L'appello a negoziare

L'appello a negoziare L'appello a negoziare La Siria non ascolta il Papa CITTA' DEL VATICANO. Il Papa vuole andare in Libano; e anche se è stato «consigliato di soprassedere per il momento a motivo della situazione» non è affatto escluso che a breve termine si assista a una decisione clamorosa. «Proprio adesso, ancora di più sento l'interiore imperativo di recarmi in Libano. Prego affinché non mi vengano frapposte difficoltà nell'adempimento di questo ministero pastorale», ha detto martedì, festa dell'Assunta, leggendo le non molte righe di un messaggio scritto di suo pugno, e in cui alcuni dei concetti più importanti — quale quello di «genocidio» — sembra che Giovanni Paolo II abbia voluto aggiungerli in una seconda fase di stesura, dopo aver riflettuto a lungo e aver ricevuto le ultime, drammatiche notizie dalla capitale libanese. Il Papa ha pregato «in nome di Dio» la Siria di sospendere i bombardamenti della zona cristiana: «Noi. si assuma l'atteggiamento di Caino che si rese colpevole della morte del fratello»; la Siria e il Vaticano hanno rapporti diplomatici regolari, ma le pressioni ripetute da parte della Santa Sede su Da¬ masco per arrivare a una soluzione negoziale della crisi libanese non hanno finora sortito nessun effetto. Né miglior fortuna ha avuto una richiesta diretta del Papa, ad aprile, al neo-ambasciatore siriano Hunain Natem. Nello stesso modo pare che debba cadere nel vuoto l'accorato appello di martedì, pronunciato da Giovanni Paolo II con la voce rotta dall'emozione. Damasco ha fatto sapere ieri di non voler accettare pressioni tendenti a modificare il suo ruolo in Libano. «Dinanzi agli occhi di tutto il mondo — ha detto il Papa — si sta consumando un processo direi di genocidio, un processo che coinvolge la responsabilità dell'intera società internazionale. E' il processo che sta portando alla distruzione del Libano». Particolarmente forti le accuse nei confronti della Siria: «Anche per la vita intemazionale vale il principio secondo cui non è lecito recare danno al più debole, non è lecito uccidere il più debole. Chi così opera è colpevole sia dinanzi a Dio, giudice supremo, sia dinanzi alla giustizia della storia umana»; ma la «colpa morale», ha aggiunto Giovanni Paolo II, grava anche su coloro che, potendo farlo, non difendono chi è in difficoltà. E Giovanni Paolo II ha letto una frase in francese scrittagli da Bierut: «Dai nostri rifugi sotterranei sotto il fischio delle bombe e l'esplosione degli obici che scuotono le nostre case ancora in piedi, gridiamo verso di voi il nostro de profundis». Il Papa ha confessato di ritrovarsi «ogni giorno nelle preghiere in pellegrinaggio laggiù», e anche se «più di una volta» ha desiderato recarsi in Libano, «per quanto riguarda la mia presenza fisica nella regione e il mio ministero pastorale tra quei fratelli, sono stato consigliato di soprassedere». Ma la situazione «ulteriormente peggiorata» gli è di sprone a compiere il viaggio. E la frase: «Pre- ?;o affinché non mi vengano rapposte difficoltà nell'adempimento di questo ministero pastorale» suona come un'esplicita richiesta di lasciapassare alle potenze, regionali e non, che potrebbero agevolare o bloccare la missione. La cui realizzazione spetta ora alla diplomazia vaticana, forse un po' sorpresa dall'iniziativa pontificia. Se potrà realizzarsi, quando si farà il clamoroso viaggio papale? «Speriamo che il Libano possa riceverla il più presto possibile»: così si conclude una lunga lettera dell'Associazione dei Libanesi Cristiani in Italia, una lettera di ringraziamento al Papa e di accuse alla comunità internazionale — Francia esclusa — che assiste «freddamente a un genocidio che rischia di cancellare l'unica e ultima avanguardia di convivenza e di democrazia nel Medioriente». Altrettanto entusiastiche le accoglienze che le parole di Giovanni Paolo II hanno avuto in Libano, dove le comunità cristiane, secondo quanto ha dichiarato ieri alla Radio Vaticana un prelato maronita, «vivono nell'attesa di questo avvenimento». L'appello di martedì scorso è il decimo da Pasqua pronunciato dal Papa in relazione alla crisi libanese. Martedì pomeriggio a Castel Gandolfo il Pontefice ha ricevuto Alain Decaux, inviato da Mitterrand con un messaggio sulla situazione mediorientale. Marco Tosarti

Persone citate: Alain Decaux, Giovanni Paolo Ii, Mitterrand