Da Teheran mano tesa agli Usa

Da Teheran mano tesa agli Usa Rafsanjani: vi aiuteremo a risolvere il problema ostaggi, bisogna dialogare Da Teheran mano tesa agli Usa E Bush replica: non lasceremo cadere l'offerta WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Dalla tragedia degli ostaggi in Libano è nato un incerto, (difficile dialogo a distanza tra gli Stati Uniti e l'Iran, che potrebbe portare forse a una svolta in Medio Oriente e nel Golfo Persico. A dieci anni dalla cattura degli ostaggi americani a Teheran, Bush e Rafsanjani sembrano decisi a sbarazzarsi delle eredità di Reagan e Khomeini e a promuovere un cauto avvicinamento dei loro Paesi. Nel momento del massimo pericolo, con il rischio di raid sulle basi sciite in Libano, i due nemici hanno indicato con fermezza di essere disposti a voltar pagina. E' stato Rafsanjani a compiere il primo passo durante la preghiera del venerdì all'Università di Teheran. «Da capo di Stato, non da leader religioso — ha proclamato il presidente iraniano, insediatosi nella carica appena il giorno prima, — vi dico che il rilascio degli ostaggi e il problema del Libano hanno soluzioni che vanno cercate nel dialogo, non nella forza». «Dobbiamo procedere con intelligenza» ha continuato Rafsanjani. «Mi rivolgo alla Casa Bianca: vi aiuteremo a trovare queste soluzioni». Bush gli ha risposto subito: «Non so quale ruolo abbiano svolto i singoli Paesi nella vicenda degli ostaggi» ha detto il presidente americano. «Ma se sento dichiarazioni che offrono speranze, voglio andare fino in fondo». Con realismo, entrambi i leader hanno evidenziato i gravi ostacoli che si frappongono alla ripresa dei rapporti. «In Libano — ha affermalo Rafsanjani — c'è da una parte un gruppo sconosciuto 'e senza sostegno che agisce nella clandestinità, e dall'altra uno Stato che ostenta la sua forza in disprezzo delle leggi internazionali». «Siate ragionevoli» ha concluso Rafsanjani rivolto sempre alla Casa Bianca, insistendo per la liberazione dello sceicco Obeid, che si trova in mano agli israeliani «e insieme faremo sì che i popoli di quella regione vivano in pace». «M'incoraggia la risposta alle nostre iniziative diplomatiche» ha affermato a sua volta Bush. «Ma la strada sarà faticosa, non voglio suscitare nessuna illusione». La settimana più lunga del Presidente americano si chiude oggi in uno scenario molto diverso da quello di lunedì, il giorno dell'impiccagione del tenente colonnello Higgings. L'evento più destabilizzante dal massacro dei marines a Beirut ncll'83 ha portato a una schiarita ampia e inaspettata. Il portavoce della Casa Bianca Fitzwater ha ammonito che gli Stati Uniti «teiranno gli occhi ben aperti». Ma la Croce Rossa ha già preso base a Cipro nel caso che l'isola sia scelta per lo scambio degli ostaggi. Che cosa ha spinto l'Iran a cambiare strada? Il segretario di stato Baker ha osservato che l'appello di Bush all'Urss e ai Paesi arabi si è tradotto in fortissime pressioni su Rafsanjani. Baker ha aggiunto che «il mondo intero deve aver inoltre avvertito la volontà americana di non lasciare impunite altre esecuzioni degli ostaggi». Secondo il New York Times, Bush ha indicato à Rafsanjani la sua decisione di attaccare i campi sciiti e iraniani in Libano con i cacciabombardieri della Sesta Flotta, nel caso che la crisi precipitasse. Nonostante la schiarita, la Coral Sea, appoggiata dalla corazzata Iowa e dagli incrociatori lanciamissili Belknap e Mississipi, con la portaerei Sarato ga in arrivp dall'Oceano Indiano, incrocerà al largo delle coste libanesi fino al rilascio degli ostaggi. Ma la soluzione militare sembra ora accantonata. «Non abbiamo motivo di credere che l'Iran non sia sincero» ha dichiarato la porta voce del dipartimento di Stato Tutwiler. Ennio Carette