«Il mostro di Firenze? No, i mostri»

Per una partita a carte 76 morti La guerra tra le famiglie di Cittanova cominciò nel 71 : omicidi anche a Genova e a Torino Per una partita a carte 76 morti La faida più sanguinosa causata da un litigio al bar CITTANOVA DAL NÒSTRO INVIATO Il marmista Claudio Iorfida di 34 anni, ucciso martedì a rivoltellate nel suo laboratorio, è la settantaseiesima vittima della faida di Cittanova, cittadina nella piana di Gioia Tauro. Speranze che questa sia la fine della più sanguinosa delle faide ce ne sono poche. Luigi Malafarina, che nel «Codice della 'ndrangheta» per la prima volta ha rivelato le usanze più segrete della mafia calabrese, dice: «Non e possibile prevedere la fine di una faida. Si sa quando comincia perché si inciampa nei primi cadaveri, ma nessuno può stabilire quando verrà sparato l'ultimo colpo». Malafarina ritiene che a Cittanova le vendette cesseranno «quando da entrambe le parti non ci sarà più nessuno capace di imbracciare un fucile». C'è chi indica l'inizio della faida di Cittanova nel settem bre 1964, chi nel marzo 1971. Nel '64 Antonio Albanese, 16 anni, uccide l'agricoltore Domenico Gerace, amico della famiglia Facchineri. E' arrestato, rivela il nome del mandante, un mafioso della zona. Torna libero a Cittanova nel '71, capita in un bar dove è in corso una partila di passatella. Domanda: «Posso giocare anch'io?». Gli rispondono: «No perché sei un infame». I giocatori sono Facchineri che vogliono provocarlo. Antonio Albanese reagisce e Luigi Facchineri, un ragazzo di 24 anni, lo uccide con quattro rivoltellate alle spalle. Un'ora dopo il fratello di Luigi è ferito con una fucilata, riesce a scappare. Nella notte stessa si delineano gli schieramenti: da una parte stanno i Facchineri con i Marvaso, dall'altra gli Albanese con i Raso e i Gullace. Presto sono coinvolte altre famiglie. Un groviglio di parenti che hanno interessi comuni che vanno dai pascoli, al commercio dell'olio, all'edilizia. La faida si allarga agli amici e ai simpatizzanti dei clan. An¬ che andare al ricevimento di nozze oppure al funerale di un Facchineri o di un Albanese ha il significato di una scelta di campo. Pare che il marmista ucciso martedì fosse parente di un tale che si era fidanzato con una ragazza del clan Raso-Albanese. Dunque, una «vendetta trasversale». E' guerra di sterminio. Agguati in piazza. Nemici sorpresi in casa o nella campagna, fatti inginocchiare e «sparati» alla nuca. «Uccidi fino all'ultima generazione», è la parola d'ordine non scritta che si tramanda di padre in figlio. C'è anche un vecchio detto: «Chi va in galera mangia pane, chi ha offeso mangerà terra». Morti, feriti, latitanti sull'Aspromonte da dove scendono per i raid omicidi. La faida non si placa, e vi si inseriscono quelli chiamati «sciacalli delle faide» che approfittano della guerra tra due clan per vendette personali. L'aprile del 1975 l'episodio più atroce. Nel carcere di Reggio Calabria, approfittando del fatto che le celle sono tenute aperte per paura del terremoto, essendoci stata il giorno prima una scossa, un sicario uccide nel sonno Giuseppe Raso con una rivoltellata in bocca. Dieci giorno dopo, è Pasquet.ta, un furgone con cinque uomini irrompe nelle strade di Cittanova. Giuseppe Facchineri, di trentasei anni, è ucciso sulla porta di casa, sua moglie e il figlio di tre anni sono feriti con pallettoni. Nella fuga il commando vede in un canalone i fratelli Domenico e Michele Facchineri, di dodici e nove anni, che pascolano i maiali. Racconterà un testimone. Pasquale De Marte detto Zorro: «Dal furgone hanno sparato una fucilata a Domenico ma lo hanno mancato. Con la mani alzate il ragazzino implorava di essere risparmiato ed è stato ucciso con una raffica di mitra. Michele si era nascosto dietro una siepe ed è stato scoperto, gli hanno appoggiato la lupara alla nuca e hanno fatto partire il colpo». Non si scampa alla faida nemmeno fuggendo da Cittanova. Dieci anni fa due del clan Facchineri sono stati uccisi in una trattoria di Genova da quattro killer venuti dal Sud. Il gennaio scorso, a Sant'Ambrogio vicino a Torino, il muratore Urbano Curinga di ventidue anni è stato ucciso con quattro colpi di lupara. Suo fratello era «colpevole» di aver sposato una Facchineri. La faida di Cittanova sembra senza fine, viene definita la «catena di Sant'Antonio della morte». Faida significa inimicizia. Deriva dal francone «faihida». Nell'antico ordinamento germanico, portato in Italia dai Longobardi, era il diritto della famiglia di una vittima a farsi giustizia da sola: occhio per occhio, dente per dente. Ma la faida non è più solo il fenomeno tribale di un tempo, oggi ha stretti rapporti con la mafia. Le «famiglie» si sterminano nella convinzione che chi vince alla fine piglia tutto, appalti e controllo dei traffici legali e illegali. [1. e]