«No Ciriaco, così non ci stiamo»

«No Ciriaco, così non ci stiamo» La guerra dei nervi nella sinistra, mentre Forlani fe leva sul patriottismo di partito «No Ciriaco, così non ci stiamo» DaMartinazzolie Granelli l'alt alle dimissioni ROMA. «Fatevi carico delle t preoccupazioni che abbiamo espresso e finiamola qua». Sono le 16,30 di ieri pomeiggio e sul palco del Consiglio nazionale de Ciriaco De Mita guarda negli occhi il suo avversario degli ùltimi mesi, quel Giulio Andreotti, che ha concorso alla sua defenestrazione da segretario e lo ha sostituito alla Presidenza del Consiglio, enza scoprire un'emozione, il presidente del Consiglio fa un cenno al fido Cirino Pomicino: «Ciri... cambia discorso». Bastano quelle parole per far cambiare al ministro idei Bilancio la scaletta del suo intervento, il tono diventa cordiale e i segnali di apertura si moltiplicano rispetto alle intenzioni iniziali. E' il segno che nel giro di due ore De Mita è tornato sui suoi passi: alle 14 aveva rassegnato le dimissioni dalla presidenza del partito parlando dalla tribuna del Consiglio nazionale, alle 16 era pronto a ritirarle; in serata lo ha fatto ufficialmente. In quelle due ore la diplomazia dell'altra de, quella dei Forlani, degli Andreotti e dei Cava, ha lavorato a fondo. Ma, soprattutto, quell'ala della sinistra rappresentata dai Martinazzoli, dai Galloni e dai Granelli, ha fatto capire, più decisamente che in altre occasioni, di non essere disposta ad accettare il fatto compiuto. Questa volta la strategia del pendolo di De Mita («mi dimetto», «non mi dimetto») ha messo a dura prova i nervi di quasi tutta la de. E, in primo luogo, ha creato imbarazzo nella sua sinistra. Ieri per tutto il pomeriggio la corrente è stata attraversata da tensioni con Granelli che inveiva «contro il personalismo» e chiedeva «una rifondazione della sinistra con De Mita ma senza il demitismo»; con Galloni costretto a salire sulla tribuna a raccogliere i segnali di pace di Gava e Forlani mentre da sotto il palco il suo com- pagno di corrente, Paolo Cabras, lo definiva «un doroteo». Insomma, la sortita di De Mita rischia di portare nella corrente quel dibattito accesso che voleva suscitare nel partito. Il suo sasso nello stagno De Mita l'ha gettato in mattinata, quando, dalla truna, ha detto che si dimetteva. Da quel momento è stato a sentire gli appelli all'unità degli avversari, da Gava ad Andreotti, a Forlani; ha ascoltato il mugugno di chi nella sua corrente ha fatto di tutto per evitare il passaggio all'opposi zone della sinistra. Tutti si sono adoperati per far cambiare idea all'ex segretario che, comunque, appena sceso dal palco ha dato subito un'interpretazione non «irrevocabile» delle sue dimissioni. «Io mi sono dimesso, ora dipende tutto dagli altri». Così, è partita una lunga trattativa. Nella riunione che si è svolta a fine mattinata nello studio di De Mita a Palazzo Sturzo, Martinazzoli e Galloni hanno espresso i loro dubbi. Poi è venuto fuori uno spiraglio: rinviare tutto a dopo la replica di Forlani. «Decideremo—sono state le parole con cui De Mita ha chiuso la riunione — tutti insieme alla fine», in più è stata scelta anche la tattica da tenere nell'ultimo scorcio del Consiglio nazionale: tutti gli iscritti a parlare della corrente avrebbero rinunciato all'intervento, salvo Galloni, a cui è stato affidato il compito di registrare nel dibattito fatti nuovi. Nel primo pomeriggio parte l'operazione «De Mita ripensaci». Gava va a trovarlo a casa e si concordano i segnali in codice che nel dibattito avrebbero permesso la ricucitura. Quando alle 16 Cirino Pomicino ha riaperto la discussione, in platea, quelli che contanogià sapevano che De Mita sarebbe rimasto al suo posto. Il resto lo hanno fatto i discorsi dei vecchi volponi democristiani: qualcuno ha fatto ricorso ad un po' di «amarkord» (Fanfani ha citato episodi del '57, Colombo del '70, Galloni dell'80); Andreotti ha tirato in ballo la Festa dell'Amicizia («che cavolo di festa sarebbe se non siamo tutti uniti»; Forlani, addirittura, ha citato il «Natale in casa Cupieìlo». Una mozione degli affetti che è bastata a far tornare indietro quel pendolo di De Mita. Augusto MinzoSini COIVI1 E' DIVISA LADC -.'GRANDE • CENTRO 36.69' 160 SEGGI). FORLANI ' GAVA SINISTRA ' 35:01% ■ • |56 SEGGII DE MITA «ORIA • MARTINAZZOLI ANDREOTTIANI ■ 17.84% .• 128 SEGGI] ANDREOTTI POMICINO FORZE NUOVE■ 6.98% (12 SEGGII ' DONAT CATTIN FONTANA FANFANIANI . . .3 2% '. 14 SEGGII

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