Mitterrand: non accetto consigli sul Libano di Enrico Singer

Mitterrand: non accetto consigli sul Libano Il Presidente risponde alle minacce (anche siriane) mentre la flotta francese arriva «in zona operativa» Mitterrand: non accetto consigli sul Libano «Ma, caro Aoun, non saremo i tuoi pretoriani» PARIGI DAL NOSTRO CORRISPONDENTE «Nessun Paese e nessun gruppo possono imporre alla Francia quello che deve fare nella crisi libanese. La nostra è una missione di protezione e di aiuto umanitario. E continuerà». La reazione di Frangois Mitterrand è arrivata, solenne, ieri mattina di fronte a tutti i ministri riuniti in consiglio all'Eliseo. Alle minacce di rappresaglia che piovono ormai sempre più fitte da Beirut, da Damasco e da Teheran contro l'imminente ingresso dell' «armada» francese nelle acque del Libano, il Presidente ha risposto con tono fermo, ma anche con grande misura. «Mitterrand ha voluto mettere i puntini sulle i in una vicenda che ognuno cerca di deformare secondo i propri interessi», è stato il commento del portavoce dell'Eliseo, Hubert Védrine. E questi «puntini» sono sostanzialmente due. La Francia non subirà ricatti, certo. Ma la sua azione resterà nei limiti del diritto internazionale. «Chi confonde un intervento umanitario e di protezione eventuale dei propri concittadini che vivono in Libano con un'azione di guerra, sbaglia», ha detto Mitterrand rivolgendosi implicitamente ai furiosi attacchi — verbali per ora — della Siria, dell'Iran e delle milizie musulmane più oltranziste. «Ma sbaglia anche chi immagina, assoluta- mente a torto, che la nostra Marina sarà a sua disposizione». E questa frase è diretta al generale-premier cristiano Michel Aoun, che attende l'arrivo delle navi francesi come un sostegno internazionale al suo governo opposto a quello musulmano di Selim Hoss. Per Mitterrand, insomma, le intenzioni della Francia sono chiare. L'obiettivo è dimostrare — anche esponendosi ai possibili rischi — che non si può rimanere indifferenti davanti al massacro libanese. Che i grandi padroni-padrini della regione non devono considerarsi al di sopra di ogni legge internazionale. Ma tutto questo non significa trasformarsi in aggressori o resuscitare la «politica delle cannoniere»: Parigi ha ancora la speranza di far avanzare la trama diplomatica che, dietro i proclami infuocati, continua il suo lavoro. La Francia punta sull'inviato di Mosca, che ieri è arrivato a Damasco, e su quello delle Nazioni Unite, che partirà per incontrare i re del Marocco e dell'Arabia Saudita e il presidente algerino per chiedere un rilancio del «Comitato tripartito» della Lega araba che, da mesi ormai, tenta inutilmente di negoziare una vera tregua dei combattimenti in Libano. E a questa attesa degli sviluppi diplomatici rispondono, come in una partita di scacchi, le mosse delle otto navi inviate verso le coste libanesi. Ieri anche la portaerei «Foch», gioiello della Marina francese, è giunta in quella che è stata definita la «zona operativa»: una fascia tra 200 e 100 miglia (370 e 180 chilometri) che per gli aerei imbarcati sono giusto la distanza per entrare in quota. Ma all'arrivo della «Foch» (che resta, comunque, ben al di fuori delle acque territoriali libanesi) farà da contrappeso lo sganciamento della fregata anti-aerea «Duquesne» e dell'incrociatore «Estienne d'Orves» che è stato annunciato ieri sera a Parigi dal ministro della Difesa, Jean-Pierre Chevènement in persona. In questo scenario operativo d'attesa, l'«armada» francese sarebbe composta dalla portaerei «Foch» scortata dalla fregata «Cassard», dalla nave da sbarco «Orage», da due navi da rifornimento — «Meuse» e «Varo — e dalla fregata da combattimento anti-sommergibili «Jean de Vienne». Sei unità e non più otto. La flotta è, tuttavia, più consistente di quella che accompagnò sei mesi fa la prima «azione umanitaria» francese, che si concluse con l'imbarco di feriti civili sia cristiani che musulmani dopo più di una settimana di tensione. E questa volta anche le minacce sono più consistenti. A quelle già pronunciate dal leader druso Jumblatt, da quello sciita Beni, dalla stampa di Teheran, da quella di Damasco, dagli hezbollah libanesi, si è aggiunto il ricatto di un gruppo terrorista sciita che ha annunciato «ritorsioni» contro gli ostaggi occidentali. E lo stesso ricatto che aveva lanciato martedì il giornale iraniano «Teheran Times», e la minaccia è considerata con grande serietà a Parigi e a Washington, anche perché la maggior parte degli ostaggi è americana. Il presidente George Bush, ieri, ha dichiarato di avere esaminato «recentemente» la situazione in Libano con Mitterrand e ha aggiunto: «Io non critico i francesi per quello che stanno facendo». Una formula di appoggio alla linea dell'Eliseo che Francois Mitterrand si aspettava, forse, più franca. Enrico Singer Libanesi in coda davanti al consolato italiano nella speranza di ottenere il visto