Parliamone Il signor testo tornerà in scena? di Gianni Vattimo

ILSIGNOR TESTO TORNERÀ' IN SCENA? Parliamone ILSIGNOR TESTO TORNERÀ' IN SCENA? vari festival estivi che si sono svolti o si stanno ancora svolgendo in Ita- so ancora una volta sotto gli occhi un fenomeno imponente, non sappiamo se in crescita ma sempre di proporzioni rilevanti, che riguarda il rapporto del teatro con la propria tradizione testuale, con il repertorio. Non solo è frequentissimo il caso di attori registi che intervengono pesantemente sui testi che mettono in scena, rendendoli spesso irriconoscibili a Chi, per esempio, li abbia letti nelle edizioni stampate. Soprattutto, sempre più frequente è il caso di spettacoli «di e con» — cioè di messe in scena che non interpretano testi d'autore, ma che presentano testi fatti ad hoc dagli stessi interpreti registi, o addirittura non presentano alcun «testo», ma solo azioni che seguono una sceneggiatura non scritta, che nasce e muore con 10 spettacolo, e lascia dietro di sé, al massimo, il documento di una videocassetta. E' come se, nelle sue punte più avanguardistiche — e spesso, non dobbiamo dimenticarlo, più geniali ed esteticamente significative — l'avanguardia teatrale volesse azzerare il rapporto con la tradizione: quando ancora vi si richiama, lo fa solo dichiarando un distacco che si manifesta nella manipolazione illimitata dei testi; e nei casi estremi, non riprende dalla tradizione se non la forma del teatro, da riempire con testi del tutto nuovi o addirittura — come accade più di frequente — da contestare attraverso una riduzione dello spettacolo a presentazione, azione scenica che non rappresenta nulla se non se stessa, le proprie tecniche, i corpi e le voci degli attori. Viene in luce in questi casi estremi (abbiamo presente, tra quelli più intensi e significativi, l'esempio de La Fura dels Baus, un gruppo catalano molto noto anche in Italia) che uno dei rischi, se è tale come a noi pare, dell'avanguardia teatrale è l'esito narcisistico a cui va incontro 11 proposito di ridurre lo spettacolo all'essenziale: tolti tutti i compromessi con i valori ideologici trasmessi dalla tradizione e dal repertorio, ciò che resta sulla scena sono solo gli attori, i loro movimenti, le loro voci spesso anch'esse usate in funzione non verbale, per sfuggire a quell'ultimo pericolo chee la parola articolata, già sempre compromessa con gli ordini del discorso... Il teatro di riduce qui a un rapporto puramente duale, tra gli attori e il pubblico, senza quel terzo termine che costituiva il loro orizzonte comune, e che era la tradizione testuale, il repertorio. Allora è forse fatale che venga meno ogni interesse essenziale per il teatro: la sua crisi ha probabilmente anche qui una delle proprie radici. Certo, si dirà che la situazione dell'avanguardia teatrale senza repertorio e senza testi è analoga a quella delle arti visive, che anch'esse non «rappresentano» più. Ma proprio in queste arti si è aperto negli ultimi anni un vasto movimento per superare lo spirito dell'avanguardia, che implica anche il ricupero di un rapporto positivo con la tradizione e persino con la rappresentazione. Accadrà anche nel teatro qualcosa del genere? Gianni Vattimo

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