Ricominciamo da tre di Gian Paolo Ormezzano

Ricominciamo da tre Mondiali di ciclismo: conta soltanto la gara di domenica, i successi su pista non bastano Ricominciamo da tre Bugno, Argentiti e Fondriest le punte AtX-LES-BAINS DAL NOSTRO INVIATO Il popolo ormai immenso, vivissimo e intanto museale, dei cicloturisti, anche italiani, ha già invaso la Savoia, in vista del weekend iridato di Chambéry, domani i dilettanti e le donne, domenica i professionisti. Nell'afa tremenda e innaturale, con intorno montagne che ancora un mese fa erano coperte di neve, i cicloturisti vanno a provare il circuito, che è un belvedere splendido e infame sulla città, «capitale historique de la Savoie»: la strada cioè è panoramicissima e durissima. La salita vera comincia al chilometro 2,800 e si conclude al chilometro 5,500, pendenza media del 7,15 per cento. In tutto il circuito è di 12 chilometri e 200 metri, secondo altre misurazioni 250 o 500, la discesa è brutta, le curve sono difficili, la pianura non esiste, c'è salitina sparpagliata dovunque. Inizio e fine dentro la città, che dalla sommità della Montagnola (in italiano, proprio), quota 495, appare in un bagno turco di vapori caldi, 220 metri più in basso. Se durano i 30° di ieri il tracciato — lo percorreranno sei volte le donne per (ufficialmente) km 74,100, quindici i dilettanti per 185,250, ventuno i prof per 259,350 — diventa più duro di quello di Sallanches '80, che fa leggenda, primo Hinault, secondo Baronchelli. Ieri pomeriggio il circuito, in- tasatissimo, è stato provato anche dai nostri professionisti, arrivati col et Alfredo Martini il mattino, in aeroplanino da Verona. I dilettanti li avevano anticipati di poche ore, come le donne. Tutti gli azzurri alloggiano insieme in un albergo ad Aix-les-Bains, eletto anche a sala-stampa italiana. Abbiamo portato pure il cuoco, Chiesa, alla faccia dell'arte culinaria francese. C'è un bel senso di gruppo, difficile da scrivere, facile da annusare stando in mezzo a questa gente che fa un mestiere sportivo fuori moda, ormai con un senso ieratico di vocazione, di fachirismo. Vampirizzato dal calcio, il ciclismo italiano tende ormai a fare casta, parrocchia, setta. Così accade persino che stiano bene insieme professionisti e dilettanti e donne, gruppi che pensano diverso, guadagnano diverso, pedalano diverso. Il timore generale è che, se non si vince T'oro dei professionisti domenica, il bilancio, ormai definitivamente pingue per i tre ori, i tre argenti e i due bronzi della pista, nonché per l'argento di ieri l'altro nella 50 chilometri donne, non significhi nulla, un ruttino di Maradona ottiene più spazio sui giornali e nella testa della gente. E non si vede chi fra gli azzurri professionisti possa vincere: anzi, noi non vediamo neppure chi possa finire bene la gara, e non tutti gli anni può venir fuori un Fondriest a dirci che ci siamo sbagliati. Bugno è capitano, Martini dirà le due riserve (Moro e Ballerini? oppure Giupponi e Moro?) solo stamattina, quando si parlerà anche di tattica e di premi. Zenoni et dei dilettanti ha scelto per domani Bortolami, Brandini, Gualdi, Passera (fratello del professionista, lui pure qui, agli ordini di Martini), Tarocco e Zanini (che ha fatto la 100, De Dona et delle donne ha scelto Bandini, Bonanomi, Chiappa, Canins, Cappellotto (o Galli) e Seghezzi. Torniamo ai «prò». Argentin è smunto di faccia, Fondriest sta per svegliarsi dal sonno-sogno cominciato l'anno scorso a Renaix («non ho neppure portato qui la maglia iridata»). Bugno dice: «Non sono il capitano, so¬ no uno che spera di fare una buona corsa e che chiede aiuto ai compagni». Momento come suol dirsi delicato. Abbiamo ritrovato, per dono del cielo, un grande ciclismo su pista e non sappiamo che farcene. La gente italiana che ha già riempito la Montagnola di tende e striscioni — ma gli stranieri ci battono ormai come scritte sull'asfalto, gli elicotteri della televisione riprenderanno graffiti per 12 km e 200 metri —, senza focalizzarsi intorno al nome che non c'è più, chiede una vittoria domenica, e basta. Non è giusto, magari non è bello, ma è. Martini ha tenuto ieri una conferenza-stampa assai breve, ha detto della voglia sua di ave¬ re tre «numeri uno», cioè Bugno, Argentin e Fondriest: «Bugno è in grossa forma e tutti lo accettano come primo numero uno. Fondriest ha sempre qualche male, ma deve essere la sua natura. Argentin mi sembra in ripresa». I corridori hanno parlato secondo copione, tutti si sono giustamente detti spaventati dal percorso, che comunque è per uomini veri. Ha recitato Fondriest: «Sarebbe splendido per un Giupponi al massimo, è buono per il Bugno in gran forma, potrebbe anche andare bene a me». L'idea di Bugno capitano unico potrebbe prendere ulteriore forma oggi, nell'ultima ricognizione. Sia Fondriest che Argentin hanno detto: «E' un ragazzo che merita aiuto». Bugno non ha mai vinto una grande corsa internazionale, ma ha il piglio, diremmo il taglio del campione. D'altronde l'anno scorso Fondriest è diventato campione del mondo ancora vergine di grandi vittorie. Degli stranieri si sa poco, sono sparpagliatissimi. Fignon fa l'uomo solo (ieri si è fatto sette colli alpini per allenamento), disertando il ritiro francese. LeMond si dice in forma ma indica Hampsten, suo connazionale. L'olandese Theunisse, il corridore bello e bruto, che piace alla fanciulle, si è tolto di dentro un virus intestinale e correrà anche lui. Gian Paolo Ormezzano Gianni Bugno. E' la miglior carta degli azzurri per il mondiale di domenica

Luoghi citati: Renaix, Verona