«Perso un pezzo d'Italia» di Giuseppe Grosso

«Perso un pezzo d'Italia» Vinadio (Cuneo) si ribella all'applicazione del Trattato del '47 «Perso un pezzo d'Italia» La Francia avanza di300 metri VINADIO (Cunoo) DAL NOSTRO INVIATO Quarantadue anni dopo l'entrata in vigore del trattato di pace tra Italia e Francia è scoppiata nel Cuneese una piccola guerra dei confini. E il «caso» di Vinadio — dove sono arrivati i topografi dell'Istituto geografico militare di Firenze per apporre i cippi del limite di Stato — rimbalza alla Farnesina e a Montecitorio. Il presidente della Provincia, Giovanni Quaglia, ha subito inviato un telegramma al ministero degli Esteri per chiedere la sospensione dei lavori in località Collalunga, sopra il santuario di Sant'Anna di Vinadio, il più alto d'Europa (m. 2020): «L individuazione del confine di Stato in posizione diversa e inferiore alla linea spartiacque fa sorgere malintesi e controversie con le autorità doganali francesi, in particolare per l'esercizio della caccia e della pesca e l'escursionismo alpino». E in un'interrogazione al ministro Gianni De Michelis la parlamentare cuneese Giovanna Te a Idi (de) afferma: «I nuovi cippi assegnerebbero alla Francia una rilevante porzione di terreno comprendente tra l'altro due piccoli laghi. Desidero sapere in base a quali nuovi accordi si sta operando in tal senso e come vengono tutelati gli interessi italiani». Il sindaco di Vinadio, Angelo Giverso, si dice stupefatto. «Si fa un gran parlare di Europa, di mercato unico e di caduta delle frontiere. Poi, con un ritardo di quattro decenni, e ratificando un errore compiuto nel '47 quando si disegnarono le nuove mappe, lo Stato italiano mette in movimento una squadra di tecnici e militari assistiti da un elicottero per fissare con il cemento i cippi collocati provvisoriamente nella scorsa primavera dai francesi». Sbagliate le mappe di Collalunga La delimitazione ufficiale nella zona di Collalunga — per un tratto di circa due chilometri, oltre quota 2200 — non era mai stata fatta. L'incertezza del confine — sul displuvio come dicono a Vinadio, più in basso di circa trecento metri secondo le carte topografiche francesi — aveva fatto si che gli italiani continuassero a utilizzare liberamente l'area (circa 50 ettari) per la caccia e la pesca. «Proprio pochi mesi fa abbiamo immesso avannotti nei due laghetti — dice il sindaco —. Quando sono arrivati i topografi abbiamo pensato a rettifiche delle carte militari e soltanto dopo qualche giorno si è scoperto che erano in gioco i confini». Vinadio, come altri paesi del Cuneese, ha un passato di terre cedute e riacquistate. «Rimaniamo, con i nostri 184 chilometri quadrati, il secondo Comune del Piemonte, dopo Ales- sandria — continua il sindaco —: non poniamo quindi la questione per qualche ettaro di montagna. Il problema è di non ritrovarci fra qualche tempo con i doganieri francesi che fermano i nostri cacciatori e pescatori o pretendono la carta d'identità dai villeggianti che fanno una passeggiata». Il sindaco ricorda che oltre un secolo fa, quando dopo la seconda guerra d'indipendenza Nizza e la Savoia passarono a Napoleone III, fu anche ceduta al Comune francese di Isola, confinante con Vinadio, una cospicua fetta di territorio, ben oltre lo spartiacque naturale. Ma re Vittorio Emanuele II, che in Valle Stura aveva una delle riserve di caccia preferite, riuscì a mantenere i suoi diritti con un'abile soluzione diplomatica. «Quel territorio — spiega il sindaco — fu considerato proprietà francese in Italia, e sotto l'amministrazione del Comune di Vinadio. Si andò avanti così fino alla seconda guerra mondiale e anche oggi i nostri rapporti con Isola sono ottimi, con frequenti scambi turistici». Sul caso di Vinadio è intervenuto ieri il «Comitato per l'italianità della Valle Roja», che ha sede a Sanremo e da più di quarantanni segue le vicende del nuovo confine. Con un telegramma di protesta al ministero degli Esteri si chiede che il governo intervenga per far sospendere immediatamente le «illegittime rettifiche». In tutta la valle si sottolinea l'inopportunità dell'intervento di questi giorni. Dice Lorenzo Massolo, di Aisone, presidente del comparto Alta Valle Stura per la caccia: «Qui da noi i confini con la Francia hanno un valore più che altro simbolico. I francesi venivano di qua e noi andavamo di là senza problemi. Però con i cippi probabilmente le cose cambieranno. Collalunga è una zona di caccia libera, molti pescatori frequentano i due laghetti. L'arrivo dei topografi ci ha colti di sorpresa». Arbitrato svizzero per 1607 ettari Il contenzioso con la Francia per le rettifiche di confine è conseguente al trattato di pace del 1947 e al successivo accordo dell'8 luglio 1948: i due governi accettavano alcune variazioni del tracciato della nuova frontiera, restituendo all'Italia 1607 ettari, soprattutto per correggere gli inconvenienti più macroscopici accertati da un arbitro svizzero. Ma il Parlamento francese non ratificò l'intesa. Così è rimasta inattuata, fra le altre, la «correzione» sul Monte Saccarello, a cavallo tra Triora (Imperia) e Briga Alta (Cuneo), che avrebbe dovuto ridare al nostro Paese l'intero tracciato della strada di accesso alla montagna e alla statua del Redentore posta sulla cima. Giuseppe Grosso

Persone citate: Angelo Giverso, Gianni De Michelis, Giovanni Quaglia, Isola, Lorenzo Massolo, Napoleone Iii, Roja, Vittorio Emanuele Ii