Perché alzano il tiro

Perché alzano il tiro Perché alzano il tiro L'esperto: «E' un assassinio intimidatorio» MESSINA. «Mi sembra un delitto di marca calabrese. Riconducibile, quasi certamente, a quell'intreccio fra criminalità, affari e politica che stringe la regione in una morsa asfissiante». Mario Centorrino, 46 anni, docente di Economia politica e preside della facoltà di Scienze politiche dell'Università di Messina, studia da tempo i rapporti fra mafia e affari. «Ho impiegato anni — racconta — a cercare di capire dove finiva l'economia legale e cominciava quella illegale. Poi ho capito che era una ricerca impossibile. Non esiste un confine preciso. Inutile dire: qui stanno i buoni, lì i cattivi. La realtà è molto più complessa di quanto appaia. E allora ho pensato a un termine più appropriato, "economia cattiva", qualcosa che desse chiaramente l'idea dell'intreccio perverso fra lecito e illecito, fra imprenditoria mafiosa e imprenditoria apparentemente sana». Per Centorrino non esistono dubbi: 1'«economia cattiva» prospera in Calabria, in Sicilia, in Campania. «Le inchieste su alcuni grandi imprenditori di Catania hanno messo in evidenza quanto sia esile la linea di separazione fra economia legale ed economia illegale». Questa miscela di affari, mafia e politica potrebbe rappresentare il contesto entro cui collocare l'uccisione dell'ex presidente delle Ferrovie dello Stato. «Un uomo — dice Centorrino — che per anni ha dominato la scena politica calabrese. Che con la Calabria manteneva ancora strettissimi legami. Mi sembra riduttivo affermare che l'uccisione di Ligato si inquadri nella lotta per la spartizione dei seicento miliardi destinati dal governo al risanamento e allo sviluppo del Reggino. Non saranno questi soldi ad inaugurare la pratica della tangente e dell'infiltrazione sistematica dell'imprenditoria mafiosa negli appalti pubblici. Sono sistemi ampiamente collaudati. Come la mafia, anche la 'ndrangheta è cambiata. Ha i suoi intrecci, le sue regole di «cattiva economia». Una dit¬ ta pulita si aggiudica un appalto? Ebbene, stia certo che ce ne sono dieci meno pulite che gestiscono i subappalti. E' un sistema diffuso ed efficientissimo. Bisogna sfuggire a certe semplificazioni. Non pensiamo a una stanza in cui si riuniscono per decidere il grande mafioso, il grande politico, il grande imprenditore. Ma a un mondo di grandi e piccoli personaggi». Secondo Centorrino molte cose accomunano Calabria, Sicilia e Campania, le tre regioni coi più alti indici di criminalità. «Prendiamo — dice — la gestione della spesa pubblica. In queste regioni è vista come unica risorsa. Le autonomie locali sono in crisi, il personale politico è scadente. Le amministrazioni locali si occupano quasi esclusivamente di lavori pubblici. E questo è ciò che vuole la mafia». Ma nell'uccisione di Ligato c'è un elemento inquietante in più: la Calabria non è terra di «delitti eccellenti». «L'omicidio Ligato può costituire un punto di svolta. Fino a ieri sembrava che la 'ndrangheta avesse una tale capacità di controllo del territorio da non dovere ricorrere a «delitti eccellenti». Adesso sembra che qualcosa sia stato rimesso in discussione. Quello di Ligato ha tutta l'aria di un delitto esemplificativo, di un'esecuzione a scopo intimidatorio». Se questo è vero, si preannunciano giorni sempre più difficili. Soprattutto per chi non si rassegna ad abbassare la testa. «Ce ne accorgiamo ogni giorno — sottolinea Centorrino — anche in Calabria esiste gente che non si rassegna, che tenta di ribellarsi alla mafia. Ma il sistema è talmente avvolgente da non permettere deroghe. Conosco un uomo, il professor Gaetano Cingari, docente di Storia moderna. Era uno scomodo assessore regionale all'Urbanistica. Fu trasferito alla Pubblica istruzione: "una collocazione più idonea per un uomo di cultura", si disse. Insomma, l'uomo giusto al posto giusto». Nino Amante