L'APPARENZA REGNA A VARSAVIA

L'avventura dell'operario Lech L'avventura dell'operario Lech Walesa, un elettricista contro ilpotere Quand'era ancora il sindacalista Walesa, insultato dal regime e marcato stretto dalla polizia, aveva detto di sé: «Sono un equilibrista che cammina sopra una corda scivolosa tesa sopra il cortile di una prigione». Lech Walesa è caduto più volte, deriso dalla stampa comunista e beccato dai suoi stessi compagni di lotta. Ma non si è mai fermato, e adesso quella corda da acrobata sembra portarlo proprio diritto nel palazzo del potere, nell'ufficio del primo ministro. Tra i miracoli che la Chiesa polacca si ascrive, questa metamorfosi del candidato al carcere in candidato a guidare il governo è tra i più spettacolari. Per dare una scena alla magica trasformazione di Walesa, potremmo raccontare di una domenica del settembre scorso nel cortile della chiesa di Santa Brigida, a Danzica. Qualche settimana prima, undici delle dodici miniere della Slesia, in sciopero dalla metà di agosto, si erano arrese. Resisteva ad oltranza solo la «Manifesto di luglio», a Jastrzebie. Dopo conciliaboli tra regime e Chiesa a tra Chiesa e Solidarnosc, Lech Walesa era sceso là sotto, a mezzo chilometro di profondità; due giorni dopo era riemerso annunciando che anche la «Manifesto di luglio» accettava ora il compromesso concordato con la direzione della miniera. Ma era stata durissima. Lech Walesa «si era preso una secchiata d'acqua gelida in faccia», dicevano i minatori, raccontando di un'assemblea terribilmente aspra, risolta solo dal decisivo intervento della Curia locale. «Lech lo rispettiamo, ma è un perdente», sussurrava Krzystof Zakrzenski, giovane e arrabbiato presidente del comitato di sciopero della «Manifesto di luglio»). Quel 10 settembre Zakrzenski aveva ritrovato Walesa nel cortile di Santa Brigida, la chièsa di Solidamosc. Ed era rimasto a bocca aperta. «Lech ha la cravatta!». E anche il vestito blu al posto della camicia a scacchi, i baffi curati invece dei mustacchi da Asterix, ed era sceso da una lucida Mercedes nera, in tutto l'Est europeo emblema del potere. La Mercedes era di monsignor Henrik Jankowski, un omone atletico con gli occhiali a specchio e luccicante d'oro per via di anelli e pendagli, che aveva organizzato per le cineprese dell'Occidente, una trentina, gli Stati generali della Po¬ lonia. In chiesa, su tre file di sedie, c'era tutta l'intcllighentia cattolica, da Jerzy Turowicz, un vecchio amico del Papa, al regista Andrzej Wajda, e rappresentanti delle organizzazioni universitarie, di associazioni professionali, di comitati di sciopero della Slesia. Nell'omelia Jankowski si era rivolto a Lech Walesa, dandogli una specie di solenne investitura. Da quel momento l'elettricista dei cantieri Lenin era ufficialmente il campione del cattolicesimo polacco, cioè dell'opposizione. Pochi giorni dopo veniva intervistato per la prima volta da un giornale del regime e incontrava il ministro degli Interni, in un villino alla periferia di Varsavia, per concordare le tappe del negoziato tra Solidarnosc e partito comunista. La «corda sdvolosa» che Walesa ha percorso fino in fondo gli si era tesa davanti negli Anni Settanta, quando la sua retorica rudimentale ma efficace insegnò agli operai di Danzica e di Radom che ribellarsi non era solo giusto, ma anche possibile. Ma è dopo i mesi ruggenti del 1980 e il colpo di Stato compiuto da un regime sull'orlo del tracollo che Walesa diviene dò che è stato in questo decennio: l'uomo-simbolo di un'opposizione tenace e non violenta, più che un capo o uno stratega politico, ruoli per i quali non ha la vocazione e forse neppure le capacità. In quanto simbolo viene ricevuto dal Papa, nel 1980; finisce in campo di internamento, per un anno, nel 1981 ; riceve per la sua attività il premio Nobel per la pace, nel 1983; diventa il bersaglio fisso delle penne più zelanti del regime, che lo irridono come «ubriacone», come «cadavere politico». E in quanto simbolo viene sacrificato sul tavolo dell'armistizio tra il cardinale Glemp e il generale Jaruzelski. Walesa torna in silenzio al vecchio lavoro: per gli operai più giovani, per l'ala radicale di Solidamosc, adesso è il simbolo di una sconfitta. Finché la corda scivolosa toma a tendersi, e lui improvvisa l'ultima acrobazia. Ispirato dal gruppo storico dei suoi consiglieri, si fa diplomatico e politico, rassicura Mosca, blandisce e minaccia il partito. Ora il miracolo potrebbe compiersi. Walesa non ha ucciso il Drago, come san Jerzy, ma gli è salito in groppa e prova a cavalcarlo. Ig. r.J Lech Walesa (in alto a destra) nel 1980 durante gli scioperi ai cantieri Lenin di Danzici

Luoghi citati: Danzica, Danzici, Mosca, Santa Brigida, Slesia, Varsavia