Israele: «Non cederemo ai terroristi
Israele: «Non cederemo ai terroristi » Israele: «Non cederemo ai terroristi » Gerusalemme si prepara a «un lungo negoziato» TEL AVIV DAL NOSTRO CORRISPONDENTE «Nessun gesto di follia da parte degli hezbollah o dei ioro associati potrà impedirci di portare avanti la nostra lotta al terrorismo. Non risparmieremo alcuno sforzo per far tornare a casa i tre nostri soldati prigionieri in Libano»: questo l'impegno assunto ieri alla Knesset (Parlamento) dal ministro della Difesa Yitzhak Rabin mentre è in corso un vasto sforzo diplomatico internazionale teso a bloccare le esecuzioni di altri ostaggi occidentali in Libano dopo quella del tenente colonnello William Higgins (ma ancora non è chiaro quando essa sia effettivamente avvenuta). L'annuncio da parte di due organizzazioni sciite che l'ultimatum per l'uccisione del cittadino statunitense Joseph Cicippio è stato spostato a stasera e la precisione che l'incolumità del reverendo anglicano Terry Waite non è mai dipesa dal rilascio da parte d'Israele dello sceicco Abdel Karim Obeid hanno infuso nuova fiducia in quanti sono impegnati nella mediazione fra il governo israeliano e gli hezbollah libanesi. Secondo fonti ufficiose israeliane gli Stati Uniti hanno chiesto al governo di Teheran di fare opera di convincimento sui vari gruppi sciiti libanesi; Washington si sarebbe valsa anche dei buoni servigi di Svizzera, Repubblica Federale Tedesca e Giappone perché facessero identiche pressioni sul governo iraniano. «Sinora non abbiamo ricevuto alcun segnale dagli hezbollah — ha detto ieri notte Uri Lubrani, coordinatore delle attività in Libano del ministero della Difesa israeliano ed ex rappresentante del governo di Gerusalemme a Teheran — sono altri Paesi a mantenere i contatti con quella organizzazione. Si tratta di un negoziato prolungato, non ci attendiamo reazioni immediate da parte loro». Lubrani ha lasciato intendere che in questa fase si cerca di circoscrivere la crisi e di allungare i tempi fra lo scadere di ultimatum e l'altro. Comincerà solo in un secondo tempo la trattativa vera e propria, rilanciata ancora ieri alla Knesset da Rabin, per lo scambio dello sceicco Obeid, comandante della «resistenza islamica» nel Libano meridionale, l'esponente sciita Jawad Kassafy e altri duecento circa sciiti detenuti in Israele con tre soldati israeliani, catturati nel 1986, e altri 18 ostaggi occidentali. Nel clima teso che ancora ieri regnava in Israele hanno destato una certa emozione gli attcrraggi all'aeroporto di Tel Aviv, uno dopo l'altro, degli aerei che portavano nella zona John Kelly, assistente del segretario di Stato Usa James Baker, e Marrack Goulding, sottosegretario generale delle Nazioni Unite, diretto a Beirut per avviare le ricerche del cadavere del tenente colonnello Higgins. Ieri Kelly ha avuto a Gerusalemme colloqui con il ministro degli Esteri Moshe Arens e con il leader laborista Shimon Peres dai quali è emerso convinto che sulla questione degli ostaggi il suo governo e quello israeliano «coopereranno molto strettamente». Arens ha detto che gli Stati Uniti non hanno chiesto a Israele il rilascio incondizionato di Obeid e ha espresso apprezzamento per le posizioni assunte dal presidente Bush. In precedenza però i mass media israeliani avevano riferito di un chiaro avvertimento statunitense a Israele perché si guardasse bene dall'intraprendere nuove iniziative militari in Libano che avrebbero solo disturbato gli sforzi diplomatici di Washington. Il monito era stato suscitato da una dichiarazione del premier Yitzhak Shamir che non aveva escluso «nuovi passi» per liberare i tre soldati israeliani. Nel suo discorso alla Knesset Rabin ha accusato Obeid di aver «progettato e partecipato attivamente» all'esecuzione del rapimento di due soldati israeliani e di quello di Higgins. Ha anche ventilato l'ipotesi che sia stato appunto lo sceicco a ordinare la missione suicida in cui uno sciita libanese fece esplodere nel 1985 un'autobomba accanto a un convoglio militare israeliano causando dodici morti. «Nonostante la lunga lista di orrori compiuti dagli hezbollah — ha aggiunto Rabin — siamo disposti a rilasciare quest'uomo pur di poter riavere indietro i nostri soldati. L'impegno morale verso chi è stato inviato in missione per difendere il Paese viene prima di tutto». Rabin è parso esprimere così i sentimenti diffusi in Israele: da tempo il governo non godeva di tanto seguito. [f. a.l Il premier israeliano Shamir
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