Auto Usa, una crisi targata Tokyo

Auto Usa, una crisi targata Tokyo Calano le vendite e le fabbriche giapponesi negli Stati Uniti inflazionano la produzione Auto Usa, una crisi targata Tokyo LeeJacocca: ormai non c'è più spazio per tutti WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE I segni della crisi sono chiari. La Chrysler ha appena annunciato un taglio dei costi di 1 miliardo di dollari, quasi 1400 miliardi di lire, e il licenziamento dell'8% del personale nei prossimi cinque mesi. Nel secondo trimestre di quest'anno, la General Motors ha registrato un calo dei profitti del 3,5% e la Ford del 15. Da gennaio, Detroit ha chiuso o messo a orario ridotto una dozzina di stabilimenti in vari Stati, mentre gli autoparchi hanno veicoli sufficienti per 90 giorni. A tutto giugno, le vendite dell'industria dell'auto americana sono diminuite del 6% e nel prossimo dicembre lo saranno del 10. La congiuntura è la più difficile dall'inizio degli Anni 80. Ma è solo un fenomeno ciclico? Lee Iacocca, l'autore della miracolosa ripresa della Chrysler, sostiene di no. Egli afferma che l'industria dell'auto americana «è alla vigilia di una ristrutturazione permanente e traumatica» che le imporrà non solo di ridurre i costi ma anche di rivedere i suoi programmi. Come un decennio fa, dietro di essa si cela l'invasione giapponese, ma in forma assai diversa da quella originaria. Per aggirare il protezionismo Usa, nell'83 i giapponesi hanno incominciato a produrre auto negli Stati Uniti; nell'89, arriveranno a un milione di vetture e struck», camion e furgoni, e tra cinque an ni a tre milioni. Nel '94. calcola Iacocca, la produzione complessiva sarà di oltre sedici milioni di veicoli, due milioni e mezzo in più della domanda del mercato. «Due milioni e mezzo — dice Iacocca. — E' l'equivalente di un anno di lavoro in dieci stabilimenti. Nel '94 non ci sarà spazio per tutti, ma solo per le aziende che nel frattempo si saranno rinnovate». Il supermanager della Chrysler nota con allarme che nel quarto trimestre di quest'anno la sua azienda, iia General Motors e la Ford produrranno il 16 per cento in meno di «truck» e di vetture del quarto trimestre dell'88; {[li stabilimenti giapponesi in America produrranno il 41 per cento in più. «Gli Anni 90 — conclude Iacocca — ci imporranno di rinnovarci ancora più drasticamente che negli Anni 80: sarà una specie di prova d' appello a cui non potremo mancare, pena la nostra fine. Ma neppure ì giapponesi sapranno evitare sacrifici». Detroit non poteva prevenire i problemi? Forse, risponde con franchezza Iacocca, ma non era facile individuarli. Il re di Detroit riassume gli eventi alla Chrysler. Nell'87, all'apice dell'espansione, la Chrysler acquistò la American Motors. Nell'88 si trovò col 50% in più di colletti bianchi di due anni prima; quest'anno, si è trovata anche col 6% in più di operai. Il calo delle vendite nei mesi scorsi si traduce in questo dato: nell'86, la Chrysler vendeva in tu'.to il mondo 20 veicoli ogni dipendente, oggi ne vende solo 16. «Non possiamo aspettare àipeggio — proclama Iacocca — ma sfoltire non basta, bisogna anche rinnovare i modelli». Poiché la Chrysler non è pronta, Iacocca sta cercando di avviare una collaborazione ponte con qualche nota casa straniera. L'odissea della General Motors è altrettanto significativa. Essa ha compiuto una serie di massicci investimenti in nuovi impianti robotizzati per la produzione di nuovi modelli. Ogni volta ha speso tra il 30 e il 40% in più dei giapponesi, ma facendo un grave errore: quello di concentrarsi su una sola vettu ra per impianto. Il declino della domanda l'ha danneggiata: in media gli impianti più avanzati stanno funzionando a metà della loro capacità. Per sfruttare appieno le sue risorse, la GM dovrà cambiare,strategia: produrre due o tre vetture in ogni impianto, chiudere tra quattro e otto di quelli disponibili, e sostituire i modelli ormai datati. Per ora, come la Chrysler, sta tagliando i prezzi. Ancora una volta, delle tre grandi di Detroit la Ford è quella in condizioni migliori. Ma anch'essa ha fermato in tutto o in parte nove stabilimenti, e ha dovuto rinunciare a uno dei suoi progetti più ambiziosi, una vettura familiare e un truck con lo stesso chassis. Nel secondo trimestre, la Ford ha aumentato gli investimenti del 55%. Ammette di essere ancora indietro rispetto ai giapponesi; sta studiando il fenomeno del giorno, lo straordinario successo della piccola Miatas della Mazda, un'auto sportiva da 13 mila dollari, 18 milioni di lire. Alla Mazda basterà venderne 40 mila per trarne un buon prò fitto. Ennio Care Lee Jacocca annuncia tempi duri per l'auto Usa: «Non basta ridurre i costi, bisognerà rivedere i programmi»

Persone citate: Iacocca, Lee Iacocca, Lee Jacocca

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