Katanec, il grinta

Katanec, il grinta Il nuovo slavo dal nome impronunciabile della Samp e il vecchio capitano rossonero badano soprattutto ai risultati Katanec, il grinta Ha già conquistato Vialli GENOVA. Missione K. da Stoccarda con amore. K come Kli-smann e Katanec, i due gioielli che la squadra tedesca ha piazzato sul mercato italiano rimpinguando le sue esangui casse sociali. Ma, mentre del biondo centravanti interista si sa già tutto, dalle caratteristiche tecniche alla passione per l'ecologia, lo slavo dal nome impronunciabile, Sretko, è ancora un oggetto misterioso, anche se il suo connazionale e mentore Boskov proclama ai quattro venti: «Sarà lo straniero rivelazione del campionato». A Genova, per dir la verità, i tifosi non hanno fatto capriole di gioia alla notizia del suo acquisto. Tutti aspettavano, Vialli in testa, l'arrivo dell'inglese McMahon, che Mantovani ha inseguito invano per alcune settimane. Katanec è apparso così un ripiego, nonostante il suo cartellino sia costato quasi 3,5 miliardi (più di quello di Klinsmann). Ma domenica sera, dopo la prima amichevole della stagione a Camaiore, i tifosi hanno cominciato a ricredersi. D'accordo, il calcio di luglio non fa testo, però questo Katanec ha mostrato di saperci davvero fare: tocca sempre la palla di prima, è un uomo-ovunque, un punto di riferimento preziosissimo. Anche Vialli, sponsor di McMahon, ha cambiato idea: «Non è un fuoriclasse ma garantisce quella continuità di spinta che alla Samp, negli ultimi anni, è sempre mancata». Lui, Sretko il freddo, increspa appena le labbra in un abbozzo di sorriso: «I complimenti di un campione come Vialli fanno piacere, ma io sono un tipo con i piedi ben piantati in terra. So valutarmi, conosco le mie qualità e i miei limiti. Per questo motivo sono tranquillo, non mi sento spaventato di do- ver giocare nel campionato più diffìcile del mondo. Penso che il signor Mantovani non si pentirà di aver puntato su di me». Boskov se lo mangia con gli occhi. In realtà non voleva McMahon. L'allenatore slavo odia gli inglesi, non solo calcisticamente: «Parlo sei lingue, ho facilità ad apprendere. Ma l'inglese no, non ho mai voluto impararlo. E poi i giocatori britannici sono inaffidabili, a parte Charles in Italia hanno sempre fallito, da Greaves a Rush». Boskov, però, davanti all'entusiasmo di Mantovani e Vialli Eer McMahon aveva dovuto far uon viso a cattivo gioco e si era «rassegnato» ad avere alle sue dipendenze un figlio della perfida Albione. L'imprevisto fallimento della trattativa con il Liverpool lo ha reso felice: «In realtà Katanec lo seguivamo da tempo. Poteva arrivare addirittura l'estate scorsa». Perché invece è emigrato in Germania? Boskov non risponde, ma la ragione sta nel fatto che Mantovani, per motivi di bilancio legati alla capienza dimezzata dello stadio di Marassi, gli preferì Victor che costava appena 150 milioni. Così Katanec, che giocava nel Partizan Belgrado, andò allo Stoccarda per 900 milioni. La società tedesca, rivendendolo alla Sampdoria, ha perciò guadagnato 2 miliardi e mezzo netti. Ma Boskov è sicuro che Mantovani non si pentirà del sacrifìcio finanziario: «Sretko giocherà da centromediano metodista, davanti alla difesa, alla Falcao. Così Cerezo avrà più libertà d'azione, non dovrà ripiegare in continuazione in difesa». E Katanec garantisce anche un contributo in fatto di gol: «E' vero, l'anno scorso nella Bundesliga ho segnato solo una rete. Ma c'è un motivo. Haan, l'allenatore, aveva costruito la squadra solo in funzione di Klinsmann». Intanto, per potersi intendere al più presto con i compagni, passa molte ore a studiare l'italiano. Ma Katanec non ama molto parlare di sé: «E' un po' chiuso, però c'è un motivo — spiega il suo procuratore Naie Naletevic — -: pochi mesi fa gli è morto il padre juì era legatissimo. Ma sono certo che l'Italia gli farà ritrovare il sorriso». Lo spera anche la banda Vialli: alla Sampdoria divertirsi non è un optional, è un obbligo. Renzo Carboncini Katanec, 26 anni, alto 1.90

Luoghi citati: Belgrado, Camaiore, Genova, Germania, Italia, Liverpool, Stoccarda