Ostaggi, sul filo del rasoio

Ostaggi, sul filo del rasoio Nuove minacce degli hezbollah, le trattative appaiono difficili Ostaggi, sul filo del rasoio Rabin: niente scambi senza i soldati TEL AVIV NOSTRO SERVIZIO Israele non intende reagire ai comunicati e alle dichiarazioni pubbliche degli esponenti sciiti libanesi circa una loro disponibilità o meno a negoziare uno scambio di prigionieri ed ostaggi, c attende di conoscere le loro reali richieste attraverso «un mediatore imparziale» che secondo alcuni ministri di Gerusalemme potrebbe essere la Croce Rossa Internazionale. E' comunque con grande interesse che si aspetta oggi l'esito del colloquio fra il ministro della Difesa Rebin e il sottosegretario generale delle Nazioni Unite Goulding che nei giorni scorsi ha avuto ripetuti incontri con lo sceicco Fadlallah, capo spirituale degli hezbollah, con l'ambasciatore iraniano a Beirut, con esponenti sciiti e maroniti libanesi e con dirigenti siriani. Avendo coordinato la sua missione con i mediatori algerini a Beirut è dunque la persona più indicata per cercare di avviare una trattativa che, si prevede in Israele, sarà «dura e frustrante» e potrebbe prolungarsi per mesi, forse anche un anno. Nel frattempo l'esercito israeliano è stato disposto in stato d'allerta lungo il suo confine settentrionale ed entro la cosiddetta «fascia di sicurezza» in territorio libanese, per prevenire un possibile attacco di hezbollah. Dai comunicati emessi in Li- bano nei giorni scorsi da esponenti di alcune organizzazioni sciite è emerso un quadro contraddittorio. Mentre il gruppo «Giustizia Rivoluzionaria» ha indicato una disponibilità di massima a un dialogo chiedendo il rilascio da parte di Israele di Obeid, di 150 sciiti libanesi e di 300 palestinesi in cambio della liberazione dell'ostaggio statunitense Joseph Cicippio, Hassan Mussawi, comandante degli hezbollah nella Valle della Bekaa ha espresso una totale contrarietà a un negoziato con Israele «anche se lo Stato sionista rapisce tutti i capi della nostra organizzazione, me incluso». I leader israeliani si sono astenuti ieri dal fare qualsiasi commento a tali dichiarazioni. In un'intervista televisiva Rabin ha però ribadito che non potrà esserci alcuno scambio di prigionieri che non includa la liberazione dei tre militari israeliani. Il suo governo non consentirà cioè ai guerriglieri sciiti di condurre un negoziato separato per la liberazione degli ostaggi occidentali. «Riteniamo responsabili dell'incolumità dei nostri soldati — ha detto ieri un portavoce ufficiale israeliano — non solo i loro rapitori, ma anche l'Iran e la Siria che in questi giorni han no provato quanto intuivamo da tempo, che hanno cioè un notevole ascendente su di loro». Esperti militari a Tel Aviv non sono rimasti troppo impressionati dalla minaccia di Mussawi di uccidere un soldato israeliano «qualora ciò rientrasse nell'interesse dell'Islam». Secondo costoro la sua autorità viene espressa prevalentemente nella zona della Bekaa ma non a Beirut, dove apparentemente gli «Oppressi della Terra» tengono ancora prigionieri due dei tre militari israeliani. Queste fonti attribuiscono invece un ruolo-chiave per un eventuale progresso del negoziato a Zubhi Tufayli, comandante del dipartimento operativo degli hezbollah in tutto il Libano, che ieri si è recato a Beirut per avere un colloquio con l'ambasciatore algerino Khaled Hasnawi. In Israele non si esclude inoltre che ulteriori sforzi di mediazione possano essere tentati nei prossimi giorni dal leader dell'Olp, Arafat, nella cui unità d'elite «Forza 17» sono stati addestrati all'inizio degli Anni 80 gli sciiti confluiti poi nei gruppi degli «Oppressi della Terra», «Giustizia Rivoluzionaria» e «Hezbollah». La mente dietro al rapimento degli ostaggi occidentali, sostengono gli israeliani, è proprio uno di questi: Imad Munir, 30 anni, di origine sia sciita che palestinese. Da qualche mese Munir ha lasciato Beirut pe: trovare rifugio a Teheran. Ieri la Repubblica Federale Tedesca ha chiesto a Israele di includere due suoi cittadini, tenuti prigionieri a Beirut, nella trattativa per lo scambio degli ostaggi. Un portavoce del ministero degli Esteri a Gerusalemme ha confermato che l'Italia ha chiesto domenica informazioni sulla sorte di Alberto Molinari, un agente di assicurazioni rapito ne! 1985 e che risiedeva a Beirut da molti anni. Intanto la notizia diffusa nei giorni scorsi a Beirut secondo cui gli sciiti chiedono a Israele il rilascio del palestinese Abdel Radi Ghanem, che il mese scorso fece precipitare in un burrone un autobus israeliano provocando la morte di 16 passeggeri, è stata accolta con molta soddisfazione nel campo profughi di Nusseirat (Gaza) dove abitava. «Spero che il governo israeliano accolga la richiesta — ha detto la moglie Naama — e non mi importa se dopo saremo costretti a rifarci una nuova esistenza all'estero». Ma il ministro degli Esteri Moshe Arens ha respinto categoricamente l'eventualità di una sua liberazione: «Un terrorista come Ghanem — ha detto — non può essere incluso in alcuna trattativa», (f. a.] I vicesegretario dell'Orni Goulding (nella foto a colloquio con Fadlallah, leader di hezbollah) è atteso oggi a Gerusalemme