ANTICHI LUCCHETTI QUALE MAGIA di Sabatino Moscati

ANTICHI LUCCHETTI QUALE MAGIA ANTICHI LUCCHETTI QUALE MAGIA E. ROMA davvero una moJ stra inusuale, ricca di fascino e di originalità, quella recentemente inaugurata al Museo Nazionale d'Arte Orientale in Roma che s'intitola «Lucchetti orientali: funzione, simbolo, magia». Vi si presenta per la prima volta una selezione di artistiche chiusure per cofanetti, scrigni, cassette, porte: chiusure che celano, sotto l'eleganza delle forme, i più curiosi e raffinati enigmi, dalla cui soluzione dipendeva la possibilità di accedere all'interno dei preziosi contenitori. L'Oriente è la terra dei misteri, e i lucchetti non fanno eccezione. Essi hanno qui, anzi, i loro precedenti più remoti. Come fa osservare Paola Torre, curatrice della mostra, fin dal IV millennio a. C. furono escogitati sistemi di chiusure controllabili: erano piccoli blocchi di argilla che venivano posti sui tappi dei contenitori, o sulle corde che li legavano. Dopo di ciò, si imprimeva su essi il sigillo del proprietario o del fornitore, sicché solo rompendolo era possibile aprire i recipiènti. Le testimonianze della mostra si estendono dal XII al XX secolo e s'irradiano su un ampio territorio dall'Iran (dove si è trovato il gruppo più numeroso) all'Afghanistan e al Pakistan, dal Tibet al Nepal e all'India. Ve in questi paesi una caratteristica comune: lucchetti e serrature hanno una funzione non solo protettiva, ma anche magica e simbolica. Perciò sono stati spesso usati come talismani; e se ne trovano frequentemente come offerte nelle tombe dei sacerdoti. La funzione magica e simbolica è certo legata al carattere proprio di questi oggetti come strumenti per svelare i segreti, per dare accesso ai tesori. Ma la componente artistica non viene mai meno: perciò si trovano lucchetti in elaborate forme di case e di animali, lavorati in materiali resistenti e preziosi come il bronzo e l'argento, decorati con tecniche complesse quali l'incisione, la punzonatura, lo smalto, l'incrostazione. Quanto alla funzione pratica, essa si esplica con la più sbrigliata fantasia. C'è il lucchetto in forma di uccello, che nascon¬ de il foro di accesso per la prima chiave sotto la coda; una volta inserita la chiave si alzano le ali dell'uccello e compare la serratura vera e propria. Un altro caso singolare è il lucchet to «per due soci», apribile soltanto con l'introduzione simultanea di due chiavi che potevano essere tenute da due persone diverse. Infine, è attestato da tempo in Oriente il lucchetto «a combinazione»: solo conoscendo la chiave di lettura delle parole o dei numeri si può aprirlo. Al termine della mostra, viene da chiedersi: riuscirono davvero, e fino a qual punto, queste elaborate chiusure a proteggere i tesori? La risposta è quella che diamo ancor oggi dinanzi ai più sofisticati sistemi di tutela: certo essi scoraggiano i ladri, ma sarebbe illusorio pensare che bastino. In realtà, i ladri potevano asportare i lucchetti e i cofanetti insieme, romperli quando l'ingranaggio era troppo complicato o richiedeva troppo tempo per scoprirlo. Tutto ciò non ignoravano certo gl'ingegnosi costruttori di questi meccanismi. E allora sorge il pensiero che, oltre alle funzioni fin qui descritte, essi ne avessero un'altra a cui abitualmente non si pensa: quella del prezioso giocattolo, del raffinato divertimento. L'Impiego religioso e magico non preclude affatto quest'ipotesi: in tutte le civiltà orientali il giuoco è segno di alta sapienza, in cui convergono la tecnica e la fede. Sabatino Moscati

Persone citate: Antichi Lucchetti, Paola Torre

Luoghi citati: Afghanistan, India, Iran, Nepal, Pakistan, Roma, Tibet