Ritorna Thoreau, il profeta della nonviolenza

Ritorna Thoreau, il profeta della nonviolenza Un libro per riscoprire l'uomo che teorizzò la «disobbedienza civile» e ispirò Gandhi e Luther King Ritorna Thoreau, il profeta della nonviolenza La vera storia dell'insegnante americano colto e raffitiato che si costruì mia casa nei boschi «per vivere con saggezza» Voleva ritrovare la mitica età dell'oro nella quale non esisteva la proprietà privata egli uomini erano semplici e virtuosi mrlEL 1846 gli Stati Uniti m\ entrano in guerra con il «j Messico, dopo essersi ■ annessi il Texas, Stato k 11 schiavista che si era staccato dal Messico dove la schiavitù era stata abolita: un giovane intellettuale formatosi a Harvard, Henry David Thoreau, figlio di un fabbricante di matite di Concord, Massachusetts, giudica tale guerra iniqua perche motivata da interessi schiavistici e, perciò, in contrasto con i princìpi stessi della Costituzione americana. Come cittadino dichiara la sua opposizione al governo con un gesto concreto, rifiutando di pagare le tasse. Per questa sua obiezione fiscale finisce in carcere, ma qualcuno (non si seppe mai chi) paga per lui e lo fa uscire di prigione. Da quest'esperienza del ventinovenne amico di Ralph Waldo Emerson nacque il famoso saggio sulla Disobbedienza civile, che è diventato un classico della resistenza non violenta, esercitando profonda influenza su Tolstoj e Gandhi. Con quel gesto e con lo scritto il Thoreau voleva anche far capire a coloro che da ogni parte del mondo, i più poveri, correvano all'America come al Paese nel quale tutti avevano a disposizione ogni giorno tè, caffè, carne fresca e burro, che «la sola vera America è quel Paese dove si è liberi di condurre una vita che può renderci capaci di fare a meno di tutto questo, e dove lo Stato non tenta di obbligarci a finanziare la schiavitù, la guerra e altre spese superflue». Lottò tenacemente per qucst'A merica contro la schiavitù, fino a pronunciarsi pubblicamente e più volte a favore di John Brown, l'antischiavista impiccato centoquarunt'anni fa, divenuto poi, nella Guerra di Secessione, simbolo della lotta per la liberazione degli schiavi. Il Thoreau, quando fu arrestato, stata vivendo la sua singolare esperienza di vita semplice, in mezzo alla natura, in una casetta di legno, poco più di una baracca, che si era costruita interamente con le sue inani su un terreno messogli a disposizione dall'I-meison: «Andai nei boschi perché desideravo vivere con saggezza, per affrontare solo i fatti essenziali della vita, e per vedere se fossi capace di imparare quanto essa aveva da insepnajrni e per non scoprire, in punto di morte, che non ero vissuto. Volevo vivere profondamente e succhiare tutto il midollo della vita, tanto da distruggere quanto non fosse vita, falciare ampio e raso tena e mettere poi la vita in un ango lo, ridotta nei suoi termini più semplici». Prima di avviare quest'esperienza, Thoreau si ora impegna¬ to nel lavoro dell'insegnante, nel suo paese natale di Concord: ma dopo due settimane era slato licenziato perché si rifiutava di usare la sferza con gli allievi, come allora era costume. Era convinto dell'importanza preminente dell'istruzione. Scriveva: «Se necessario, si trascuri di costruire un ponte sul fiume e ci si adatti a fare un po' di strada, ma si getti almeno un'arcata sull'abisso, più profondo, dell'ignoranza che ci circonda», però non credeva che la sferza servisse a vincere l'ignoranza: «Verso la fine del marzo 1845 mi feci prestare una scure e andai nei boschi presso il lago di Walden, il più vicino possibile a dovv. avevo intenzione di costruirmi la casa, e cominciai ad abbattere pini bianchi, alti e appuntiti e ancora giovani, per farne legname da costruzione. Lavoravo su un bel fianco di collina coperto di boschi di pini, attraverso i quali potevo scorgere il lago e un campicello aperto in mezzo ai boschi, dove crescevano pini e noci americani». Finita la capanna, Thoreau vi si trasferì stabilmente il 4 luglio, giorno della festa dell'Indipendenza: «La mia casa era in mezzo alla foresta, a sei pertiche dal lago. Nel mio cortile crescevano le fragole, le more, la senipreviva, l'erica e le verghe d'oro degli arbusti di quercia, un ciliegio nano, la bacca azzurra e i tartufi». Raccontò la sua esperienza in un libro che intitolò Walden ovvero Vita nei boschi: scritto e riscritto sette volte, lo pubblicò nel 1854 come documento e testamento di una passione totale (il libro è di nuovo disponibile in italiano nella traduzione- di Piero Sanavio nella Buri. Polemica continua contro la società Thoreau lavorava nei boschi quanto gli era necessario per assicurarsi ciò che gli occorreva per vivere. Si fermava a contemplare, a studiare e a descrivere minuziosamente la nature in mèzzo alla quale trascorreva le sue giornate. Era convinto che quest'immersione nella realtà semplice e schietta della natura ci rende buoni. Una polemica continua e serrata contro la società organizzata che, producendo e stimolando a produrre indefessamente sempre nuova ricchezza, crea sempre nuove scontentezze t iovì bisogni, per soddisfare i quali l'uomo ferisce e mortifica la natura e consuma la propria esistenza senza viverla. E' spietato contro l'ipocrisia dei filantropi, contro gli assertori convinti del progresso, contro coloro che escogitano scm pre nuovi modi per guadagnare di più. Con una relazione minuziosa e impassibile mette in ridicolo un ricco signore che durante l'inverno aveva fatto scavare, staccare, tagliare, imballare da cento operai con un lavoro di tre mesi tutto il ghiaccio del lago di Walden per poi venderlo in blocchi alla gente di città, ma che, sbagliati ì calcoli, non riuscì a trarre alcun frutto dalla stolta impresa (il ghiaccio si sciolse per strada, prima di arrivare in città). Sa osservare e descrivere con sguardo acuto un duello fra le formiche, una rossa e una nera, come un combattimento epico. Racconta con molti particolari, e con un preciso rendiconto delle spese e dei ricavi, la sua coltivazione di un campo di fagioli. Contempla con simpatia gli esseri viventi nei boschi e nelle acque, intomo a lui: fanelli, lontre, lucci, tassi, gufi, scoiattoli, ghiandaie, lepri... Naturalmente è contrario alla caccia: «Nessun essere umano vorrà uccidere per semplice piacere una qualsiasi creatura che vive nella sua stessa maniera. La lepre, nella sua agonia, grida come un fanciullo». La sua scrittura è appassionata e ardente, vuole convincere il lettore ad accettare la sua visione della vita («vivete quanto più indipendentemente potete»); spesso è paradossale nelle affermazioni, nel suo capovolgimento della realtà («ho imparato che il viaggiatore più svelto è quello che va a piedi»); ama le sentenze incisive («non c'è odore più cattivo di quello emanato dalla bontà corrotta»). Confluiscono, a dare vigore e fascino alla sua pagina 1 esperienza quotidiana, la convinzione profonda nelle idee che proclama, la ricca cultura classica, la costante presenza della Bibbia nelle sue riflessioni (in un rapporto, mai pacificato, di accettazione e di rifiuto), l'attenzione per le concezioni indiane e orientali dell'uomo e della vita (cita spesso Confucio, uno dei suoi maestri). Noflia capanna si aorte Fillade La scelta di vivere nei boschi nell'isolamento della società ha in Thoreau una connotazione di individualismo accentuato, al limite può apparire come un atto di egoismo. E, insieme, ha ima forte impronta aristocratica di richiamo all'autosufficienza del saggio predicata dai filosofi del mondo antico: sullo sfondo sta il rifiuto della dimensione comunitaria della vita dell'uomo. Combinava insieme il motivo ispiratore isolazionistico del «messaggio di addio» di Washington da lui indebitamente esteso dai rapporti degli Stati Uniti con gli altri Stati al rapporto del cittadino con il suo Paese («il governo migliore è quello che governa meno di tutti», aveva scritto all'inizio della Disobbedienza civile e ripetuto con altre parole in Walden) e il gusto dell avventura dei pionieri che partivano con molto coraggio e pochi mezzi verso nuove terre da dissodare e rendere produttive. Realizzava tutto questo con un retroterra di cultura raffinata, per cui nel suo esperimento era convinto di ritrovare quella mitica età dell'oro nella quale non esisteva la proprietà privata e gli uomini erano semplici e virtuosi, come avevano cantato i poeti greci e latini che egli cita frequentemente con compiacimento. Quando afferma che durante la sua vita nei boschi «non fu infastidito da nessun altro se non dai rappresentanti dello Stato» sentiamo nelle sue parole l'eco del cacciatore dell'Eubea — di cui racconta all'inizio del II Secolo d. C. Dione Crisostomo — che viveva felice nei campi è nei boschi, in pace e serenità di vita, ma un giorno la sua felicità fu turbata dall'arrivo dell'esattore delle tasse. Nella nuda capanna Thoreau ?[ode della compagnia di alcuni ibri: prima di tutto l'Iliade, che tiene stabilmente sul suo tavolo, ma anche — oltre ai tragici greci, a Virgilio e a Ovidio — il trattato sull'agricoltura dell'antico Catone, che definiva «il mio manuale di coltivazione»: da esso, avendo deciso di farsi da sé il pane, trasse la ricetta, che trascrisse in latino nel suo libro e tradusse per l'utilità dei lettori. Godeva di fare il pane come già lo si faceva duemila anni prima. Era l'insegnamento dell'amico Emerson messo in pratica: ritrovare il contatto diretto con la natura, tornare a guardare a faccia a faccia Dio e la natura. Troviamo nelle sue pagine anticipazioni folgoranti sulla realtà di oggi del nostro pianeta sottoposto alla violenza dello sfruttamento dissennato, inquinato e reso progressivamente sempre più invivibile da uno sviluppo tecnologico sganciato dal rispetto per l'uomo e per la natura. Se non cambieremo strada, scriveva Thoreau, «saremo ridotti a rodere la crosta terrestre, per sfamarci». Tuttavia la scelta di vita nei boschi non fu per Thoreau una scelta definitiva: dopo due anni e due mesi di isolamento ritornò alla vita di tutti. Motivò questo ritorno asserendo che gli «pareva di avere altre vite da vivere e di non poter dedicare altro tempo a quella sola». Invece è proprio «quella sola» cioè gli consente di essere vivo, per noi, ancora oggi. italo Lana t 7 > mi In alto, a sinistra Henry D. Thoreau e a destra John Brown. Qui accanto ti mahatma Gandhi, tra i maestri della nonviolenza, che si ispirò alla vita e ai testi del pensatore americano. Sopra il titolo, un panorama di Washington del 1833 Un altro protagonista della nonviolenza, Marlin Luther King, durante un corteo a New York per t diritti civili dei negri d'America In alto, a sinistra Henry D. Thoreau e a destra John Brown. Qui accanto ti mahatma Gandhi, tra i maestri della nonviolenza, che si ispirò alla vita e ai testi del pensatore americano. Sopra il titolo, un panorama di Washington del 1833 Un altro protagonista della nonviolenza, Marlin Luther King, durante un corteo a New York per t diritti civili dei negri d'America