Et voilà: Chevalier!
Et voilà: Chevalier! Una mostra di caricature e di quadri viaggia per la Francia Et voilà: Chevalier! Charles Kiffer, il pittore dell'ultimo music-hall parigino, ha riunito una miriade di opere dedicate al suo grande amico Una grande mostra di disegni, caricature e quadri gira con successo nelle principali località turistiche e mondane. E' una mostra di Charles Kiffer, il pittore dell'ultimo music hall parigino, che ha riunito una miriade di opere dedicate al suo amico e idolo Maurice Chevalier. L'esposizione — lo annuncia del resto raffiche intitolata Maurice aurait cent ans — è carica di nostalgia, soffusa di eleganza. Kiffer ha ritratto e favoleggiato Chevalier nei più diversi atteggiamenti: sinuoso nò più nè meno che una carnale foglia, cangiante come in un'ombra degl'impressionisti, lineare in due tratti di penna. In copertina nel catalogo spicca il manifesto più celebre: una paglietta e una bocca che sormontano la Tour Eiffel. Indubbiamente Kiffer ha colto nell'istrione l'aspetto autentico, che oggi sembra lontano. Chevalier rappresentava la Parigi disincantata e gaudente che con una punta atroce di malinconia ci veniva dagli acquerelli di Degas e dagli schizzi di Toulouse-Lautrec: un uomo solo sul piccolo palcoscenico che canta d'un amore perduto, una fila di ragazze vistose che irrompono allontanando ogni pensosità, echi lontani di accordéon e di violini che suonano il valzer musette. E per giunta qualche tratto della vita sfiorava il melodramma: l'infanzia con un padre ubriacone e una madre sfibrata dalla fatica nel quartiere povero di Ménilmontant, la passione totale (e proficua) per Mistinguett che era già diva, la prigionia sotto i tedeschi, la spola tra Ville Lumière e Broadway, i successi nel cinema a Hollywood, il ritorno nel dopoguerra, le mille serate d'addio e naturalmente le belle donne: Josephine Baker, Marlene Dietrich, Colette che gli dedicava una foto con seno nudo e bianco, la giovane e triste Edith Piaf. Il sorriso smagliante non teneva conto del labbro rincagnato. Il modo di porgere più che di cantare le strofe lo rendeva inimitabile. Una scherzo quale Valentine o una sciocchezza quale La Tonkinoise si perdevano nell'interpretazione degl'imitatori. Con un certo orgoglio la sua piccola corte proclamava che davvero Maurice rappresentava la Francia; Ora questo può essere sbagliato. I registi della Nouvelle Vague ironizzavano sulla sua reale consistenza, c'è chi sottolineava che era coetaneo e forse più brutto della pariginissima Tour Eiffel. Ma rimangono i suoi film per scoprire chi fo: se veramente Maurice Chevalier: La vedova allegra dove Lubitsch in una sinfonia di bianco e nero gli consente quasi di chiamare a nuova vita la reclusa Jeannette McDonald, Il silenzio è d'oro quando suggerisce a René Clair di dipingerlo come un signore gentilmente sorpassato che costituisce l'esaltazione estrema dell'amore e dello spettacolo. Piero Perona
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