Davidoff rompe con Castro

Davidoff rompe con Castro Il mercante ginevrino sospende gli acquisti perché il prodotto è di pessima qualità, Cuba trova altri acquirenti Davidoff rompe con Castro Non comprerà più sigari dall'Avana BHRNA NOSTRO SERVILO La luna di miele tra Cuba e Davidoff è finita. Sembra infatti che non funzioni più nulla tra le autorità de VAvana e il celebre mercar.',e di sigari di Ginevra. Dopo aioitrl anni di intesa, nella quale ciascuno aveva un ruolo preciso, tutto indica che la rottura è ormai consumata. Già latente da un po' di tempo, la disputa è esplosa in un giorno di luglio, quando in un comunicato, pubblicato a Parigi, i rappresentanti del tabacco cubano hanno annunciato la decisione di interrompere la fabbricazione, riservata alla casa Davidoff, dei prestigiosi «Avana», battezzati «ChateauMargaux», «Mouton-Rothschild», «Lafite», «Latour», «Haut-Brion» o «Dom-Pérignon». In compenso, precisava il comunicato, gli altri sigari cubani con la fascetta Davidoff continueranno a essere confezionati e distribuiti. Spiegando questa decisione, le autorità cubane hanno parlato di «un persistente disaccordo sia sull'utilizzazione del marchio Davidoff che sulla politica dei prezzi, giudicati troppo elevati, e sul sistema di distribuzione». Non volendo alimentare la polemica, dopo essere diventa to l'ambasciatore del sigaro cubano nel mondo, Zino Davidoff aveva in un primo tempo lasciate ai suoi soci della Oettinger, a Bàie, l'incarico di rifiutare questa versione dei fatti. Ma, «davanti all'aggressività di questa campagna e alla cattiva fede che la caratterizza», ha accettalo di rompere il silenzio, durante l'incontro che ci ha accordato in una stazione delle Alpi svizzere dove trascorre alcuni giorni di vacanza. «Innanzitutto - precisa Da- vidoff — siamo noi, e non la società di Stato "Cubatabaco", che abbiamo preso l'iniziativa di sospendere, già lo scorso ottobre, gli ordini dei nostri grandi "crus" di sigari. Questa decisione è stata penosa perché sono più di cinquantanni che lavoro con i cubani. Insieme abbiamo prodotto dei sigari prestigiosi e, fino a tre anni fa, tutto è andato per il meglio. Ma da quel momento in poi, i nostri criteri di qualità non sono stati più rispettati, foglie di cattiva qualità, venature appariscenti, sigari secchi o di tipi diversi in una stessa scatola. Abbiamo ricevuto numerose lamentele dai nostri clienti e siamo stati costretti a distruggere più di centomila figari. Per di più, uno stock identico che abbiamo pagalo, e che la "Cubatabaco" si rifiuta di sostituire, continua a rimanere alla dogana». «Dato che i cubani non sembrano più in grado di fabbricare i nostri sigari secondo i nostri rigorosi criteri di qualità, non ci restava altro che interrompere gli ordini. Da qui la reazione delle autorità de L'Avana per tentare di screditarci, lanciando delle accuse infondate e menzognere. Ma speriamo di trovare una soluzione amichevole, altrimenti dovremo ricorrere agli avvocati e siamo pronti a presentarci alla Corte internazionale di Le Haye per tutelare i nostri diritti». Zino Davidoff è legato a Cuba da una lunga vicenda. Nato a Kiev, nel 1911, a cinque anni si trasferì con la sua famiglia a Ginevra. Suo padre, specialista di tabacchi orientali e proprietario di un piccolo magazzino nella città di Calvino, lo mandò, j quando aveva appena vent'anI ni, a seguire un corso in Amerii ca de! Sud. Soggiornò in Argenj tina e in Brasile, prima di trai sferirsi a Cuba, a La Vuelta, ' Abajo, culla dell'«Avana». Ci restò cinque anni, imparando a lavorare la terra, a Fiutare le foglie e a confezionare a mano i sigari. Di ritorno in Svizzera agli inizi degli anni '30, non interruppe più la sua collaborazione con i cubani, mentre il suo negozio di rue du Rhòne diventò il passaggio obbligato dei più esigenti amatori degli «Avana». A tal punto che nel 1970 lo stesso Fidel Castro gli concesse l'autorizzazione di mettere la sua fascetta a dei «Hoyos-de-Monterrey». Otto anni più tardi fu la consacrazione. Commercializzò degli «Avana» a suo nome e creò la prestigiosa gamma degli «Chateaux». Sono queste relazioni privilegiate che i responsabili cubani cercano oggi di ripristinare. Infatti, questa nuova strategia non riguarda solo Davidoff. Si applica a tutti gli importatori stranieri di «Avana» che, in certi casi, lavorano da più di un secolo con Cuba e che hanno visto i loro contralti rescissi. In ogni Paese d'esportazione, la «Cubatabaco» sta per dare vita a una società unica di distribuzione, sotto forma di joint-venture con un partner esclusivo e un amministratore comune. In Svizzera è stata scelta l'Oettinger, che detiene il 51 per cento delle azioni di una nuova società, mentre il restante 49 per cento viene attribuito alla «Cubatabaco». Ma molti concorrenti, che devono ormai passare attraverso Oettinger per rifornh-si, dubitano di una tale ripartizione delle azioni, dato che gli esportatori cubani hanno rivendicato il 51 per cento. «I cubani vogliono vendere sigari il più possibile e aumentare a ogni costo i loro profitti», spiegano i tre esportatori svizzeri che sono stati esclusi. La Svizzera è il terzo acquirente di «Avana» dopo la Spagna e la Francia e il primo consumatore per abitante. In totale importa l'otto per cento dei cento milioni di sigari esportati. Ma gli «Avana» sono meno cari a Ginevra che a Parigi. E una delle lamentele rivolte ai cubani dai rivenditori è di praticare prezzi esagerati. Davidoff ribatte che i suoi sigari costano il cinque per cento in più dei «Montecristo». Per giustificare questi prezzi, enu¬ mera i differenti fattori che contribuiscono alla valutazione del costo dei suoi sigari: «Controlliamo noi stessi sul posto la qualità della merce. Paghiamo in contanti al momento dell'acquisto. Conserviamo i nostri stock in camere climatizzate, per non parlare delle scatole di lusso che produciamo o della trentina di processi intentati contro gli imitatori». Alle critiche lanciate contro il suo sistema di distribuzione, Davidoff risponde che i responsabili della «Cubatabaco» lo hanno sempre giudicato «esemplare», al punto di adottarlo per diffondere il loro marchio «Cohiba». In più Davidoff rimprovera a Cuba di non rispettare i contratti esclusivi e di alimentare un mercato parallelo con sigari di qualità non controllata. «Ci sono stati offerti dei Davidoff a prezzi del 20 o del 30 per cento inferiori e sappiamo di una società svizzera che ha acquistato certi stock al 50 per cento del loro valore di mercato. Non soltanto Cuba ha alterato la posizione dei diversi importatori, ma ha anche offuscato l'immagine dei sigari "Avana" e di quelli Davidoff». «Penso che si tratti di un problema più politico che commerciale», sostiene il celebre mercante di Ginevra. «Dopo lo zucchero, i sigari costituiscono uno dei principali prodotti che alimentano l'economia dell'isola. Oppure Cuba ha disperatamente bisogno di valuta, e questo spiega la sua nuova mossa e l'apparizione di un mercato parallelo. Ma con queste decisioni affrettate i dirigenti cubani stanno uccidendo la loro gallina dalle uova d'oro». Jean-Claude Buhrer Copyright «Le Monde» e per l'Italia «La Stampa»