L'AVVENTURA E' UN FEUILLETON DAI CASTELLI GOTICI ALLA PRIMULA ROSSA

L'AVVENTURA E' UN FEUILLETON DAI CASTELLI GOTICI ALLA PRIMULA ROSSA L'AVVENTURA E' UN FEUILLETON DAI CASTELLI GOTICI ALLA PRIMULA ROSSA ROMANZI storici, romanzi popolari, libri dove il piacere di una bella trama si accompagna alla sapienza artigianale dello stile, costituiscono un gradevole ventaglio di letture per l'estate. Nel bicentenario della rivoluzione francese, la letteratura è stata un po' dimenticata. Gli editori hanno perso l'occasione di ripubblicare i romanzi storici ispirati a quel grande evento, dal Nbvantatré di Huho a Gli Sciuani di Balzac, da Le due città di Dickens al Cavalier De stouche di Barbey d'Aurevilly. E soprattutto hanno trascurato il ciclb dei romanzi di Dumas ispirati a Maria Antonietta e alla rivoluzione, Giuseppe Balsamo, La collana della regina, Angelo Pitou, La contessa di Charny e II cavaliere di Maison Rouge, che sono stati per anni !<»i(Isella- di bancarella nelle edizioni popolari Lucchi. Sotto la penna di Dumas la rivoluzione, «una fata che rende invisibile chi vuole», diventa uno spettacolo di intrighi e avventure, come quella del biondo cavaliere di Maison Rouge, travestito da conciacapelli con la parrucca nera e gli occhiali verdi, ideatore di ogni sorta di stratagemmi per liberare ia regina dalla prigione. In mancanza di Dumas, possiamo rileggere La primula rossa, il primo di un fortunato ciclo di romanzi creati dalla fantasia della baronessa Orczy, scrittrice inglese di origine magiara. Pubblicato nel 1905 e ri- fimposto qualche mese fa dal'editore Salani (pp. 320, L. 12.000), è un romanzo che, per ritmo narrativo e geometria di struttura, non ha nulla da invidiare altre moschettieri. Tra i salotti aristocratici di Londra e le strade di Parigi ridotte a fiumi di sangue, con le teste rotolanti sul patibolo, si gioca una partita mozzafiato tra la Primula Rossa, che orga¬ nizza fughe di nobili francesi in Inghilterra per strapparli alla ghigliottina, e i repubblicani che gli danno la caccia. Lord Percy Blakcney, baronetto apparentemente sciocco e frivolo, nasconde sotto i panciotti di raso e le gale di merletto insospettate doti di energia, freddezza e astuzia. Travestito da vecchia fruttivendola o da ebreo polacco, sfugge, sempre alle trappole dei suoi nemici, che «Io ccrcan qui, lo cercan là, dove si trovi nessuno lo sa». Il profumo dell'intrigo aleggia anche ne / misteri di Udol pho, fluviale romanzo scritto nel 1794 da una specialista del gotico, Ann Radchffe, e ora rilanciato da Theoria, a cinque anni dalla prima edizione novecentesca, a cura di Vittoria Sauna (pp. 693, L. 38.000). Passata indenne tra fantasmi e orrori, spettrali rovine e cupi manieri, vendette e rapimenti, pugnali e veleni, l'eroina approda finalmente al lieto fine. Racconto arabo più che ro¬ manzo gotico, come indicano invece gli schemi delle storie letterarie, è Vathek, scritto in francese nel 1782 da William Beckford, ricchissimo ed eccentrico dandy inglese, e ora riproposto da Einaudi nella traduzione di Giaime Pini or con una postfazione di Malcolm Skey (pp. 135, L. 12.000). Il viaggio visionario di un califfo nelle viscere della terra è — secondo il Siudizio di Moravia nell'introuzione al testo già apparso nel '73 nella collana einaudiana «Centopagine» — «favola pagana e orientale di un orgoglio criminale che finisce in catastrofe», in anticipo non solo sul demonismo di Byron ma anche sull'estetismo di Oscar Wilde. Un condensato di romanzi popolari, una mappa del/euil Iettai italiano ordinata per tipi, luoghi e situazioni ricorrenti, è quella allestita da Riccardo Reim ne L'Italia dei misteri (Editori Riuniti, pp. 218, L. 24.000). Preti boccacceschi e vergini innocenti, fanciulle in¬ difese e immondi vccchiacci, loschi gesuiti e monache sanguinarie che animano le «storie di vita e malavita nei romanzi d'appendice» compongono «un enorme repertorio Kitsch» dove il divertimento, grazie a una calibrata miscela di lacrime e sangue, di amore e morte, è assicurato. Adatto ai lettori ingenui e ai palati raffinati ci sembra 11 mistew della strada di Sintra, curato da Amina Di Munno per Sellerio (pp. 284, L. 10.000) e scritto a quattro mani nel 1870 da Ega de Queiroz, il maggior narratore portoghese dell 800, e Ramalho Ortigào, critico e giornalista. Si tratta di un divertente impasto di generi e stili, dal gotico al romanzo epistolare, uscito a puntate sul quotidiane di Lisbona «Diario de No ticias» come una serie di lettere anonime scritte da protagonisti della vicenda. Solo l'ultima lettera svela il trucco dei due autori, che hanno utilizzato tutti gli ingredien¬ ti per sedurre i lettori: un delitto, un rapimento con la carrozza, la traccia di un capello biondo, gentiluomini mascherati, tradimenti, gelosie, passioni e sfondi esotici. Con un tocco di ironico snobismo gii autori, in una successiva edizione del 1884, definiranno il loro romanzo «abominevole»: «perché in esso c'è un po' di tutto ciò che un romanziere non dovrebbe mettervi e quasi tutto ciò che un critico dovrebbe togliervi». Tutto verissimo, con una postilla, che se il talento c'è, anche il ciarpame e lo stereotipo sono utili per fare buona letteratura. Gioco scaltro con la letteratura è anche il romanzo d'esordio di Edgardo Franzosini, Il mangiatore di carta (Sugarco, pp. 121, L. 10.000), che roba la storia al finale delle Illusioni perdute di Bslzac, dove l'ex forzato Vautrin racconta una curiosa vicenda a Lucien de Rubempré per distòglierlo dall'idea del suicidio. Biren, scriva¬ no del barone Goertz, ministro del re di Svezia Carlo XII, ha una strana mania, quella di inghiottire fogli, documenti e let tere diplomatiche, ma nonostante questo vizio diventerà sovrano del ducato di Curiandia. Balzac, nel dialogo finale con l'autore, giustifica l'ini. . nmone della sua storia, simile a quei pesci dove «la testa è bella ma la coda lascia a desiderare». «Stranissimo pseudoroinanzo», come lo definì Emilio Lecchi, è Adriano VII, scritto nel 1904 da Frederick Rolfe detto Baron Corvo e ora riproposto da Guanda nella traduzione di Aldo C; -nerino (pp. 454, L. 29.000). E' l'autobiografia farsesca di un ecclesiastico mancato, di un papa guitto che disegna una nuova geografia politica del mondo con due imperatori, Guglielmo di Prussia a Nord e Vittorio Emanuele IH a Sud. Massimo Romeno

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