Hitler-Stalin i segreti della vergogna

Hitler-Stalin, i segreti della vergogna Mezzo secolo dal patto del '39: un giallo storico che i baltici vogliono trasformare in svolta politica Hitler-Stalin, i segreti della vergogna Berlino ordinò di distruggere i microfilm degli accordi, l'ordine non fu eseguito Sulla carta con i nuovi confini tra Urss e Reich, una firma di Stalin alta 58 cm Alla vigilia dell'anniversario del patto tedesco-sovietico dell'agosto '39, i Paesi baltici premono su Mosca perché l'Urss ristabilisca la verità storica su quell'accordo che pose fine alla indipendenza di Estonia, Lituania e Lettonia. I protocolli che assegnarono a Stalin i tre Paesi sono un «segreto» che il Cremlino ha sempre custodito, anche se i documenti sono stati diffusi in Occidente già nel '49, su ordine di Truman, e possono essere consultati nella biblioteca del Dipartimento di Stato e in altre biblioteche specializzate. Mosca, 23 agosto 1939: Stalin e Ribbentrop si stringono la mano sorridenti. Urss e Germania nazista hanno appena siglato il patto per spartirsi l'Europa orientale Di IETRO richiesta del Congresso dei deputati del popolo dell'Urss, alla fine di maggio è stata costituita una commissione sotto la presidenza di Alexandre Iakovlev, membro dell'ufficio politico. Durante la prima riunione, tenuta il 19 luglio scorso, la commissione ha cominciato a studiare, come afferma l'agenzia «Tass», «i documenti pubblicati all'epoca e recentemente ritrovati». Infatti, due domande ben di stinte si pongono a proposito di quel patto. La prima è di sapere se Stalin avesse un'altra scelta oltre a questo ribaltamento di alleanze nel '39, dopo la capitolazione della Francia e della Gran Bretagna a Monaco l'anno precedente, e davanti ài rifiuto della Polonia di consentire all'Armata rossa di penetrare nel suo territorio per fronteggiare la minaccia hitleriana. Su questo punto, la tesi sovietica ò stata la stessa per lungo tempo: Stalin non aveva altra scelta, il patto tedesco-sovietico gli fece guadagnare due anni di una pace molto più preziosa di una guerra che, se fosse stata dichiarata sul fronte dell'Est nel '39, sarebbe stata ancora più devastatrice per lui che nel '41. Il secondo interrogativo è il modo in cui Stalin trasformò il suo patto di non-aggressione con Hitler in una vera e propria alleanza (con il trattato d'amicizia, firmato da Molotov e Ribbentrop un mese dopo il primo patto, il 28 settembre '39 a Mosca) per spartirsi con lui l'Europa dell'Est e del Nord, dai Paesi baltici alla Finlandia attraverso la Polonia, divisa per la quarta volta nella sua storia. Tutto questo era stato fissato in numerosi protocolli segreti, il primo dei quali fu firmato il 23 agosto, che rivelano una condotta ben poco degna di una potenza che si dichiarava esplicitamente «antiimperialista»: la tendenza alla spartizione del mondo in «sfere d'influenza». Se non si trattasse che di do cumenti «pubblicati all'epoca», come sostiene la «Tass», le indagini sarebbero sorprendentemente limitate, per il fatto che tutta la controversia conduce esattamente a ciò che non è stato pubblicato, a conoscere quei famosi protocolli. Le teorie sovietiche più recenti riconoscono l'esistenza di questi documenti: questi sono già stati pubblicati in alcuni giornali baltici e descritti con notevole precisione durante una trasmissione della televisione sovietica il 16 luglio scorso. Ma Mosca continua a mettere in dubbio la loro autenticità, sostenendo che non si tratta di originali, ma di fotocopie. Effettivamente, gli originali sono stati distrutti, ma, a partire dall'escalation dei bombardamenti aerei sulla Germania nel '42-'43, erano stati realizzati microfilm di tutti gli archivi ed erano stati spediti in luoghi protetti. Secondo uno studio molto completo, pubblicato dalla rivista della Germania Ovest «Osteuropa» nel suo numero di maggio di quest'anno, il grosso di questi archivi si trovava alla fine della guerra in al- cuni castelli del massiccio dell'Harz. Alla vigilia della disfatta, da Berlino giunse l'ordine di distruggere tutti i microfilm. Fortunatamente, uno dei funzionari che ne erano incaricati, il diplomatico e interprete Cari von Loesch, non esegui l'ordine: invece di bruciare le 30 o 40 bobine che gli erano state affidate, le sotterrò nel parco del castello di Schònberg. Dopo la disfatta, informò il tenente colonnello Thomson dell'esercito britannico. E' alla presenza di quest'ultimo, oltre che di quella del diplomatico americano Ralph Collins, che i documenti furono dissotterrati il 14 maggio '45. Furono in seguito raccolti al castello di Marbourg, nella zona d'occupazione americana, e poi trasferiti in Gran Bretagna nell'estate '48. Di là, fino al '59, copie di quegli archivi furono restituite al mi nistero degli Esteri della Repubblica federale, che li ha messi a disposizione del pubblico. Il fatto che si tratti di «copie di copie» diminuisce l'autenticità di questi documenti, come affermano alcuni studiosi sovietici? E' da escludere, e non solo perché tutto si è svolto nei fatti esattamente come i firmatari avevano previsto. Come fa osservare lo storico americano George Kent, che ne ha curato la pubblicazione, i protocolli segreti del '39 risultano negli stessi microfilm con Un un gran numero di altri documenti diplomatici del Reich dell'epoca, e perciò la loro autenticità non può essere in alcun modo messa in dubbio. Se questi protocolli fossero stati creati anni dopo dalle «officine anticomuniste» sarebbe stato più facile produrre un originale... Tanto più che i microfilm contengono alcuni piccoli errori che rivelano la fretta con la quale gli accordi furono redatti e firmati: manca una f a «Nichtangriffsvertrag» (patto di non-aggressione), una h alla parola «berùhren» (riferirsi). «Ungefàhr» (approssimativamente) è scritto «Ungefàhrt», e così via. Bisogna anche aggiungere a tutto questo una grande carta (126 centimetri di larghezza per 110 di altezza), non distrutta durante la guerra e il cui originale a colori fa parte integrante del trattato d'amicizia del 28 settembre. Di fabbricazione tedesca, auesta carta porta in basso a estra la firma di Ribbentrop, ma soprattutto quella di Stalin: una tinna trionfale, dal momento che quella del «padre dei popoli» misura non meno di 58 centimetri di altezza! Andor Hencke, collaboratore dell'ambasciata del Reich a Mosca che era presente alla cerimonia, ha raccontato più tardi che Stalin, rivolgendosi ai presenti, disse: «La mia firma è abbastanza chiara?» In seguito, una parte della frontiera a Sud di Lublino fu rettificata, e Stalin pose di nuovo la sua firma su quest'area per ratificare questa correzione. Michel Tatù Copyright «Le Monde» e per l'Italia -La Stampa»