Braccio di ferro fra i cardinali

Braccio di ferro fra i cardinali Monastero di Auschwitz: appello del vescovo di Lione al card. Macharski Braccio di ferro fra i cardinali Da Solidamosc critiche all'omelia di Glemp VATICANO. Il Carmelo di Auschwitz, conteso dalle comunità ebraiche di tutto il mondo, divide i cardinali. Ieri il card. Decourtray, arcivescovo di Lione, ha reso noto un comunicato in cui si chiede ai vescovi polacchi di rispettare gli impegni presi, dando inizio alla costruzione di un «Centro» di preghiera interconfessionale ai margini del campo di concentramento nazista, in cui ospitare le suore carmelitane. Le religiose attualmente vivono nell'edificio del «Vecchio teatro» utilizzato — quando il lager era in funzione — per custodire i bidoni di gas «Zyklon B» usati nello sterminio dei prigionieri. A luglio un gruppo di ebrei radicali statunitensi scavalcò il recinto del Carmelo, dando vita a una manifestazione di protesta nel giardino. Ieri il card. Albert Decourtray, nella sua veste di presidente della delegazione cattolica che trattò del problema di Auschwitz con una rappresentanza degli ebrei europei a Ginevra nell'86 e nell'87, firman¬ do un accordo, ha dichiarato che «naturalmente il Primate e i vescovi della Polonia non possono essere accusati di antisemitismo, che anzi rigettano. E la creazione di una commissione episcopale per le relazioni con gli ebrei è un segno della loro buona volontà». Il porporato ha poi aggiunto che «il card. Macharski (n.d.r.; l'arcivescovo di Cracovia, nel cui territorio si trova Auschwitz, successore di Karol Wojtyla alla guida di questa diocesi) presente con me a Ginevra, ha sempre detto che i responsabili delle comunità ebraiche hanno sempre dimostrato buona volontà nel dialogare con i cattolici, e quindi non possono essere accusati di essere contro i polacchi». Il card. Macharski, dopo le dimostrazioni anti-Carmelo, aveva dichiarato di non aver l'intenzione di proseguire nel progetto di costruzione del Centro inter-confessionale di preghiera come previsto dall'accordo raggiunto nel febbraio '87 a Ginevra. «Per quello che mi consta — dice ancora nel suo comunicato il card. Decourtray — gli accordi di Ginevra, approvati esplicitamente il 9 marzo 1989 dalla Conferenza dei vescovi polacchi e ratificati dalla Commissione Episcopale polacca per le relazioni con gli ebrei il 17 luglio 1989, non sono stati annullati. Alcune manifestazioni incontrollate non possono mettere in dubbio la loro realizzazione». Le parole del card. Glemp, Primate di Polonia, nell'omelia di sabato scorso, hanno riacceso i fuochi della polemica. Glemp aveva accomunato ebrei e tedeschi, chiedendo «un atteggiamento amichevole verso quelle nazioni nei confronti delle quali, in conseguenza della guerra, è rimasto un trauma per i polacchi». Il porporato pensava «alla posizione dei polacchi nei confronti dei tedeschi e degli ebrei», aggiungendo: «se non vi saranno sentimenti antipolacchi, non vi sarà antisemitismo». Glemp aveva evocato «la potenza degli egregi ebrei che controllano i mass media internazionali». Gli ha risposto Decourtray ie ri: «In Francia le voci che ven gono dalla Polonia e che si mo strano attente alla realtà dell'e braismo e alla Shoah sono troppo poco ritrasmesse. Data la gravità dei fatti ci auguriamo vivamente che gli organi di stampa le facciano conoscere». La sortita del cardinale Glemp è stata criticata anche da Solidamosc, ma da parte di alcuni si teme che l'omelia sia solo il primo passo di un'operazione tendente a emarginare l'ala laica di Solidamosc. Il comunicato del card. Decourtray — è la sua terza presa di posizione, da quando, il 23 luglio, è scaduto il termine fissato affinché le suore lasciassero il «Vecchio Teatro» — vuole porre l'episcopato polacco di fronte alla responsabilità di rispettare gli accordi sottoscritti a Ginevra, e ratificati dalla Conferenza episcopale. Il mancato rispetto dei patti sta provocando, oltre a queste polemiche a distanza fra cardinali, un'ondata di gelo nei rapporti ecumenici fra cristiani ed ebrei. lm. t.]