I miracoli del titano timido alla corte dei Gonzaga

I miracoli del titano timido alla corte dei Gonzaga I miracoli del titano timido alla corte dei Gonzaga Pittore di Sacre Famiglie e santi, poi raccontò gli «Amori di Giove» PARMA a M HI era veramente Anto I nio Allegri detto il Corli raggio? ■ , sei Un «pittore singolarissimo» e «mamneonico», come lo definisce Giorgio Vasari nelle sue Vite, bravissimo «nei colorì», non altrettanto nel dipegno (lui, si sa, amava solo quello tosco-romano), un uomo «timido» e «buono» e, per giunta, «bollissimo cristiano»? Chissà. Nasce a Correggio, presso Reggio Emilia, da Pellegrino de Allegria e da Bernardina Ormani. Impara il mestiere dallo zio Lorenzo e tra il 1503 e il 1505 lavora nella bottega del modenese Bianchi-Ferrari. Nel 1506 è documentato alla corte dei Gonzaga a Mantova, dove partecipa probabilmente alla decorazione ad affresco nella cappella funebre del Mantegna in Sant'Andrea e dove ha contatti col ferrarese Lorenzo Costa, diventato pittore di corte. La formazione mantovana ed emiliana appare nelle prime opere, tra cui la Madonna e Santi, per San Francesco di Correggio (oggi a Dresda) del 1514- 15. Ispirata alla «Madonna della Vittoria» del Mantegna (Museo del Louvre), è tradotta in uno stile personale aereo e luminoso. Dal 1511 al 1519 il «giovane pittore», come dicono 1 documenti, è a Correggio impegnato in varie commissioni. A questi anni, di grande sperimentazione ma ancora misteriosi, appartiene una serie di dipinti attribuiti (molti dal Longhi in uno studio del 1958) di dubbia cronologia. Dalla Sacra Famiglia (Orombelli, Milano) ai bellissimi Quattro Santi del Metropolitan di New York, identificabili forse con quelli commissionati nel testamento di un certo Passi di Correggio, dalla Madonna Campori della Gallerìa Estense di Modena, al Riposo durante la fuga in Egitto degli Uffìzi, sino all'assorta Gentildonna dell'Ermitage !forse la poetessa Veronica Gambara). Opere che rivelano scambi con i ferraresi contemporanei e spunti da Leonardo e Raffaello. Nel 1518-' 19 (ma la data non è del tutto certa) si colloca la decorazione ad affresco della Ca¬ mera di San Paolo, a Parma, per la badessa Giovanna da Piacenza, preceduta dal probabile viaggio romano suggerito dal Mengs e sostenuto dal Longbi. Escluso da Vasari (il quale dice addirittura «se l'ingegno di Antonio fosse uscito di Lombardia e stato a Roma, avrebbe fatto miracoli...»), è certamente avvenuto, come rivela la personale interpretazione delle Stanze Vaticane e della Cappella Sistina nella cupola di San Giovanni Evangelista, dipinta tra il 1520 e il '24. Nel 1522 altri lavori importanti: la Natività, detta anche «La Notte», splendido dipinto per la cappella Pratonerì, a Reggio Emilia (ora a Dresda) con un taglio luminoso, quasi barocco. E dal 1523, anno in cui il pittore si trasferisce con la famiglia a Parma, una serie di tavole e tele per le cappelle gentilizie dei ricchi parmensi: le dolci, tenere e sensuali Madonne di San Gerolamo e detta Scodella dai tagli sorprendenti e luminosissime, il Cristo deposto ed il Martirio di quattro Santi, lividi, drammatici, scenografici (tutti alla Galleria di Parma) e tanti altri. Poi, la grande avventura della cupola del Duomo, che farà scuola alle generazioni future. Il pittore è ormai famoso: nel 1526 W poetessa Veronica Gambara, vedova del signore da Correggio, scrive entusiasta a Isabella d'Este a proposito di un suo dipinto. E, pochi anni dopo, quando è tornato a Correggio, il duca di Mantova gli ordina una serie di dipinti di argomento profano [Amori di Giove), oggi sparsi in musei stranieri. Il 5 maggio 1534 muore a Correggio «per un malore impreveduto», come scrive un laconico notaio.