Il Giulio Cesare di Giorgio Gualerzi

Il Giulio Cesare Partito il festival di Martina Franca Il Giulio Cesare Sera filologicamente buona Credo sia noto l'amore sviscerato che Rodolfo Celletti nutre per il Belcanto, grande almeno quanto profonda è l'ostilità nei confronti della versione addomesticata, spesso filologicamente scorretta, che se ne dà in area anglo-tedesca. Era logico quindi che fra gli appuntamenti inevitabili del «suo» Festival, che dal 1975 ha sede nella città barocca di Martina Franca, non potesse mancare l'Haendel maggiore, in una versione che d^fforiginaria impostazione belcantistica fosse filologicamente rispettosa al massimo, pur tenendo conto dell'impossibilità (anche per Celletti che tanto li vorrebbe) di disporre dei «castrati». ■ Ecco dunque che alla monteverdiana «Poppea» dello scorso anno è seguito, sabato sera, l'inaugurale «Giulio Cesare» haendeliano, protagonista un mezzosoprano in mancanza del contraltista scelto da Haendel (il grande Senesino). Martine Dupuy ha superato vittoriosamente l'impatto, sfoggiando uno stile perfetto, sorretto da una tecnica inappuntabile. Il «cast» originario prevedeva, per la parte di Tolomeo, un secondo contraltista, qui sostituito da una voce di soprano (la robusta e appropriata Josella Ligi), con il risultato che cinque timbri femminili in altrettante parti principali finiscono per nuocere alla varietà della lunghissima opera, rendendone non troppo agevole l'ascolto. Nel resto delia compagnia hanno brillato il valido Sesto di Raquel Pierotti e l'incisivo Tolomeo di Susanna Anselmi, mentre Pietro Spagnoli delineava un convincente Achilia. L'unico punto debole pareva essere Patrizia Orciani, volonterosa ma alquanto immatura per quella Cleopatra. Giorgio Gualerzi

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