Qualche considerazione in margine all'operazione «Belardinelli libero»

Qualche considerazione in margine all'operazione «Belardinelli libero» |*~ Linea dura, ma per legge~ ~| i Qualche considerazione in margine all'operazione «Belardinelli libero» Il sequestro Belardinelli, l'intervento dei Nocs, la sua liberazione hanno costituito motivo di riflessione politica su due questioni: il blocco dei beni dei familiari del sequestrato e le scarcerazioni per decorrenza dei termini. Oggi, dopo la liberazione dell'ostaggio, si plaude alle iniziative della polizia e della procura fiorentina con la stessa superficialità con cui si sarebbe gridato al «crucifige» in caso di esito infausto. Problemi di questo genere non vanno mai affrontati sotto l'urgenza del momento e la spinta dell'emozione, ma con pacata razionalità. Il sequestro di persone, salvo poche eccezioni, ha esclusive finalità di lucro. Tutti i delitti di questo genere proliferano quando è alto il guadagno e basso il costo, in pratica quando il rapporto tra denaro ricavabile, difficoltà per ottenerlo e rischio che si corre è inversamente proporzionale. E' del tutto ovvio, dunque, che sul piano logico-teorico la cosiddetta «linea dura», aumentando il costo dell'operazione criminosa (maggiori difficoltà, maggiori rischi), riduce la sua appetibilità. Ben vengano, dunque, il blocco dei beni del sequestrato e dei suoi familiari nonché qualsiasi altro strumento idoneo a rendere più ardua la riscos sione del prezzo del riscatto. Purché, però, anche per sviluppare al massimo la sua funzione di prevenzione, il blocco e gli altri strumenti abbiano carattere tassativo e generale. Lasciare ad un singolo magistrato la decisione della linea da adottare significa attribuirgli una responsabilità ed un potere impropri ed eccessivi, con scarsa efficacia deterrente ed. il rischio di determinare disparità di trattamenti. Solo il legislatore può farai carico di una iniziativa del genere, imponendo con una legge chiara, per sua natura efficace verso tutti e sull'intero territorio nazionale, il blocco automatico dei beni del sequestrato e dei suoi familiari. Sempre con legge potranno essere adottate altre misure che rendano concretamente più difficile il pagamento del riscatto riducendo il ricorso a forme indirette o surrettizie di finanziamento. Pur essendo questa la soluI zione migliore è però necessa- rio muoversi con molta cautela e grande precisione tecnica, evitando rigori impraticabili e mantenendo un sano senso del realismo. Anche la migliore delle leggi e la più efficiente delle polizie non riusciranno mai ad impedire del tutto che il riscatto venga pagato. Nel sequestro di persone entrano in gioco valori e sentimenti troppo alti perché possano essere ricondotti entro l'angusto spazio di regole giuridiche. Una volta scelta, come appare opportuno, la cosiddetta linea dura, deve accettarsi che venga meno o diminuisca notevolmente la collaborazione dei familiari dell'ostaggio. La proposta di imporla per legge appare giuridicamente impraticabile e praticamente inutile. I parenti dell'ostaggio agiscono in un evidente stato di necessità che rende non perseguibili i loro comportamenti ed, in ogni caso, il timore di una sanzione non sarebbe neppure avvertita di fronte al terrore di perdere la persona cara. Anche l'iniziativa di impedire od ostacolare qualsiasi forma di finanziamento bancario deve essere valutata con molta attenzione, sia perché potrebbe ripercuotersi negativamente sull'eventuale atti¬ vità imprenditoriale del sequestrato sia perché non tiene conto delle articolazioni intemazionali degli istituti di credito e delle normative vigenti in altre nazioni. Cosi come sarebbe assai difficile congelare le polizze antisequestro concluse con società assicuratrici multinazionali. Al sequestro Belardinelli hanno preso parte attiva due personaggi ben noti alla giustizia, processati e condannati, ma posti in libertà per decorrenza di termini. Un particolare questo che il ministro Vassalli ha voluto sottolineare nella sua relazione al Senato sul problema delle scarcerazioni per decorrenza di termini. La gravità del fenomeno è tale da provocare in alcuni settori un ripensamento sull'opportunità di mantenere gli attuali limiti temporali alla detenzione preventiva. Ciò che più lascia perplessi di questo strisciante orientamento e il modo in cui si affronta la questione, guardando agli effetti anziché alla causa. Come se per porre riparo ai cronici ritardi dei treni si cambiasse l'orario invece di aumentare la velocità. I termini attualmente in vigore sono oggettivamente congrui, di certo non piti stretti di quelli stabiliti in molti altri Paesi europei. Se in pratica risultano insufficienti è perché la macchina giudiziaria funziona male e poco. Le ragioni sono molte e diverse: un codice penale vecchio e con troppe ipotesi di reato, strutture giudiziarie paurosa mente inadeguate, pessima distribuzione dei magistrati, modalità operative poco razionali, impegno e preparazione non sempre all'altezza. Sono questi gli aspetti del problema, non i tempi massimi di carcerazione preventiva il cui contenimento risponde a chiari principi di civiltà giuridica e di rispetto della libertà dei cittadini. In tal senso, del resto, si muove il nuovo codice di procedura penale che, peraltro, si fa carico di situazioni particolari consentendo la sospensione dei termini massimi per evitare conseguenze socialmente pericolose come quella appena verificatasi della scarcerazione di quasi tutti i membri del clan dei catanesi a Torino. Giancarlo Ferrerò sro^j L'industriale Dante Belardinelli

Persone citate: Belardinelli, Dante Belardinelli, Giancarlo Ferrerò, Vassalli

Luoghi citati: Torino