Fra i giullari un «intruso» Dalla di Franco Giliberto
Fra i giullari un «intruso»: Dalla Il cantautore ha reso omaggio ai menestrelli con una suonata di clarinetto Fra i giullari un «intruso»: Dalla Al festival della musica di strada a Ferrara FERRARA dal nostro inviato C'è qualche cosa di molto bello in quesito «Buskers festival», o festival dei musicisti girovaghi: venti ettari di splendido palcoscenico medievale e rinascimentale messi a disposizione di 52 menestrelli europei, africani, americani, suddivisi in una ventina di gruppi. Venti ettari sui 300 del centro storico ferrarese, ovvero il cuore del cuore cittadino. L'effetto è spettacoloso. Un duo della Martinica, che suona un tamburo e un giroscopico emisfero di metallo (steeldrome) sotto la cattedrale romanico-gotica. Un'altra coppia che in piazza della Repubblica, accanto al rinascimentale Castello estense, fa cantare un «balohone»: rudimentale ma sonorissimo xilofono — fatto di legni preziosi e zucche secche di varie dimensioni che amplificano i toni —, strumento che nel Ghana settentrionale è usato nelle cerimonie funebri e nei riti di fidanzamento. E così via, in sedici diversi e notissimi luoghi della città, è sparpagliato a rotazione il piccolo esercito di musici ambulanti: si esibisce tra le 19 e le 20,30 e tra le 21,30 e le 23 di ogni sera. Fino a domenica prossima. Nelle prime due serate, una gran folla divertita e spesso ammaliata dalla bravura di questi «buskers» ha già decretato il successo dell'iniziativa. Ieri è persino comparso Lucio Dalla. Che cosa c'entra lui con i suonatori ambulanti? Niente in effetti. Ma era a Bologna e non ha resistito ai racconti che gli facevano gli amici: «Vieni un paio d'ore a Ferrara, c'è da rimanere incantati: un clavicembalista che ti fa venire i brividi, un sassofonista che suona il più bel jazz da strada mai sentito, un polacco di Solidarnosc che si dimostra uomo-orchestra, tirando fuori suoni da una tavoletta da bucato e da una tromba di fonografo...». Lucio Dalla ha fatto una capatina. Lui che «costa caro» a ogni apparizione pubblica, questa volta si è mosso gratis e pretendendo l'anonimato. Soltanto una breve suonata di clarinetto in piazzetta San Michele (trafelato è giunto a cogliere la scena un teleoperatore della Rai), cedendo alle insistenze di tanti amici ferraresi. Dice Katharina Pesch, violinista tedesca, che con il marito romano Paolo Di Massimo, chitarrista, suona folk classico e arrangiato: «Pensiamo che il suonatore in strada sia la forma più delicata e naturale di presentare musica. Oggi non solo la tv, ma anche la radio entra nella nostra vita in maniera violenta. Invece chi suona nelle piazze arriva piano, prepara i suoi strumenti sotto gli occhi di tutti, quietamente. E un po' alla volta la gente si fenna pei curiosità, per libera scelta, senza obblighi per nessuno. Per molti spettatori si tratta di una sorpresa, di un evento anche piccolo e circoscritto, che però ci tira tutti fuori dal tempo, dalla monotonia e dalla noia». Edmund Tijan, del Ghana, un cantastorie che dal 1985 trascorre ogni anno tre o quattro mesi in Europa appoggiandosi allo svizzero Christian Huber specialista del «linguaggio dei tamburi», aggiunge che ogni strumento da lui suonato in Africa ha ruoli ben precisi. Cerca di fornire spiegazioni: «Il tamburo beklete per esempio dà la voce al fratello. E lo strumento dondo alla sorella. Questo balophone che ho portato a Ferrara come principale attrazione, invece, recita alternati¬ vamente la parte del padre e della madre». Nero come l'inchiostro, Tijan sembra finora tra i protagonisti più ammirati e applauditi del festival. Ma non c'è che da scegliere: Mario Gutierrez e sua moglie Ana, boliviani, hanno portato a Ferrara, rispettivamente, l'arpa e la chitarra con repertorio musicale di folclore sudamericano. I ferraresi Paolo Foschini, basso, Giovanni Pasini, tenore, Paola Bonora e Angela Pasini, soprani, imbastiscono brani di musica vocale rinascimentale. Il trio Bluejeans torinese — Beppe Finello, chitarra, Massimo Lupotti, basso-tuba, e Giampaolo Lo Presti, banjo — propone una speciale on the road music, con contorno di gospels e spirituals. Il canadese Dannis Mayne, che veste un frac da cerimonia nonostante il caldo, ha portato a Ferrara un suo buffo pianoforte a rotelle e stuzzica i romantici con vecchie melodie popolari e valzer di Strauss. Una varietà notevole di buskers insomma, fino a quel Romuald Poplonky che da solo dà vita alla «R.P. Magic Band», con deliberate stonature, ma così violente e sincopate da condurre gli ascoltatori in un vortice d'euforia. E pensare che Poplonky, per altri aspetti, è persona serissima: responsabile sindacale di Solidarnosc per la zona di Polmobyl, co-organizzatore del festival internazionale di teatro all'aperto di Wroclaw (Breslavia), il più importante dell'Est europeo. «Finora — racconta — ho dovuto cambiare 25 volte mestiere, per le difficoltà che gli artisti estranei alla cultura ufficiale polacca hanno sempre incontrato. Che Ferrara mi porti fortuna?». Franco Giliberto r Note in piazzetta. A Ferrara i menestrelli giunti da tutto il mondo sunno ottenendo un grande successo
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