Il governatore delle tempeste di Roberto Ippolito

Il governatore delle tempeste Paolo Baffi guidò la Banca dal 75 al 79, negli anni più difficili della lira Il governatore delle tempeste Carli disse: «Quest'uomo non vuole interferenze» ROMA. Bloccato a letto dalla malattia, ha continuato a studiare anche negli ultimi momenti di lucidità: Paolo Baffi, per quattro anni governatore della Banca d'Italia, è rimasto fedele alla sua vocazione fino alla morte. E' scomparso venerdì sera, poche ore prima di compiere 78 anni. Era infatti nato il 5 agosto del 1911, a Brani, nel Pavese. Dopo la laurea alla Bocconi nel 1932, fu assistente di Giorgio Mortara alla cattedra di statistica ed entrò in Bankitalia nel 1936, impegnato presso il servizio studi, che diresse dal '46 al '56. Diventò governatore l'8 agosto 1975 dopo le dimissioni di Guido Carli, che affiancava dal 1960 come direttore generale. Pochi giorni prima della designazione del successore, Carli avvertì: «Baffi ha la pelle meno dura della mia; è molto più suscettibile. I politici dovranno stare attenti con lui, perché non tollera interferenze c non sopporta sgarbi ». Protagonista nella fase della ricostruzione, punto di riferimento nella crisi economica degli Anni 70, teorico di storia e politica monetaria (che insegnava a Roma), Baffi occupa un posto importante nel dopoguerra. «Resteranno patrimonio del Paese — afferma il comunicato dell'istituto di emissione — il suo contributo scientifico e la sua opera di pubblico amministratore svolta nella Banca d'Italia che egli ha servito e guida¬ to per oltre quarant'anni con dedizione piena, alta competenza, esemplare rigore morale». Il suo nome è legato a vicende drammatiche dell'economia italiana: dal mancato salvataggio (quando era direttore generale Bankitalia) della Banca Privata di Michele Sindone all'ispezione nel Banco Ambrosiano di Roberto Calvi non appena si manifestavano i primi sintomi del dissesto. Baffi è stato coinvolto in un caso: il disastro della Sir, il gruppo chimico di Nino Rovelli. Il governatore venne messo sotto accusa nel marzo del 1979 dalla magistratura romana nell'inchiesta sui finanziamenti concessi alla Sir; il vicedirettore generale Mario Sarchielli venne addirittura arrestato. Pochi mesi dopo, a settembre, Baffi lasciò l'incarico di sua spontanea volontà, nonostante la larghissima solidarietà ricevuta. Venne poi prosciolto da Qualsiasi addebito. Uno dei leaer storici del pei, Giorgio Napolitano, ricorda che Baffi fu così segnato da quell'esperienza che firmava lettere e biglietti di saluto con l'amara espressione: «Dal suo sempre incriminato Paolo Baffi». Passata la mano a Carlo Azeglio Ciampi, diventò governatore onorario. Schivo e riservato da sempre. Baffi scelse di restare ancora più appartato. Negli ultimi dieci anni, è più volte circolata l'ipotesi di un suo incarico di governo, ma non se ne è mai fatto niente. Tuttavia, fra l'87 e l'88 ha presieduto un gruppo di lavoro preparatorio della conferenza sull'energia. Baffi si ritirava a lungo nella villa di Fregene. Sposato in età matura, la sua passione era andare a raccogliere le conchiglie con i due giovani figli. Da tempo, i sintomi del cancro si facevano sentire. La morte è arrivata in una clinica romana, Villa Margherita, al Nomentano. Nello stesso quartiere, nella chiesa dei Santi Martiri Canadesi, in via De Rossi, domani alle 10,30 si svolgeranno i funerali. Verrà dato l'addio a un uomo che ha portato un grande contributo alle scienze economiche: celebri i saggi sulla politica monetaria. La conoscenza tecnica si è coniugata con l'impegno sul campo. Gli anni da governatore sono stati fra i più duri del dopoguerra per l'economia italiana: inflazione alle stelle, riserve ufficiali quasi azzerate, emorragia valutaria, chiusura forzata dei mercati del cambi. Proprio in quel periodo, come disse Ciampi nella prima relazione all'assemblea dell'istituto dopo l'avvicendamento, «Baffi ò riuscito a cogliere, all'interno di un triennio di persistenti difficoltà, tutti i possibili spiragli di riequilibrio che all'Italia potevano dischiudere la crescita meno instabile, ancorché modesta, della domanda mondiale e la relativa moderazione degli aumenti del prezzo del petrolio». Baffi cercò di coordinare tutti gli sforzi per rilanciare l'economia. «Sarebbe illusorio — diceva — ritenere che attraverso il solo strumento del cambio si possa raggiungere l'obiettivo prioritario dello spegnimento dell'inflazione. Esso tenderà inevitabilmente ad allontanarsi nel tempo se non verranno simultaneamente combattute tutte le cause della crescita dei prezzi, dall'incremento del costo del lavoro alle inefficienze produttive, all'affievolimento della concorrenza, al disavanzo del settore pubblico». Il governatore insisteva 3uindi contro l'«elevato livello i indicizzazione delle retribuzioni» e il sistema di calcolo della contingenza in vigore. Ma era solo una delle misure ipotizzate per il rilancio economico; per questo non si attirò mai accuse di parzialità. Da governatore, pilotò l'ingresso italiano nel Sistema monetario europeo. Ma non era affatto entusiasta dello Sme. Vedeva «affievolirsi» l'ispirazione iniziale per una reale integrazione economica: all'assemblea della Banca d'Italia del 1979, spiegò che la posizione italiana «è rimasta più di altre coerente con l'obiettivo di costruire un sistema in grado di accogliere tutti i Paesi membri ti di riourre pericoli non solo inflazionistici, bensì anche deflazionis* : " Roberto Ippolito

Luoghi citati: Italia, Roma