L'Iran vuole un baratto

l'Iran vuole un baratto Continua il difficile dialogo indiretto tra Washington e Teheran l'Iran vuole un baratto Ostaggi per ifondi bloccati dagli Usa WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Il fragile dialogo indiretto tra gli Stati Uniti e l'Iran si è ieri intensificato, mentre la Sina appare il principale interlocutore di Israele e dell'Occidente per la soluzione della crisi degli ostaggi in Libano. Si rafforzano le speranze di Bush che i contatti segreti in corso consentano progressi, anche se a Beirut Hezbuilah ha minacciato di non negoziare se prima gli israeliani non libereranno lo sceicco Obeid, sequestrato due settimane fa. L'Iran ha proposto agli Stali Uniti il rilascio degli ostaggi in cambio della restituzione dei capitali iraniani congelati nelle banche Usa, alcuni miliardi di dollari. La risposta americana è stata formalmente negativa, ma nella sostanza possibilista. La Casa Bianca, ha dichiarato il portavoce Fitzwater, «respinge qualsiasi collegamento tra gli ostaggi e i beni sequestrati». Al tempo stesso «prende atto che c'è spazio per il miglioramento dei rapporti tra i nostri due Paesi». «Gli Stati Uniti - - ha aggiunto Fitzwater — sono pronti ad aiutare l'Iran a reinserirsi nella comunità intemazionale con i vantaggi che ciò comporta». La proposta iraniana è apparsa sui giornali di Teheran, che hanno anche denunciato gli Usa come «un Paese oppressore». Ma era giunta poco prima a Washington tramite canali diplomatici, e la Casa Bianca, pur insistendo di non essere disposta «a baratti», non l'ha considerata un ricatto. Un ex consigliere per il Medio Oriente. Robert Hunter, ha ricordato che il nuovo presidente iraniano Rafsanjani intende ricostruire l'economia, e ha bisogno delle tecnologie e dei capitali americani. La Casa Bianca ha anche giudicato un fatto positivo una visita ieri del ministro degli Esteri iraniano Velajati a Damasco. Secondo indiscrezioni del dipartimento di Stato. Rafsanjani e Hezbollah autorizzerebbero la Siria a trattar per loro lo scambio degli ostaggi. Rafsanjani sarebbe ostacolato dai falchi, guidati dal ministro degli Interni Mohtashemi in Iran, e dallo sceicco Tofali in Libano, che ieri ha ripetuto che «il partito di Dio non negozia». Ma per ora la linea prammatica del presidente iraniano sarebbe vincente. Lo avrebbe confermato a Bush il ministro della Difesa egiziano Abu Taleb in visita a Washington. Secondo il New York Times, uno dei motivi per cui gli Usa si stanno muovendo alla cieca nella vicenda degli ostaggi è che alcuni mesi fa Khomeini scoprì e distrusse la rete spionistica americana in Iran. Questa rete, comandata da un agente della Cia a Francoforte in Germania, avrebbe fornito importanti informazioni alla task force Usa nel Golfo Persico. La distruzione della centrale di spionaggio fu svelata da Rafsanjani lo scorso aprile. Priva del supporto dei servizi segreti, l'America non è più riuscita ad anticipare i movimenti dell'Iran neppure nel Libano: secondo il New York Times, anzi, è stata depistata da Teheran. Anche la scorsa settimana Bush avrebbe incontrato gravi difficoltà nell'individuare i bersagli per la rappresaglia armata nel caso che uno o più ostaggi vengano assassinati. Il Presidente ha mobilitato due flotte, 26 navi da guerra nel Mediterraneo Orientale al largo delle coste libanesi, e 21 unità nel Mare Arabico e nel Golfo Persico. Un'azione militare Usa resta possibile II Pentagono ha dichiarato che le flotte non verranno smobilitate fino alla soluzione della crisi. La corazzata Iowa ha collaudato le sue batterie lunedi. A Beirut, il leader di Hezbollah, lo sceicco Fadiallah, ha ammonito che il sequestro di Obeid «ha trasformato la regione in una polveriera» e che non si può escludere «un tentativo di invasione del Libano da parte di Israele». Washington ha vissuto un momento di intensa commozione ieri, quando la vedova de! colonnello Higgings. pure ufficiale dei marines, ha letto un breve comunicato alla televisione. L'Fbi. la polizia federale, aveva appena annunciato che l'impiccato nella videocassetta dei terroristi sciiti inviata due settimane fa era veramente il colonnello; ma che la sua morte risaliva probabilmente a qual che mese prima. «Mio marito era un uomo di grande coraggio» ha detto la signora Higgins senza una lacrima «Mi auguro che la sua morte serva a liberare gli altri ostaggi e a portare la pace in Libano». Ennio Ca retto Un civile prepara l'auto per fuggire da Beirut: si teme una rappresaglia israeliana