Pechino molla i khmer rossi

Pechino molla i khmer rossi CAMBOGIA Sì al governo diretto da Sihanuk Pechino molla i khmer rossi PARIGI NOSTRO SERVIZIO La Cina ha dato il beneplacito, la trattativa internazionale per riportare la pace in Cambogia ha superato l'ostacolo principale. La strada da percorrere per far tornare felice un piccolo Paese di sei milioni di abitanti, che ha dato all'umanità la millenaria civiltà di Ankgor, una delle più raffinate, è ancora co stellata di difficoltà Ma sono problemi che ormai riguardano direttamente i cambogiani, i «khmer». Le ingerenze esterne sono finite. Se i cambogiani riusciranno a trovare un accordo al loro interno, la guerra civile sarà definitivamente scongiurata. Non si ripeterà una situazione «all'afghana». 11 nome sulla bocca di tutti gli oratori - ieri nella seconda giornata della conferenza parigina — era quello del principe Sihanuk. A 66 anni l'ex monarca, deposto da un golpe filoamericano nel 1970. l'uomo per tutte le stagioni, viene unanimamente indicato (anche dai cinesi e dagli occupanti vietnamiti) come l'unico possibile leader di quel governo di conciliazione nazionale che dovrebbe nascere tra poco più di un mese, dopo il definitivo ritiro delle truppe di Hanoi. Il discorso di Qian Qichen era molto atteso. Nella grande sala del centro delle conferenze in Avenue Kleber il silenzio si è fatto totale quando il ministro degli Esteri di Pechino ha iniziato a leggere il testo. Poche pagine, ciò che contava era scritto nell'ultima. «La Cina vuole al più presto la realizzazione di un regolamento globale, giusto ed equo della situazione cambogiana. Dopo la conclusione di un accordo generale e il ritiro totale delle truppe vietnamite sotto la supervisione internazionale, lu Cina si impegna, contemporaneamente agli altri Paesi interessati, a cessare l'aiuto militare alle differenti fazioni cambogiane. E dopo la formazione di un governo provvisorio di coalizione quadripartita guidato dal principe Norodom Sihanuk, la Cina si impegna a riconoscerlo e a rispettare i risultati delle elezioni che questo governo organizzerà». E Pechino ha anche rinunciato a che le forze della resistenza siano integrate in un futuro esercito nazionale. Senza mai nominare i famigerati Khmer Rossi — che Pe¬ chino aiuta in armi e denaro — Qian Qichen ha sciolto l'ultimo grande interrogativo della conferenza: se gli eredi di Poi Pot vorranno continuare la loro guerriglia, per cercare di tornare al potere in esclusiva, dovranno farlo da soli, senza contare più sull'appoggio di Pechino. Un eventualità improbabile. Infatti, nel pomeriggio Khieu Samphan, il leader dei Khmer Rossi, si è affrettalo a raggiungere la posizione degli altri cambogiani e delle superpotenze. In un discorso nel quale i toni virulenti sono stati tutti riservati al nemico storico vietnamita, Samphan si è detto disposto fin d'ora a rinunciare ad ogni velleità di «monopolio del potere» e ad appoggiare il governo di Sihanuk, che dovrà sostituire quello attuale di Hun Sen. pilotato da Hanoi. Gli elogi verso l'ex monarca si sono sprecati. Colui che fino a pochi giorni fa veniva indicato come un doppiogiochista dai dubbi costumi morali, ora è divenuto il salvatore della patria. Samphan non ha mai ricordato il genocidio di cui i Khmer Rosài si resero responsabili nei quattro anni di potere, tra il 1975 e il 1979, prima dell'invasione «liberatrice» vietnamita. Quel milione di morti, quel Paese ridotto ad un immenso.campo ui schiavi, pesano sulla reputazione dei Khmer Rossi e costituiscono il principale osta colo per il loro ingresso nel governo Sihanuk. Con una notevole dose di spudoratezza Samphan si è lanciato in una filippica contro il Vietnam che ha accusato di «aver fatto in Cambogia un blitz degno di Hitler». I richiami alla recente storia europea sono stati abbondanti anche nel discorso del ministro degli Esteri di Hanoi, Nguyen Co Tach. «Il regime genocida di Poi Pot — ha detto Tach — è stato di una barbarie senza precedenti nella stona dell'umanità. Noi vogliamo che sia definitivamente eliminato come lo sono stati i regimi fascisti tedesco ed italiano e il regime militarista giapponese alla fine della seconda guerra mondiale. La storia insegna che ricompensare i criminali serve solo ad incoraggiarli a commettere crimini più gravi. E i Khmer Rossi continuano ancora oggi la politica di Poi Pot nei camp; di rifugiati, a ridosso della frontiera con la Thailandia», [p. p.)