Carter, la rivincita dell'onestà

Carter, la rivincita dell'onestà Cacciato dalla Casa Bianca, deriso dai giornali, l'ex Presidente è diventato un apprezzato consigliere e mediatore Carter, la rivincita dell'onestà Missioni a Panama, in Medio Oriente e Etiopia, il Nicaragua lo vuole come garante per le elezioni Uno storico: la riabilitazione nasce anche dalla fine del mito di Reagan, il suo rivale WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Tra le rare resurrezioni politiche della storia americana, una sola è più clamorosa della sua: quella di Richard Nixon, il Presidente più temuto dalla fine della guerra, «un uomo — scriveva sprezzante il New York Times — da cui nessuno comprerebbe mai un'auto usata». Ma su Nixon, consigliere occulto ieri di Reagan, oggi di Bush, Jimmy Carter ha un vantaggio enorme: ispira fiducia, e sempre più spesso gli vengono affidate missioni delicate, negli Stati Uniti e all'estero. Cacciato dalia Casa Bianca otto anni e mezzo fa, ritorna a testa alta, da ••tumesi broker», onesto mediatore, nelle crisi più gravi. E' la rivincita sognata durante l'esilio delle rosse colline della Georgia. 11 carnet di Carter riabilitato è impressionante. Ad aprile, ha diretto insieme con un altro ex Presidente, Jerry Ford, una commissione di saggi, repubblicani e democratici, sul deficit dello Stato americano. A maggio, ha guidato un gruppo di osservatori intemazionali nelle elezioni a Panama, denunciando i soprusi di Noriega. A giugno, ha condotto una missione esplorativa personale in alcuni Paesi in Medio Oriente. I) mese scorso, l'Etiopia e il Sudan si sono rivolti a lui, dicendosi pronti a mandare le loro delegazioni al suo Centro Studi di Atlanta. Questa settimana, il Nicaragua gli ha chiesto di sorvegliare il processo elettorale del prossimo febbraio. Prima richiesto dal soia Deng Xiaoping, che gli è debitore della ripresa d"i rapporti diplomatici Stati Uniti-Cina, Jimmy Carter gode ora del rispetto di tutti i potenti della Terra. Persino 1 mass media americani, così spietati con gli sconfìtti, hanno rivalutato Carter. L'ex Presidente non è più il bersaglio delle vignette sui giornali, ma il guru dei «talk shows» radiotelevisivi. Un tempo deriso per il suo discutibile senso dell'umorismo, Carter viene adesso elogiato per la sua obiettività e il suo buon senso. La sua nota parsimonia, che si manifestava nei moniti al Paese a vivere più modestamente, non passa più per iettatura, ma per consapevolezza del lento declino dell'impero. Al cospetto di quella del suo successore - -il figlio ballerino e la figlia attrice di Ronald Reagan — la sua viene ricordata come una famiglia modello. «Senza dubbio — ci dic2 lo storico Gary Wills, il biografo critico di Reagan — sulla rinascita di Carter ha influito la smitizzazione dei suoi rivali: Reagan e Khomeini. A meno di otto mesi dal suo addio a Washington, Reagan non appare più un grandissimo Presidente. Scossa dagli scandali finanziari e dalle ingiustizie sociali, l'America si rende conto che la sua politica interna fu per lo meno miope. I suoi successi di politica estera, poi, sono opinabili: molti vanno attribuiti a Gorbaciov, altri mascherano paralisi pericolose, ad esempio in Medio Oriente». Quanto a Khomeini, aggiunge Gary Wills, «l'Iran di oggi è un monumento ai suoi errori: un Paese sconfìtto, tornato al Medioevo, isolato politicamente, povero. E' solo questione di tempo: i successori cambieranno rotta, come accadde a Stalin e a Mao». E' significativo che di Carter l'America oggi rammenti di più la pace di Camp David tra l'Egitto e Israele, e meno l'umiliazione degli ostaggi dell'ambasciata Usa a Teheran, «in ogni caso non così profonda come il dolore per il massacro dei 270 marìnes uccisi a Beirut sotto Reagan» ha notato il New York Times. Non ha dimenticato l'inflazione e la recessione deH'80, ina neppure gli sforzi di Carter j per l'infanzia, i neri, i senzatetto, i cittadini di serie B del reaganismo. Soprattutto, paragonato ai leader del partito democratico, l'ex presidente sembra un gigante. Fritz Mondale, Michael Dukakis, la signora Geraliine Ferrare, Gary Hart, si collocano accanto a lui «come i nani accanto a Biancaneve», commenta Wills. La battuta sferzante di Nixon, «Jimmy who?>, Jimmy chi, si addice a ioro. Alla riabilitazione di Carter ha contribuito Bush. All'ingi'es- so alla Casa Bianca, uno dei primi gesti di Bush fu di tenere Carter informato delle sue decisioni, e di consultarsi con lui sulle questioni più importanti, cortesia che Reagan gli aveva rifiutato. Non è un mistero che oggi Bush considera Carter un punto di riferimento più utile del suo predecessore per il disarmo — Carter concluse il trattato Salt 2 sulla limitazione delle armi strategiche —, per la politica medionentale e per quella verso il Terzo Mondo. L'America che conta ammette con rammarico di aver sbagliato. Questo ex Presidente dall'aspetto un po' dimesso ma molto intelligente, dalle buone intenzioni ma manager mediocre, che il giorno dell'insediamento andò a piedi dal Congresso alla Casa Bianca, e che tutto sommato guarì il Paese dalle ferite del Watergate e del Vietnam, meritava certamente di essere trattato meglio. «Il problema di Carter — sostiene Wills — è che non possedeva la comunicativa di Reagan. Al vecchio Ronnie gli americani hanno perdonato tutto. Se a Carter fosse capitato un Irangate, non se la sarebbe cavata di sicuro, avrebbe fatto la stessa fine di Nixon». Quando sente parlare di resurrezione politica, Jimmy Carter s'irrigidisce. L'ex Presidente non ha mai perso la sua dignità, nella natia Georgia è sempre rimasto l'eminenza grigia del partito democratico, e ancora oggi le minoranze dell'intera America lo giudicano il loro vero paladino. Ha dato vita al Centro Studi ad Atlanta, ha scritto tre libri, uno di memorie, uno con la moglie sulla vita alla Casa Bianca, un altro sulla politica contemporanea. Su invito ufficiale, si è recato spesso all'estero. I suoi momenti di libertà li ha dedicati ai senzatetto, costruendo case gratis. Lo ha tenuto occupato anche l'ultimogenita, Amy dai capelli rossi, che ha condotto una campagna personale contro la Cia ali università, facendosi arrestare. Inevitabilmente, la sua rinascita ha generato voci di una sua candidatura alla Presidenza nel '92, o di una della moglie al Senato o alla Camera. Ma Carter è convinto che l'America abbia bisogno di un uomo più giovane, Mario Cuomo a esempio, e sua moglie non vuole più lasciar White Plains, la cittadina georgiana dove allevò i figli. Dopo la morte dell'anziana madre e del fratello Billy, ucciso dai cancro, Carter ha ceduto l'azienda di noccioline, su cui tanto ironizzarono giornali e tv. Ma ama la vita di campagna, i boschi, la pesca. Farà volentieri il politico a pieno servizio per missioni speciali, concedendosi però lunghi periodi di riposo. «Ho rimpianti, certo — ha detto in un'intervista —. Ma è giusto che la ruota giri». Ennio Carette L ex presidente Cvter, dall oblio polit'to al ruolo di supermediatore