Grande abbraccio tra Teheran e Mosca di Igor Man

Grande abbraccio tra Teheran e Mosca iran mm La visita di Shevardnadze: riavvicinamento sull'Afghanistan e importanti forniture militari Grande abbraccio tra Teheran e Mosca Velayati: «Non c'entriamo con i sequestri di Beirut» TEHERAN DAL NOSTRO INVIATO I sorrisi che Velayati e Shevardnadze si sono scambiati ai piedi della scaletta dell'aereo non ci sono proprio sembrati sorrisi di circostanza. I due ministri degli Esteri avevano una espressione curiosa, a metà contenta a metà furbesca. Anche se l'uccisione del colonnello Higgins non può non preoccupare entrambi per le reazioni che potrebbe provocare. Ma cosa porta nella sua valigetta 48 ore (si fermerà due giorni a Teheran) il sovietico «testa bianca», come lo chiamano qui; e che cosa tirerà fuori dal suo turbante il neo-presidente della Repubblica islamica, Ali Akbar Hashemi Rafsanjani? Poche ore prima dell'arrivo di Shevardnadze, il ministro Velayati ha improvvisato una rapida conferenza stampa nell'intento, s'è visto subito: a) di enfatizzare la inopinata, subitanea visita del sovietico; b) di prendere le distanze dal mini¬ stro dell'Interno Mohtashemi (e per conseguenza dagli assassini di Higgins). Mohtashemi aveva annunciato domenica terribile vendetta per il rapimento dello sceicco Karim Obeid che gli israeliani volevano barattare con gli ostaggi in mano ai fondamentalisti libanesi. L'agenda dei lavori vede nell'ordine: rapporti bilaterali — crisi afghana — trattative IranIraq sulla scorta della 598. Sono trascorsi quattro mesi e mezzo dallo sgombero sovietico dall'Afghanistan, la crisi è sempre aperta. Dopo il 15 di febbraio, giorno del ritiro dei sovietici, ritiro che l'Iran considerava una condizióne preliminare, abbiamo cominciato, dice Velayati, a discutere coi russi, coi pachistani e con i rappresentanti dell'alleanza dei sette e degli otto. (L'alleanza dei sette raggruppa i mujaheddin che operano dal Pakistan; quella degli otto i mujaheddin di base in Iran). Stiamo studiando una soluzione globale, soggiunge: «Abbiamo sempre aiutato quel Paese vicino a salvare la propria indi Eendenza, auspichiamo, a Raul, un governo musulmano, indipendente, non allineato, espressione della volontà popolare liberamente espressa». Come si sa l'Iran ha sempre considerato Najibullah e il suo regime «impuri». Adesso, invece, con una imprevedibile concessione a Mosca, non esclude che l'attuale governo afghano possa partecipare alle trattative. Sul Teheran Times, il quotidiano in lingua inglese destinato agli osservatori stranieri, leggiamo: «Nel regime di Najib ci sono persone appassionatamente impegnate nella salvaguardia deli indipendenza nazionale». La crisi afghana, la applicazione della 598 sono temi importanti, continua Velayati, ma l'argomento principe della visita di Shevardnadze è quello dei rapporti bilaterali. «Sono ottimi e c'è una comune volontà di migliorarli se ciò fosse possibile», sorride. Ma giustappunto cosa porta nella sua 48 ore l'ospite sovietico? Questo Velayati non può certo dirlo ai giornalisti ai quali non rimane che rifarsi alle cosiddette fonti bene informate. C'è chi sostiene che la visita di Shevardnadze è un gesto di cortesia, certamente non disinteressata, di Teheran verso un Gorbaciov alle prese con una situazione interna difficile, specie a causa dei conflitti etnici. C'è chi vuole, invece, che in cambio del «completo allineamento di Teheran con Mosca sull'Afghanistan», i sovietici si siano decisi a fornire all'Iran gli aerei da combattimento di cui ha bisogno. (Ma Gorby offre i Mig-23 mentre Raf vuole i Mig29). Sia come che sia se la visita di Shevardnadze, all'indomani dell'elezione di Rafsanjani serve ad accrescere il recuperato prestigio di Mosca nel Medio Oriente, è anche vero che serve a Rafsanjani per tener buoni quanti gli rimproverano d'essere troppo filo-occidentale. I rapporti eccellenti con Mosca, chiarisce Velayati, non contraddicono la consegna dell'imam: «Né con l'Est né con l'Ovest». «Siamo disponibili a un rapporto di parità con tutti». Il signor Mohtashemi ha detto che l'Occidente «per ottenere' rapporti buoni e profittevoli con l'Iran deve semplicemente smettere di proteggere Salman Rushdie, deve consegnarcelo affinché venga eseguita la sentenza di morte». Che ne dice il signor Velayati e come giudica le minacce di terribili rappresaglie pronunciate dal ministro dell'Interno? Trattenendo a stento un gesto di fastidio, Velayati risponde: «Il signor Mohtashemi ha espresso un'opinione del tutto personale. Non ho commenti da fare». Una chiara presa di distanza dai «radicali» cui ne segue un'altra: «L'Iran non è, non può essere ritenuto responsabile di certe affermazioni o minacce. In ogni caso condanniamo i sequestri di persona e qualsiasi atto di violenza contro persone innocenti». Questo chiaramente vale e per il rapimento dello sceicco libanese e per l'uccisione di Higgins. Igor Man