La pasionaria birmana

La pasionaria birmana BIRMANIA A un anno dalla rivolta Aung San Suu Kyi sfida i militari La pasionaria birmana Digiuna per essere rinchiusa in carcere con i suoi seguaci II regime ha messo agli arresti domiciliari tutta la sua famiglia LONDRA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE La democrazia ha tre straordinarie paladine in Asia: Benazir Bhutto in Pakistan, Corazon Aquino nelle Filippine, Aung San Suu Kyi in Birmania. Ma mentre !e prime due hanno conquistato il potere, Aung San Suu Kyi è ancora nella morsa di un brutale regime militare, deciso a spezzare ogni minaccia alla sua ferrea egemonia. Prigioniera, con l'intera famiglia, nella sua casa a Rangoon, dove non può ricevere né lettere né telefonate, la signora, una donna di 44 anni, è alla terza settimana di uno sciopero della fame. Sciopera non per essere liberata, ma per essere trasferita alle stesse roventi carceri in cui il governo ha rinchiuso migliaia dei suoi seguaci. Stati Uniti e Comunità europea hanno inviato a Rangoon proteste severe. Non soltanto porgli arresti domiciliari inflitti ad Aun San Suu Kyi, senza alcuna imputazione formate, non soltanto per aver atteso fino a ieri prima di concedere il benestare a un breve incontro del marito, Michael Aris, studioso ad Oxford di Civiltà asiatiche, con un diplomatico britannico;, ma anche per l'aspra ed implacabile repressione di ogni dissenso. Oltre 6000 persone sono in Salerà; un decreto ha innalzato numero dei tribunali militari da 5 a 12; a tre condannati a morte si è negato il diritto all'appello. Povera Birmania. Oggi è in miseria, tutto è fatiscente, tutto crolla: ma non per colpa della sfortuna o delle ex potenze coloniali. Come altri Paesi del Terzo Mondo, la Birmania si è suicidata inseguendo fantasie politico-economiche. Con 38 milioni soltanto di abitanti, era destinata ad essere un'isola di ricchezza, possiede risorse straordinarie: petrolio, piombo, zinco, rame, nichel, tungsteno, caucciù, legname, pietre preziose, terre fertilissime. Ma per quasi trent'anni, il generale Ne Win ha imposto alla nazione il suo regime, «la strada birmana al socialismo», una mistura letale di statalismo, militarismo, xenofobia, paranoia. Nell'87, l'Onu includeva la Birmania fra i Paesi «meno sviluppati». Tutte le speranze hanno adesso un solo nome, Aung San Suu Kyi. E' una storia stupefacente. Suu Kyi, una bella signora, è la figlia del generale Aung San, un eroe nazionale, morto nel '47, l'uomo che diresse la guerra d'indipendente contro gli inglesi. Ouando compì 15 anni, la fanciulla lasciò Rangoon e da allora è sempre vissuta all'estero. S'è laureata ad Oxford e a New Delhi, s'è specializzata in «Orientai and Afri can Studies», ha lavorato per l'Onu, ha passato mesi negli archivi nipponici. Ha una casa ad Oxford, dove vive con il marito ed i due figli, uno di 16 e l'altro di 13 anni. L'estate scorsa era a Rangoon per caso, per curare la madre. In quei giorni, Ne Win si dimise, esplose un'insurrezione. Per non perdere il potere, i militari fanno strage, peggio che in Cina. * mmazzano in un solo giorno 3000 civili disarmati. Aung San Suu Kyi emerge dall'ombra, mezzo milione di persone accorre a un suo comizio, il 26 agosto, dinanzi alla pagoda Schweidagon. Nasce, sotto la sua leadership, una National League for Democracy. I militari promettono elezioni, ma frattanto soffocano ogni voce. Ora, a un anno da quella protesta nazionale, il regime vuole impedire ogni celebrazione, ogni rito e, consapevole del carisma di Aung San Suu Kyi, ha privato della libertà lei e l'intera sua famiglia. Ma ormai la donna incarna tutte le aspirazioni. La sua immagine è venerata in tutte le case. Prima o poi, i generali dovranno accettare una consultazione popolare. Aung San Suu Kyi potrà affiancarsi allora a Corazon Aquino e a Benazir Bhutto. Mario Ciriello Aung San Suu Kyi. leader dell'opposizione birmana, ad un comizio

Persone citate: Aung San, Benazir Bhutto, Mario Ciriello Aung, Michael Aris