La sfida del Giappone al mondo

La sfida del Giappone al mando Il messaggio dell'agenzia di Stato: le aziende devono espandersi all'estero La sfida del Giappone al mando Più tecnologia e basi in ogni Paese E l'economia cresce oltre il 5% MILANO. Era dal 1960 che in Giappone non si verificava un «boom» economico cosi lungo. E tutto lascia prevedere che non ci saranno ostacoli a questa fase di espansione, che dura da 31 mesi ormai, almeno fino alla prossima primavera. Sono le conclusioni raggiunte dagli esperti della Agenzia di pianificazione economica nel «Libro bianco» sull'economia giapponese. La scommessa degli economisti è riuscire a battere il record legistrato dal «boom Izanagi»: cinquanlasette mesi di crescila continua dall'ottobre 1965 al luglio 1970. E pare che il PauSC SÌu SUllu baoh.. iliadi!. Il Giappone ha superato senza difficoltà i problemi legati al rafforzamento dello yen verso la metà degli Anni Ottanta. Ed è pronto, ora, a entrare in una nuova fase, che coincide con la salita al trono del nuovo imperatore. Questa era economica sarà contraddistinta — secondo l'Agenzia — da prodotti più sofisticati, una maggiore internazionalizzazione delle attività svolte, una crescente accumulazione di ricchezza, e, soprattutto, dal dominio assoluto e incontrastato della domanda. Negli ultimi tre anni, infatti, il vero motore della crescita giapponese è stato proprio la domanda interna, che ha svolto il ruolo che fino al 1986 era stato delle esportazioni. Dopo un inizio folgorante del 1989 con il Prodotto nazionale lordo che viaggiava su tassi annuali superiori al 9%, i) secondo trimestre ha fatto registrare, però, qualche segno di cedimento. «Si tratta di un fenomeno temporaneo - spiega Tsulomu Tanaka, direttore generale della divisione ricerche dell'Ape, e autore del rapporto di quest'anno — legalo all'introduzione della lassa sul consumo lo scorso 1° aprile. I consumatori hanno preferito anticipare gli acquisti per non pagare il 4% in più imposto su tutti i beni di consumo. La domanda, invece, andrà stabilizzandosi nel corso dei mesi per attestarsi su un tasso molto vicino a quello dello scorso anno». Tanaka, quindi, preferisce mantenere una certa prudenza. Non intende, infatti, rivedere l'obiettivo ufficiale di una crescita del 4% nel Pnl, fissato per l'anno fiscale in corso dal governo d'intesa con l'Ape. Alla Banca centrale del Giappone, invece, sembrano essere più ottimisti. Il nuovo direttore dell'Ufficio studi dell'Istituto di emissione nipponico, Tatsuya Tamura, ha annunciato un aumento del Pnl del 5,1%. E nelle analisi condotte da enti privati il dato è appena inferiore. Il Giappone, insomma, è in una botte di ferro. Con una domanda cosi elevata il Paese risulta inattaccabile. E non sa ranno una crisi petrolifera o altri fattori estemi a causare un'inversione di tendenza. Dopo anni di sacrifici, quindi, i giapponesi iniziano a sperimentare una nuova Fiducia. Il mondo non può che arrendersi di fronte alla ricchezza di quelle che ha sempre considerato con une certa superiorità le formichine del Sol Levante. Il livello del reddito prò capite dei giapponesi è ormai superiore rispetto a quello degli Stati Uniti. Il prodotto nazionale lordo è maggiore di quello russo e circa il 60% di quello Usa. Nonostante l'espansione della domanda, e, quindi, delle importazioni, rimane irrisolto il problema principale dell'economia giapponese: il surplus commerciale rispetto agli altri Paesi. Le esportazioni, infatti, continuano a aumentare, per cui il saldo commerciale rimarrà all'incirca lo stesso, e, cioè, fortemente sbilanciato a favore delle multinazionali di Tokyo. Ma — come risulta dal rapporto — «il Giappone non può agire da riequilibratore degli scambi mondiali quando si verificano situazioni che dipendono da fattori intemi ai vari Paesi». E' il caso della domanda statunitense che è su livelli troppo elevati, e continua a rivolgersi ai Paesi stranieri. In particolare, il disavanzo commerciale con il Giappone ammonta a più di 52 miliardi di dollari. Il surplus commerciale non è l'unico problema individuato dal rapporto. La debolezza dello yen, che rende i prodotti giapponesi più cari sul mercato intemo che su quelli esteri, il sistema distributivo, la crescita vertiginosa del costo dei terreni, e l'orario di lavoro sono le difficoltà in cui si dibatte l'economia di Tokyo. La ricetta prevista e la «deregulation». Sono necessarie riforme pei stimolare le importazioni e, in generale, una maggiore apertura del mercato giapponese verso i Paesi esteri. E va ridotto l'orario di lavoro. Ma va cambiato anche tutto il settore edilizio e fondiario. Misure specifiche vengono previste per risolvere il problema della carenza di suoli, e della speculazione selvaggia nelle zone urbane. Il rapporto parla di modifiche al sistema imposi ■ livo e alla legge sui terreni in affitto, e dello sviluppo di concentrazioni fondiarie, che dovrebbero permettere ai proprietari un maggiore accumulo di risorse. Il «Libro bianco» chiede, poi, al governo di proseguire sulla strada intrapresa di una politi- ca fiscale neutra. Quindi non sarà necessario rinunciare all'obiettivo di una eliminazione totale delle emissioni obbligazionarie entro il 1990 a copertura del disavanzo di bilancio. Un accento particolare viene posto, invece, sulla necessità di non premere sull'acceleratore della politica monetaria per evitare la comparsa dello speltro dell'inflazione. La rincorsa dei prezzi viene vista, infatti, come l'unico elemento in grado di poter frenare quest'irresistibile crescita dell'economia giapponese. [f. ama.] GLI INVESTIMENTI ESTERI CON BASE TOKIO (IN MILIARDI DI DOLLARI] DAT11968 KJNtt • THE ECONOMISt-

Persone citate: Tamura, Tanaka, Tsulomu Tanaka