Le sfida dei képi

Le sfida dei képi FRANCIA Dilaga la rabbia dei gendarmi francesi: è rivolta bianca Le sfida dei képi Arrestato sindacalista, incitava i colleghi attraverso il circuito segreto L'ex responsabile della Difesa Hernu cerca di cavalcare la protesta PARIGI NOSTRO SERVIZIO Ci tratta come scolaretti. Forse crede di essere ancora il ministro della Pubblica Istruzione, come è stato per tanti anni. Ma noi gendarmi non siamo degli scolaretti, parecchi di noi muoiono ogni anno in servizio, e quando non siamo sulla strada, per sei-sette ore al giorno, veniamo trattati come gli spazzini dell'esercito francese: puliamo i pavimenti delle caserme, i vetri, siamo i domestici delle mogli degli ufficiali. Ora basta». Lo sfogo dell'anonimo gendarme di Narbonne, nel Sud della Francia, è indirizzato contro il ministro della Difesa, il cinquantenne socialista JeanPierre Chevènemeht. La protesta dei 91 mila gendarmi si è ormai trasformata in larvata rivolta. Le prime lettere anonime che denunciavano la carenza di personale e i turni massacranti, a fine luglio, sono state ben presto seguite da decine d'altre provenienti da tutte le gendarmerie di Francia. Nessuna regione è stata risparmiata dal vento di contestazione, al Nord come nel Midi. Perfino la Guardia Repubblicana, la «crema» della Gendarmeria che è preposta alla sicurezza del Presidente della Repubblica, ha inviato un preciso e dettagliato elenco di soprusi e di manchevolezze da parte dell'alta gerarchia. E proprio a Mitterrand si appellano ormai i gendarmi contestatori. Non hanno più alcuna fiducia nel «maestro» Chevènement che usa la tattica del bastone e della carota. Risponde, ancora in una lettera, che «la linea della sopportazione è stata superata», fa arrestare un brigadiere contestatore di Narbonne, e poi convoca al ministero, per il 23 agosto, 87 gendarmi per «parlare da uomo a uomo, liberamente». Ma i più fiutano una trappola del ministro, e si rivolgono ormai direttamente a Francois Mitterrand, che la Costituzione designa come capo delle forze armate. L'episodio di Narbonne, due giorni fa, ha fatto precipitare la situazione. Il brigadiere «sindacalista» di 44 anni utilizzava il sofisticato sistema informatico di comunicazioni inteme, il Sa - Ehir, per dialogare con altri «riolii», proponendo uno sciopero bianco che sarebbe piuttosto popolare: nessuna multa agli automobilisti. Certo, una man- caiiza grave al regolamento militare. Ma non tanto, agli occhi dei colleghi, da giustificare l'immediata messa agli arresti del brigadiere. La decisione, presa in alto, a Parigi, è stata interpretata come una minaccia di Chevènement. Nelle ultime ore, proprio mentre il ministro diramava a tutti i comandi le sue tre pagine di risposta alla contestazione, le lettere di protesta (anonime per evitare di comparire davanti ai tribunali militari) sono affluite ancor più numerose nelle redazioni dei quotidiani e delle agenzie di stampa. I telegiornali nanno seguito, e ieri si è potuto assistere ad un'intervista ad un gendarme in servizio, nascosto nella penombra e con voce camuffata. Un metodo finora seguito per i banditi latitanti. Ma non c'era altra soluzione per evitare all'intervistato di finire in prigione. L'incontro di mercoledì prossimo al ministero sta assumendo l'aspetto di un duello finale tra il ministro della Difesa da una parte, e otto ufficiali, 28 sottufficiali e 51 gendarmi dall'altra. Tutti volontari tirati a sorte. Gli ufficiali saranno presenti perché cosi impone la gerarchia. In realtà sono proprio loro uno degli obiettivi della contestazione. Vengono accusati di scarsa comprensione verso i subordinati, e anche di scarsa preparazione. La gendarmeria è soprattutto un'arma di sottufficiali, esperti di lavoro «sul terreno». Gli ufficiali vi svolgono più che altro un ruolo amministrativo. La base li considera, a quanto pare, zelanti esecutori delle angherie del comando generale. Chevènement deve cambiare registro, e in fretta. Alle sue spalle si sta profilando minacciosa l'ombra di un personaggio che si credeva scomparso dalla scena pubblica: Charles Hernu, il ministro della Difesa che nel 1985 diede l'ordine di colare a picco in Nuova Zelanda il «Rainbow Warrior», battello di Greenpeace. Uno scandalo internazionale. Da allora Hernu, deputato socialista figlio di un maresciallo della gendarmeria, si era eclissato. Oggi i «gendarmi in collera» lo reclamano. Lo vogliono al posto di Chevènement. Ed è noto che Mitterrand è più vicino al fido Hernu — che ha subito proposto una piano per «salvare» la Gendarmeria — che a Chevènement, leader di una corrente d'opposizione nel Partito Socialista. Paolo Potetti Un gendarme durante una manifestazione politica a Parigi

Persone citate: Charles Hernu, Francois Mitterrand, Hernu, Mitterrand, Paolo Potetti

Luoghi citati: Francia, Nuova Zelanda, Parigi