Da Beirut un siluro per Rafsanjani di Igor Man

Da Beirut un siluro per Rafsanjani I moderati iraniani scavalcati dai radicali che controllano i fanatici hezbollah Da Beirut un siluro per Rafsanjani 77 neopresidente tenta di «normalizzare» la rivoluzione TEHERAN DAL NOSTRO INVIATO «Forte della sua amicizia con l'Iraq e con l'Iran, l'Unione Sovietica si è sempre adoperata perché la pace cancelli la guerra che i due Paesi amici hanno interrotto accettando la 598. Oggi l'Unione Sovietica proclama l'impegno ad aumentare i suoi sforzi anche in seno al Consiglio di Sicurezza affinché la fatica del segretario generale dell'Onu sia infine coronata dal successo». Così ha dichiarato ieri Shevardnadze al termine del primo Siro di colloqui con il ministro egli Esteri iraniano, Velayati. E questi dopo aver ringraziato l'ospite della «generosa e benvenuta offerta» na voluto ribadire che «delle eccellenti relazioni tra Urss ed Iran beneficerà tutta la comunità internazionale (...). Noi intendiamo lavorare insieme per la pace affinché il mondo trovi il suo necessario equilibrio nel segno della giustizia e del diritto, dei popoli all'autodeterminazione». E' lecito vedere nella filigrana di codesto discorso la (ireoccupazione di rassicurare 'Occidente (e indirettamente «il Grande Satana», gli Usa). L'«enterite cordiale» tra Mosca e Teheran è anche una grossa operazione di immagine che s; propone di stimolare l'Occidente a riannodare con Teheran, o a sbrogliare, il filo della diplomazia traumatizzato dal caso dello scrittore alilo -indiano Sulman Rushdie e ella sua condanna a morte da parte di Khomeii,i per il romanzo «Versetti satanici», ritenuto blasfemo. Il blitz israeliano Certo, il blitz israeliano nel Sud Libano con la cattura dello sceicco Obeid ha complicato maledettamente le cose dal momento che ha portato alla prevedibile, atroce reazione dei fondamentalisti libanesi, questa volta etichettati «organizzazione degli oppressi di tutta la terra». L'organizzazione è di matrice sciita, in consonanza, si presume, con certi circoli iraniani, sicché era parso utile alla Comunità europea pregare il governo di Teheran di adoperarsi, per quanto in suo potere, a scongiuarare l'annunciata rappresaglia: cioè l'uccisione del colonnello americano William Higgins. Higgins è stato trucidato, rischiano la stessa fine Terry W-»ite e l'americano Cicippio e questo perché gli iraniani, in tatto, possono ben poco coi terribili nezbollahi libanesi. Ma qui occorre chiarire che «iraniani» sta per il presidente Rafsanjani, per il ministro degli Esteri Velayati, per altri pochi «moderati». Tutti indubbiamente scavalcati dagli oltranzisti sfuggiti di mano financo allo sceicco libanese Fadlallah. Questa realtà non è ignota ai Dodici e nemmeno ai sovietici. Anche gli israeliani e persino gli americani sanno benissimo che gli hezbollahi avversano Rafsanjani, considerato un filo-occidentale. Tuttavia, il governo degli Stali Uniti avrebbe motivo, almeno formalmente, di chiamare in causa un governo quale quello iraniano dove siede un ministro dell'Interno che, ancora domenica scorsa, ha annunciato terribili rappresaglie contro gli americani dopo il sequestro dello sceicco Obeid. Di più: ha rivolto un appello agli ulema libanesi e agli hezbcHani incitandoli a colpire «gli interessi» degli Stati Uniti «comunque e dovunque». Il comportamento del presi- ] dente Bush è stato fifiora quello di uno statista pragmatico, di un uomo al quale non sono saltati i nervi, osservano con sollievo a Teheran. Falchi e colombe I moderati iraniani sperano insomma che gli Stati Uniti abbiano compreso come Rafsanjani vada aiutato nel suo difficile compito di «normalizzare» la rivoluzione islamica. Rafsanjani ha già avuto un collo- 3uio «informale» con Shevarnadze di poco precedente quello ufficiale. Il sovietico avrebbe mostrato «comprensione» p.^r le difficoltà che incontra, nell'attuale circostanza, il neo presidente. Questi vorrebbe liberarsi dei «radica¬ li», ma c'è il rischio che fuori del governo certi personaggi facciano ancora più danno. D'altra parte se Rafsanjani non incide subito il bubbone corre il rischio di una battaglia di retroguardia contro fanatici che, come dice un ambasciatore orientale, possono disporre in qualsiasi momento dell'arma più efficace: l'assassinio. «Abbiamo inaugurato una nuova era nelle relazioni bilaterali — ha detto poi ieri sera Shevardnadze —, e siamo decisi a svilupparle in tutti i campi, nel rispetto dell'ordine sociale e politico scelto in piena indipendenza dalla Nazione Iraniana». Epperò il sovietico ha sottolineato la «necessità», per Rafsanjani, di fare ordine in casa. Come armare ed aiutare, infatti, un Paese dove ogni uomo politico corre per proprio conto? Anche Khomeini incontrava non poche difficoltà a tenere a bada i suoi mullah e l'imam era una icona politica, figurarsi Rafsanjani che, ora come ora, è soltanto il poster di se stesso. Igor Man