I SONAGLI SICILIANI UN PIRANDELLO SCONOSCIUTO

I SONAGLI SICILIANI UN PIRANDELLO SCONOSCIUTO I SONAGLI SICILIANI UN PIRANDELLO SCONOSCIUTO ECCO un libro che i lettori e gli appassionati di Pirandello dovranno tenere molto caro, tanto quanto gli «Amorì senza amore» appena pubblicati da Giovanni Macchia negli Oscar Mondadori. Questo Odissea di maschere, curato da Sarah Zappulla Muscarà, (ed. Giuseppe Maimone, pp. 523, pp. 38.000) non riporta soltanto alla luce un dramma di Pir, . lello, 'A birritta cu 'i ciancianeddi, sinora vissuto di seconda mano, ma ne ricostruisce la storia, contorta come un tronco d'ulivo, e la colloca in un'altra storia più vasta e sfrangiata: è la stona mai del tutto nota del teatro dialettale siciliano negli anni di primo secolo che ebbero in Capuana, De Roberto, Martoglio, Giovanni Grasso, Musco e — naturalmente — Pirandello i loro indomabili, rissosi, san¬ guigni protagonisti. 'A birritta cu 'i ciancianeddi è matrice del più conosciuto Berretto a sonagli. Pirandello la ricavò, come farà altre volte, da due novelle, Certi obblighi e Verità, apparse sul Corriere della Sera nel 1912. Non ha mai avuto un'edizione a stampa, forse perché è sempre stata considerata un enigma: troppe cancellature, troppi ripensamenti, troppi passi biffati o omendati. Da non raccapezzarcisi. Poiché Pirandello scriveva per la scena e, contrariamente a quanto si crede, accettava spesso i suggerimenti degli attori, Sarah Zappulla Muscarà ha pensato di confrontare quel manoscritto martoriato con il testo consegnato per la rappresentazione ad Angelo Musco. Non c'è molta difformità tra la vicenda in lingua dello scrìvano Ciampa e quella vernacola di Don Neciu Pàmpina. Entrambe seguono quel tortuoso itinerario di tradimento e d'onore che dovrà deflagrare nella follia finale. Ma l'edizione in italiano appare semplificata (anche il numero dei personaggi è minore) e, soprattutto, ha un finale drammatico, sospeso su una gelida disperazione, mentre 'A birritta termina con una buffonerìa grottesca, voluta quasi certamente da Musco per alleviare la tensione del pubblico. Ciampa conclude il suo calvario di uomo onesto e tradito con «un'orribile risata, di rabbia, di selvaggio piacere e di disperazione a un tempo»; Don Neciu, al contrario, si rivolge al delegato di polizia e gli raccomanda di non risposarsi semmai restasse vedovo: «'lividi... chi tocca fari a un poviru maritu...*. Come se ci trovassimo al termine di una brillantissima farsa. Scrìvere per Musco fu la delizia e la croce di Pirandello. L'attore era incolto e rozzo, ma era un autentico genio istrionico e, quel che più contava per un drammaturgo in ascesa, «chiamava». Si comprende perché Pirandello fosse preda di sentimenti ambigui: da una parte sollecitava 1 interpretazione dell'attore catanese, dall'altra temeva l'erompere della sua comicità, il suo abbandonare alla farsa, perdendo la misura. Pirandello se ne lamentò spesso, ma Musco era il passaporto più efficace di un'arte non facile, non immediata, che usava il dialetto non per dare colore impressionistico ai personaggi ma per scelta espressiva. Erano gli anni in cui si dialettizzava persino La figlia di Jorio che, dopo la traduzione napoletana di Eduardo Scarpetta, ne ebbe una siciliana firmata da Borgese. Operazioni corrive, magari opportunistiche. Pirandello non condivide va quella lingua franca, quell'esperanto teatrale buono soltanto a suscitare un rìdere grasso. Per lui scrivere in dialetto significava far opera di filologo. L'idea gli fu chiara da sempre e lo dimostra una lettera ai genitori del 1890, dopo l'esordio poetico a Bonn. Scriveva: «Al giorno d'oggi non si possono fare due mestieri, O buon poeta e buon filologo». Finì col fare il buon filologo, ma «arrotondando» la lingua agrigentina, smussandola. Tuttavia anche il buon filologo ebbe vita breve. Irato per le «appendici farsesche» di Musco ai suoi «lavori d'arte», Pirandello scriveva a Martoglio: «il teatro siciliano per me e finito. Se qualche altra cosa mi avverrà di scrivere per la scena, la scriverò in italiano». Scriverà i Set personaggi in cerca d'autore. Osvaldo Guerrieri Si riscoprono le nocelle pùmuu/i di Pirandello eisuoi pruni testi dialettali

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