Gli Schützen? «Non sono più così duri» di Giuliano Marchesini

Gli Schùtzen? «Non sono più così duri» Circa tremila appartenenti all'ala oltranzista sudtirolese hanno partecipato al raduno di Appiano Gli Schùtzen? «Non sono più così duri» Nella città dell'Alto Adige hanno rinnovato le loro rivendicazioni, ma per Durnwalder, presidente della giunta provinciale, anche per loro si è aperto un nuovo corso. Intanto però padre Uboldi ha ricevuto delle minacce APPIANO. Nel segno della «heimat», della «patria». I colori delle divise, tra il verde dei vigneti e le file di meli, le bande e i rulli di tamburo, le vivandiere con le botticelle di grappa a tracolla. Gli schùtzen sono stati al raduno ad Appiano. Erano circa tremila. Una adunata provinciale tra il folclore e il nazionalismo. Sono venuti per ricordare, come fanno ogni tanto, le loro radici. Quella degli schùtzen è una milizia territoriale che risale a prima del 1500: aveva compiti di difesa dei confini del Tirolo. Adesso dà vita alle manifestazioni colorate, spesso nostalgiche, qui e là nei centri altoatesini. Li chiamano anche «tiratori scelti», per via delle gare di tiro a segno cui partecipano con rara maestria. Ma è nel quadro delle vicende dell'Alto Adige che questo corpo ha una particolare collocazione: gli schùtzen sono sempre stati esponenti dell'ala oltranzista sudtirolese, in diverse occasioni in contrasto con il moderatismo realistico di Sylvius Magnago, presi >to della volkspartei. Come .»el settembre dell'84, quando sfilarono per le vie di Innsbruk portando una grande corona di spine di ferro, a simboleggiare il «martirio» del Sud Tirolo. Come nell'85, quando furono protagonisti di una clamorosa contestazione al congresso della svp, a Merano. Ora rinnovano, ad Appiano, cerimonie e rivendicazioni. Per la giornata conclusiva, anche l'intervento di un personaggio discusso: Philip Jenninger, l'ex presidente del Parlamento di Bonn che fu costretto a dimettersi per le polemiche sollevate dalla sua commemorazione della «notte dei cristalli». Ma il discorso di Jenninger, in questa circostanza, è pacato, senza incidenze che possano suscitare inquietudini. Parla della «casa comune», dove «ognuno possa farsi il suo appartamento». Soltanto un vago accenno al ruolo degli schùtzen, che «dovrebbero impegnarsi per portare avanti quello che è buono». E' un'Europa vista come una federazione delle piccole patrie. Un discorso che finisce per infastidire per certe lungaggini una parte dello schieramento degli schùtzen, che sollecita la conclusione con robusti fischi. Su una panchina di fronte al palco, ci sono le autorità. Silvius Magnago dice poche, asciutto parole: «Gli schùtzen devono essere in prima linea contro quanti minacciano la comunità sudtirolese». Mentre Pius Leitner, comandante gene rale degli schùtzen, vorrebbe che i suoi uomini tornassero a portare, nelle manifestazioni, sciabole e vecchi fucili: per questo si inoltrerà una richiesta al ministero dell'Interno. Al raduno di Appiano è venu to anche Luis Durnwalder, presidente della giunta provincia le, l'uomo del nuovo corso della volkspartei. Che pensa, di questo raduno pieno di bandiere e di medaglie? «Penso che sia una cosa molto bella. E' importante che questa gente coltivi i contatti tra il Nord e il Sud del Tirolo». Precisa che quelle degù schùtzen sono «associazioni culturali che fanno di tutto per portare avanti i loro programmi». Soltanto cultura o anche politica? «Anche la cultura è politica», dice, ma gli schùtzen, secondo lui, non sono più così «duri» come un tempo. «Io credo che abbiano trovato la loro strada, senza immischiarsi nella politica quotidiana». Anche gli schùtzen verso il nuovo corso sudtirolese? C'è chi lo spera e chi ne dubita. Comunque, Pius Leitner ripete: «Occorre che ci presentiamo ogni tanto per dire quello che vogliamo». E che cosa vogliono, gli schùtzen? «Noi vogliamo rimanere tirolesi, anche se viviamo in uno Stato che per noi è straniero». Ma Leitner tende anche a smorzare certi toni: «Il fatto di voler restare tirolesi non significa che si sia anti-italiani, come qualcuno pensa. Siccome in Alto Adige vivono tre gruppi etnici, ognuno deve cercare di ottenere il meglio per il proprio. Tutto qui». Per il comandante generale degli schùtzen, comunque, la pacifica convivenza in Alto Adige è per il momento «una teoria». «Noi però siamo per la pace, sia ben chiaro. Ma si sa anche che non c'è pace senza la giustizia». Gli schùtzen chiudono la cerimonia con la sfilata per le vie di Appiano. Cappelli piumati, braghe di cuoio e musica. Tutto tranquillo e ordinato, dicono. Ma intanto ha ricevuto una minacciosa telefonata padre Federigo Uboldi, parroco della chiesa dei domenicani di Appiano, che fu devastata da una bomba la notte tra il 29 e il 30 ottobre dello scorso anno (l'attentato fu firmato da Ein Tirol). «Se lei — ha detto l'anonimo — celebrerà la Messa in italiano, riceverà un (regalino come quello dell'altra volta». Giuliano Marchesini Leitner, comandante degli schùtzen. con Philipp Jenniger durante la cerimonia

Luoghi citati: Bonn, Europa, Merano, Tirolo