente anche Sergio Tacchini che lo ha «vestito» con un signor contratto ed ora vede ripagato l'investimento anche se ha fatto fuori il portacolori della sua linea. Wilander chiude così come l'aveva iniziata la stagione del Grande Slam: sconfitto al 2° turno in Australia da Krishnan, era apparso in ripresa a Parigi e Wimbledon dove aveva perso nei quarti contro Chesnokov e McEnroe, esce fuori di nuovo al 2° turno con Sampras. Che differenza con la tripletta di vittorie in tornei del Grande Slam dello scorso anno. Ion Tiriac in tribuna intanto si lisciava i baffoni, sorrideva per lo scampato pericolo di Becker e per due rivali di grido in meno sul cammino del protetto nella parte bassa del tabellone fino alla finale con Lendl. «L'importante è che Boris inizi subito a giocare con la dovuta concentrazione, senza regalare due set come ha fatto con Rostagno. Anche se al momento giusto ha saputo dimostrare, ancora una volta, di avere gli attributi giusti come pochi altri». Rino Cacioppo
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