Piace la «tassa ecologica»

Piace la «tassa ecologica» Promossa l'idea del ministro per l'Ambiente, critiche solo dal gruppo verde Piace la «tassa ecologica» De, laici e anche il governo-ombra con Ruffolo ROMA. La tassa ecologica proposta dal ministro Ruffolo piace a molti, ma non a tutti: dovrebbe rimpinguare un fondo speciale per il recupero dell'ambiente, ma potrebbe anche funzionare da deterrente per le aziende inquinanti e per i comportamenti distruttivi di massa. Questo secondo aspetto, soprattutto, suscita interessi a largo raggio. Se i ministri finanziari si mostrano ancora all'oscuro, la de, per bocca del responsabile all'ecologia Piero Angelini, si dice d'accordo e aspetta le proposte del ministero. Anche i laici concordano. Quanto alle opposizioni, il pei è d'accordo e i verdi sono invece moderatamente critici. Perplessi i sindacati. La Lega per l'Ambiente è favorevole: «A condizione — specifica Renata Ingrao, segretario generale dell'associazione — che non si fermi al reperimento di fondi. Meglio se si arriva a una forma di tassazione diretta sugli inquinatori, non indiretta sui consumatori». I comunisti sono con RuffoIo. «Si dibatte da alcuni anni, nel mondo ambientalista, sulla validità delle tasse ecologiche. Secondo noi può andare bene — dice Chicco Testa, responsabile per l'ambiente nel governo-ombra — anche se nel nostro ordinamento non sono previste le cosiddette "tasse di scopo", quelle che legano un gettito a un progetto deciso in anticipo. E quindi non potrà mai esistere la tassa pro-Adriatico. E' innegabile però che se aumentano le entrate ci sono anche più soldi per l'ambiente. E resta il fatto che aumentando artificialmente i costi di un materiale inquinante, possiamo aspettarci un calo del consumo. E chi ne gode è soltanto l'ambiente». Testa fa un esempio: oggi in Italia l'acqua potabile praticamente non costa nulla, una lira al litro più o meno. E l'acqua potabile, dove c'è, viene sprecata. «Mi risulta che a Koma ogni cittadino consumi in media 400 litri di preziosa acqua ogni giorno. Se il costo salisse, è probabile che il consumo avrebbe una contrazione. Certo non cresceranno le entrate, ma si incentiverebbe il risparmio della risorsa ambientale». I «ministri» comunisti Chicco Testa e Vincenzo Visco già da tempo stanno lavorando a una proposta che «sburocratizzi» il sistema dei controlli, oggi affidati alle Usi. «Si potrebbe pensare a una sorta di autocertificazione dell'industria. I controlli sarebbero selettivi e le multe salatissime». I sindacati invece, sulla tassa ecologica, sono perplessi. Ripetono le obiezioni che hanno avanzato tre giorni fa in un incontro con Ruffolo e con il sottosegretario alla Presidenza Nino Cristofori: «Meglio evitare altre tasse, peggio se presentate come panacee per problemi complessi. Bisogna interve¬ nire strutturalmente sulle cause dell'inquinamento. Le multe vanno bene, ma non ci si può fermare lì». Lucchesi della Cgil, Gabaglio della Cisl e Bruni della Uil, nell'incontro con Ruffolo, hanno mantenuto una posizione comune. Oggi viene ripetuto che «il ministro si sia muovendo bene, ma certe soluzioni sono difficili». Si porta ad esempio, per restare all'ultima emergenza dell'Adriatico, che sei milioni di suini, tra Modena e Reggio, sono una fonte continua di inquinamento per il mare: «Il problema va risolto alla radice, con tecnologie d'avanguardia, e non mettendo una multa». La tassa ecologica non piace neanche ai verdi. Sergio An- dreis, deputato, dice: «Siamo freddi verso l'idea di Ruffolo perché temiamo che si riduca in una razionalizzazione dell'inquinamento: chi inquina paga una multa, magari scaricandone il peso sui consumatori, e si lava la coscienza. Come prima cosa, vogliamo superare il concetto del chi-inquina-paghi e premiare chi non inquina. La tassa non affronta il problema alla radice, anzi sembra voler sperare in tanto inquinamento per incrementare adeguatamente le entrate. In secondo luogo, non tocca il grande problema italiano dei mancati controlli. Abbiamo sulla carta le migliori leggi, ma poi non le applichiamo. Si veda il caso della legge Merli, o della legge 475 sullo smaltimento dei rifiuti. Sembrano scritte da noi verdi, ma nessuno le fa rispettare. Siamo d'accordissimo invece con il ministro quando denuncia che mancano all'appello, nelle strutture di igiene pubblica e ambientale, il cinquanta per cento degli organici previsti dal governo già cinque anni fa». Andreis fa un solo esempio, ma significativo: secondo la direttiva Seveso, il mese scorso è scaduto il termine per la presentazione delle autodenunce di aziende «a rischio». Al ministero dell'Ambiente ne sono arrivate 250, ma i tecnici sono in grado di esaminarne solo 30 all'anno. E ci vorranno dieci anni per vederle tutte. |fra. gri.)

Luoghi citati: Italia, Modena, Reggio, Roma, Seveso