Il signornò dei gendarmi a Mitterrand
Il signornò dei gendarmi a Mitterrand FRANCIA Turni massacranti, paga scarsa, molti pericoli: cresce la protesta nelle caserme Il signornò dei gendarmi a Mitterrand Una lettera al ministro: siamo trattati come nel 1789 PARIGI NOSTRO SERVIZIO L'ira e la frustrazione aumentano di giorno in giorno tra i 92.000 gendarmi francesi. Turni massacranti, lavori dequalificanti (come pulire i vetri delle caserme), alloggi fatiscenti, poca «privacy», rischio continuo della vita per paghe irrisorie. I «carabinieri» di Francia sono giunti al limite della sopportazione. Negli ospedali militari i reparti TS, un eufemismo burocratico per indicare i tentati suicidi, sono pieni di loro commilitoni, in misura ben maggiore delle altre Armi dell'esercito. I casi di divorzio in seno alla gendarmeria sono ben più numerosi della media nazionale. Certe brigate, quelle più utilizzate nelle grandi città, accumulano fino a cento ore di lavoro settimanale per gendarme, per un milione e mezzo al mese. Ieri, dopo i colleghi della Savoia, della valle del Rodano, dell'Oise vicino a Parigi, anche i gendarmi della Borgogna hanno preso carta e penna ed hanno indirizzato una «lettera aperta» di quattro pagine al ministero della Difesa. Anonima, ovviamente, perché il dovere di riserbo sconsiglia firme pericolose. Quattro lettere del genere in pochi giorni. Non è certo un inizio di sciopero bianco, istituto lontano anni-luce dalla mentalità della gendarmeria. Ma è comunque una protesta che si sta allargando a macchia d'olio in tutte le caserme del Paese, e della quale il governo dovrà tenere conto. Finiti gli estenuanti controlli sulle strade delle vacanze, intasate da milioni di automobilisti, anche i gendarmi vorranno discutere la loro posizione normativa e contrattuale. Nella speranza di ottenere alcuni dei vantaggi dei colleghi agenti di polizia, che hanno diritto al sindacato, proibito per la gendarmeria, corpo militare. «La gendarmeria vive all'ora del Bicentenario. Se le sue tradizioni sono rimaste intatte, anche la sua evoluzione, e il modo di pensare, hanno duecento anni di ritardo» commenta un sottufficiale. All'interno dell'Arma le proteste, sia pure larvate, non sono gradite. E' regola — affermano tutte le lettere aperte inviate in questi giorni — che il subordinato scomodo sia ben presto invitato dal suo ufficiale superiore a mettersi in prepensione, se ne ha già i requisiti (bastano 15 anni di servizio), o a dimettersi. La frase-tipo sembra essere la seguente: «Meglio cosi che passare davanti ad un consiglio di disciplina. E poi la famiglia non saprà mai nulla...... Nessun comandante di brigata ha voglia di trasmettere «più in alto» le proteste dei suoi subordinati. Rapporti di tale tenore rischia¬ no di rallentare la carriera. Da qui la collera dei gendarmi più audaci, come coloro che hanno scritto le lettere e che sanno quanto l'anonimato sia relativo. Tutti i colleghi della loro regione — quindi anche i superiori — conoscono gli autori delle missive. «Noi vogliamo fare un mestiere da uomini ed essere considerati tali, non soldati stupidi e disciplinati fino all'ottusità, una macchina da riverenze» scrive il «gruppo di gendarmi della Borgogna». Un primo risultato sembra essere stato ottenuto. Il presidente della commissione parlamentare alla Difesa, il socialista Boucneron, ha incaricato un deputato di compiere una missione di informazione all'interno della gendarmeria. Secondo un'inchiesta del giornale dei gendarmi pensionati, «L'Essor», solo il 20% degli effettivi oggi vuole rimanere nell'Arma fino alla pensione. [p. p]
Persone citate: Mitterrand
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