«Spareremo sulla flotta francese» di E. St.

«Spareremo sulla flotta francese» A Beirut entra in campo il leader sciita Berri: «Se Mitterrand vuole la guerra, l'avrà» «Spareremo sulla flotta francese» Teheran: «Non avvicinatevi, o la pagheranno gli ostaggi» Nella notte scambio di cannonate tra cristiani e Hezbollah BEIRUT. Nonostante le minacce degli integralisti islamici, la Francia ha deciso di rafforzare la sua presenza navale nelle acqua libanesi facendo salpare da Tolone altre due navi da guerra, la fregata antisommergibili «Jean De Vienne» e la nave cisterna «Meuse», che nei prossimi giorni andranno ad aggiungersi alle sei già prossime alla zona — fra cui la portaerei «Foch», con 1920 marines a bordo —. La flotta francese dovrebbe avvicinarsi a un imprecisato porto libanese, controllato dalle forze cristiane, giovedì o venerdì. L'Iran ha annunciato ieri, dalle colonne del giornale ufficiale «Teheran Times», che un intervento armato della Francia in Libano costerebbe la vita agli ostaggi occidentali in mano alle milizie musulmane: «L'Occidente deve sapere che qualsiasi tipo di provocazione avrebbe come conseguenza il ripetersi di avvenimenti terribili, come l'uccisione del colonnello americano Higgins». Ma il primo ministro del governo musulmano libanese, Salini el Hoss, sostiene di avere avuto ieri, in un incontro con l'ambasciatore francese a Beirut, ampie assicurazioni che la flotta francese si limiterà a scaricare viveri e medicinali, e non interverrà nella guerra a favore di alcuna delle parti in lotta. Le motivazioni umanitarie dell'intervento di Parigi non convincono però il capo del mo¬ vimento sciita filosiriano Amai, Nabih Berri, che in una dichiarazione diffusa ieri a Beirut ha minacciato di far fuoco con le sue artiglierie sulle navi francesi, se solo queste tentassero di portare aiuto alle forze cristiane. «Se una sola nave da guerra si avvicinerà alla costa, per noi sarà un atto di guerra e con laguerrarisponderemo». Aspri combattimenti si sono svolti durante la notte e nella mattinata a Beirut e nelle montagne druse, dopo una parziale tregua durata quattro giorni. Per la prima volta dall'inizio di quest'ultima, sanguinosa battaglia tra cristiani e siriani, gli integralisti filoiraniani hanno annunciato di avere partecipato all'attacco di postazioni dell'esercito cristiano. Quattro morti e 55 feriti costituiscono il bilancio delle vittime causate dai cannoneggiamenti delle ultime ore. E' stata l'artiglieria pesante dell'esercito cristiano a dare inizio al fuoco, sorprendendo gli abitanti della periferia Sud di Beirut, in maggioranza sciiti. L'esercito regolare musulmano libanese, guidato dal generale Sami el Khatib, ha annunciato di aver bombardato all'alba il porto cristiano di Jounieyh per «impedire l'accesso a sei navi cariche di armi irachene destinate all'esercito cristiano» del generale Michel Aoun. Secondo un comunicato, una nave sarebbe stata centrata. I cristiani hanno smentito. Dalla loro roccaforte, la stessa periferia Sud bombardata l'altro giorno dai cristiani, gli integralisti filoiraniani hanno annunciato di aver «distrutto un carro armato e una postazione avanzata dell'esercito cristiano» lungo la Linea Verde che divide i due settori, musulmano e cristiano, di Beirut. Durante la notte, l'artiglieria israeliana ha bombardato una serie di villaggi situati nella zona sud-orientale del Paese, controllata dalle milizie filo-iraniane. Le forze islamiche hanno reagito attaccando una colonna dell'«Armata Sud del Libano», filo-israeliana, alla periferia di Saida, nel Sud del Paese, mentre cercava di raggiungere la località di Labbaya. Sottoposta per due ore a un intenso fuoco di artiglieria, la colonna si sarebbe ritirata sulle posizioni di partenza. Le diplomazie continuano intanto a muoversi. La direzione politica della Comunità europea, riunita a Parigi, ha deciso di inviare in Libano una sua missione per valutare quali siano i bisogni principali della popolazione. Nel corso della riunione la Cee ha ribadito il suo pieno appoggio al comitato arabo tripartitico, impegnato da mesi a trovare una soluzione pacifica del conflitto, con l'avallo della Lega Araba, di cui fanno parte il presidente algerino Benjedid, re Hassan del Marocco e re Fahd dell'Arabia Saudita, [e. st.]

Persone citate: Benjedid, Berri, Higgins, Hoss, Jean De Vienne, Michel Aoun, Mitterrand, Nabih Berri, Sami El Khatib