Giorni di terrore per altri 17 prigionieri

Giorni di terrore per altri 17 prigionieri OSTAGGI Secondo gli integralisti che lo hanno rapito il tenente colonnello Higgins era una spia al servizio di Israele Giorni di terrore per altri 17 prigionieri Nessuna notizia di Alberto Molinari, l'unico italiano scomparso in Libano I trenta secondi d'immagini sfocate della videocassetta che mostre: il cadavere del tenente colonnello americano William Higgins, diffusa dal gruppo filoiraniano «Oppressi della terra» per rivendicarne l'impiccagione, riaprono un capitolo di terrore sulla sorte degli ostaggi occidentali ancora nelle mani dei terroristi libanesi. Ufficiale dei malines in forza al contingente libanese «Unf'il» dell'Onu, 44 anni, Higgins era stato rapito il 17 febbraio dello scorso anno dagli integralisti perché sospettato di essere un informatore di Israele. Sono diciotto i prigionieri dei fanatici del «partito di Dio», la milizia che professa una sorta di «rivoluzione permanente» nel nome dell'Islam sciita. Gli hezbollah, padroni di una larga fetta della periferia meridionale di Beirut Ovest, servono, come l'antica e sanguinaria «setta degli assassini», la mistica della guerra santa quanto i crudi dettami della realpolitik ispirata dall'Iran. Nessuno è in grado di prevedere la sorte di chi cade nelle loro mani, se non Allah e qualcuno, forse, a Teheran. Nelle carceri degli hezbollah sono rinchiusi nove americani: William Buckley, funzionario dell'ambasciata americana a Beirut (ritenuto il responsabile della Cia per il Medio Oriente), rapito il 16 marzo '84. La «Jihad islamica», che ne aveva rivendicato il sequestro, ne ha annunciato l'uccisione, ma il cadavere non è mai stato ritrovato. Terry Anderson, giornalista, 41 anni, rapito il 16 marzo '85. Anche il suo sequestro porta la firma della «Jihad». Thomas Sutherland, insegnante, rapito il C giugno '85, stessa rivendicazione. Frank Reed, preside, 58 anni, rapito il 9 settembre '86, sequestro rivendicato dalle «Cellule rivoluzionarie arabe - Forze Omar Moukthar». Joseph Cicippio, impiegato, 59 anni, di origine italiana, preso il 12 settembre '86, nella rivendicazione la stessa sigla dei rapitori di Reed. Edward Tracy, scrittore, 59 anni, rapito il 21 ottobre '86. Rivendicazione dell'«Organizzazione per la giustizia rivoluzionaria». Jessy Tumer, 41 anni, Robert Polhill, 55 anni, Alan Steen, 49 anni, insegnanti, rapiti il 24 gennaio '87. Rapimento rivendicato dalla «Jihad islamica per la liberazione della Palestina». Poi ci sono tre ostaggi inglesi. Alee Collett, giornalista, rapito il 25 marzo '85. E' stata annunciata la sua esecuzione ma il cadavere non è stato ritrovato. John McCany, cameraman, rapito il 17 aprile '86, Terry Waite, emissario dell'arcivescovo di Canterbury, 49 anni, scomparso il 20 gennaio '87 mentre era impegnato in una difficile opera di mediazione con gli in¬ tegralisti islamici. Tra gli ostaggi c'è un solo italiano, Alberto Molinari, uomo d'affari residente a Beirut, 70 anni, scomparso 1' 11 settembre '85. L'elenco prosegue con un irlandese, Brian Keen, insegnante, scomparso l'il aprile '86; un belga.. Jan Cools, 33 anni, medico volontario nei campi palestinesi del Sud Libano, rapito il 21 maggio 1988; e due tedeschi: Heinrich e Thomas S^ruebig, rapiti nel maggio scorso. Lo scorso anno fonti dei servizi di sicurezza siriani avevano fatto trapelare la notizia che gli hezbollah tenevano tutti gli ostaggi in una stessa prigione ad Hay Madi, un suburbio della periferia di Beirut. Gli uomini di Damasco sostenevano di controllare a vista la zona, in parte grazie agli alleati della milizia sciita filosiriana di Amai, in parte grazie a una .fitta serie di posti di blocco militari tutto intorno all'area. Nessuno ha però osato (anche per non esacerbare l'intricato legame tra Damasco e Teheran) spingersi nel territorio degli hezbollah. Fonti occidentali mai confermate ufficialmente hanno ribadito la notizia, sostenendo che i satelliti della Cia avevano da tempo fotografato il carcere di Hay Madi. Un miliziano di Amai, catturato dagli hezbollah e poi liberato nel corso di uno scambio di prigionieri, ha confidato al fjiornalista inglese John Bui och: «Nella caserma di Hay Madi ci sono tre settori: uno per le guardie, uno per i prigionieri libanesi, come ero io, e una sezione sempre chiusa, sorvegliata da guardie speciali». E probabile che proprio nella terza sezione di Hay Madi gli ostaggi occidentali stiano vivendo le ore più cupe della loro interminabile prigionia.