Ostaggi nel regno della droga

Ostaggi nel regno della droga A Medellin, capitale della cocaina assediata dalla polizia: trattative bloccate Ostaggi nel regno della droga Due italiani prigionieri in Colombia da 4 mesi ROMA. Sulle montagne che circondano Medellin, capitale dell'impero colombiano degli «industriali della cocaina», ora assediata dalla polizia, due italiani sono prigionieri di una banda criminale da centoventisei giorni. Di loro scarse notizie fino a due settimane fa, silenzio assoluto dopo l'offensiva del governo contro i narcotrafficanti. Le trattative per la liberazione si sono interrotte, là è ormai zona di guerra. Alle 18,30 del 26 aprile Roberto Roascio, 41 anni, astigiano residente a Milano, areamanager per il Sud America della società di costruzioni Torno, e Mario Accurso, 37 anni, romano, direttore dei lavori al «Rio Grande fase tre», vengono bloccati, assieme ad altri tecnici, da due uomini armati nel villaggio di Girardot, a una trentina di chilometri da Medellin, la città dell'«eterna primavera» dove pochi giorni l'anno il termometro scende sotto i ventun gradi. «Siamo della polizia — dicono i due —, dateci i documenti». Roascio e Accurso protestano: «Ecco tutte le autorizzazioni, lasciateci lavorare in pace». Dal bosco sbucano altre sei persone armate, quattro uomini e due donne. Legano ed imbavagliano i due tecnici italiani e un collega spagnolo, Francisco Puja, dipendente della Cubiertas, consociata della Torno; li spingono su una Renault 9 di servizio al cantiere, mettono fuori uso tutte le altre auto e scompaiono. La Renault verrà trovata qualche ora dopo. In un primo tempo si pensa che il rapimento sia opera di terroristi antigovernativi, ma l'ipotesi viene accantonata quasi subito. Filippo Anfuso, ambasciatore a Bogotà, dice: «Sono delinquenti comuni, vogliono soldi». Intervengono la Farnesina e la «Torno». Con discrezione, «attraverso più canali», quindi non soltanto seguendo le vie ufficiali, come precisa un funzionario del ministero degli Esteri, cominciano le trattative. In Italia le famiglie dei rapiti aspettano. Cesarina Borsetti, 81 anni, madre dell'ingegnere Roberto Roascio, ora dice: «Continuano a raccomandarci di stare tranquilli, i responsabili della ditta per la quale mio figlio lavora assicu¬ rano che Roberto sarà presto libero». E' preoccupato il generale Edmondo Accurso, padre di Mario: «A questo punto è impossibile fare previsioni, dare una scadenza alle nostre speranze. Credo si debba aspettare che in Colombia ritorni un po' di calma». Vicino a Medellin la Banca mondiale ha finanziato uno dei più grandi progetti idroelettrici dell'America Latina. Una diga è già stata costruita, ora si sta la¬ vorando a due centrali sotterranee. Nel cantiere 460 uomini, di cui 447 colombiani, sette di varia nazionalità e sei italiani. La Torno terminerà il suo impegno fra diciotto mesi. Dopo il rapimento dei tre tecnici e la battaglia tra la polizia e l'esercito dei re della cocaina il cantiere si è trasformato in un bunker, i lavoratori sono superprotetti. Giovanangelo Montecchi, responsabile dell'ufficio romano della Torno, dice: «Roascio e Accurso sono stati rapiti da delinquenti comuni, è una storia senza rivendicazioni politiche o ideologiche. In questi casi di solito si arriva alla liberazione degli ostaggi in due mesi e mezzo, tre mesi al massimo. Eravamo ottimisti, c'erano tutte le premesse per giungere ad una soluzione positiva, ma quello che sta accadendo adesso nella zona di Medellin ha complicato tutto. I banditi sono bene nascosti, impossibile qualsiasi trasferimento di valori e persone. Non ci resta che aspettare». Sulla vicenda il riserbo è estremo. «In casi come questi — spiega un funzionario della Farnesina — meglio evitare qualsiasi forma di pubblicità. Stiamo agendo con la piena collaborazione delle autorità colombiane, ma nella più completa riservatezza. Ci sono domande alle quali non possiamo rispondere». Una di queste è relativa al riscatto. Impossibile conoscere le richieste dei rapitori, impossibile sapere attraverso quali canali sono stati mantenuti i contatti tra la società di costruzioni romana e la banda che tiene prigionieri i due tecnici. Raffele Trombetta, primo segretario dell'ambasciata italiana a Bogotà parla di «situazione delicata», ma non è pessimista: «Accurso e Roascio saranno liberati, si allungano soltanto i tempi della loro prigionia. L'ambasciatore nei prossimi giorni tornerà a Medellin per cercare notizie, per dare un po' di speranze alle famiglie degli ostaggi». Montecchi una certezza si sente di offrirla già adesso: ((Abbiamo le prove che Roberto e Mario sono vivi e in perfetta salute psico-fisica». Dario Cresto-Dina OCEANO ATLANTICO OCEANO PACIFICO

Luoghi citati: America Latina, Bogotà, Colombia, Italia, Milano, Roma, Sud America