Grandi 007 per i maestri pittori

Grandi 007 per i maestri pittori Al Museo di Villa Guinigi la trama complessa, i volti e i misteri dell'arte di fine Quattrocento Grandi 007 per i maestri pittori Gli amori segreti e i contratti del padre di due angeli TLUCCA EMPO d'estate, di vacanze e anche di musei. Ma i turisti che capitano al Museo nazionale di Villa Guinigi non sono tra i più fortunati: ad accòglierli, nell'atmosfera pigra e silenziosa dei borghi lucchesi, non trovano neppure l'ombra di un catalogo o cataloghino. L'unico, del '68, nato col museo e oggi superato, è esaurito da anni. Non solo, ma nel percorso non sempre organico che ci porta tra dipinti e sculture, ci si imbatte spesso in didascalie vecchie e devianti. Eppure, dagli Anni 80 ad oggi, tutti quegli anonimi maestri tra '400 e '500 individuati all'inizio del secolo da Bernard Berenson, che avevano appassionato Lónghi, hanno ritrovato nomi, curriculum artistico, una storia precisa e documentata. Una serie di ricerche d'archivio, sottili e poliziesche, pubblicate in riviste specialistiche, ha restituito non solo anagrafi e biografie agli artisti, ma anche ridisegnato la trama complessa della produzione artistica lucchese di fine '400, straordinariamente ricca ed omogenea, ma anche rigorosamente anonima. Sono riemersi pittori e maestri del legno con organizzate botteghe, ciascuno con una propria fisionomia, ma dal tipico carattere lucchese, eclettico,' fatto di mescolanze fiorentine, senesi, fiamminghe. Le loro opere sono oggi sparse nelle chiese di Lucca e Campania, sul mercato antiquario e soprattutto nei musei europei e americani — da Berlino a Malibu, da Londra a Madrid, da Birmingham a Liverpool — dove sono finite dopo le esportazioni ottocentesche. Il Museo Guinigi non li rappresenta tutti. Incontriamo però, al primo piano, dopo le sale destinate al '200 e '300, alcuni dei protagonisti, in penombra, sempre più vecchi e consunti, nonostante la freschezza e l'ingenuità dei tocchi. Tra i primi, l'ex Maestro di Borsigliana, piccolo paese della Valle del Serchio. La tavola con la Madonna col Bambino, tagliente, colorata, poetica, acquistata recentemente sul mercato dopo sessantanni di peregrinazioni, dalla natia chiesa di Rocca Soraggio di Sillano (Lucca) a collezioni private -parigine, era la parte centrale di un trittico, eccezionalmente firmato e datato: «Pietro da Talada, 1463). Firma e data, distrutte anni fa col taglio di 30 centimetri di legno e dimenticate, sono riaffiorate nel 1987, in una vecchia fotografia. Ecco così recuperata l'identità del maestro tardo-gotico, dai tratti iberici e valenzani, autore degli splendidi polittici di Borsigliana, Stazzema in Versilia, Corfino. Ma Pietro da Talada, collocato provvisoriamente nel centro di una sala, è un po' un intruso nella compatta schiera dei lucchesi, che lui comunque un pochino dovevano aver guardato. Forse uno sguardo distratto glielo aveva dato anche l'autore di una misteriosa e affascinante Visitazione, che non riesce però a na- scondere simpatie per Siena. Il dipinto, dove un paio di angeli spalancano una tenda dorata su un limpido paesaggio toscano, è ancora accompagnato dalla strampalata attribuzione . a «Francesco Di Giorgio Martini». Il Maestro dell'Immacolata Non è certo suo, ma di un maestro lucchese che stenta a ritrovare il nome. Qualcuno ipotizza si tratti di Luca di Agostino libertini da Montalcino, un senese impiantato a Lucca, con bottega, dal 1481 al 1524, ancora privo di testimonianze figurative. Certo è uno del gruppo. Molto vicino all'autore di due grandi e vistose tavole che si presentano al visitatore etichettate come «Maestro dell'Immacolata Concezione». In realtà, di Vincenzo Frediani, uno dei più importanti pittori lucchesi dell'epoca. Ricostruito come anonimo nel 1957-59 in base alla grande tavola con l'Immacolata Concezione, una delle due esposte, proveniente dalla chiesa di S. Francesco, ha ritrovato il suo nome nel 1985. Di famiglia popolare, di biadaioli, è attivo a Lucca dal 1481 al 1505, influenzato all'inizio dai fiorentini presenti in città, Filippino Lippi e Ghirlandaio. Lavora per chiese di città e campagna, dove ancora oggi possiamo trovare delicate madonne e santi nascosti dietro tavoli barocchi o ancora al loro posto. Per suggerire un itinerario: a Lucca, nella sacrestia del duomo; nei dintorni a S. Andrea di Tempagnano di Limata, in S. Michele di Moriano, S. Bartolomeo a Ruota; in Versilia, nel museo diocesano di Camaiore e a S. Eustachio di Montignoso. Il grande dipinto con l'Immacolata Concezione è stato per secoli un enigma con la sua complicata iconografia. Ma un paio d'anni fa è riaffiorato dalle carte polverose di un notaio l'atto di commissione. Ora sap¬ piamo tutto: era stata ordinata nel 1502 dai frati minori del convento francescano in pieno clima di propaganda religiosa. Finito nel 1503, era un vero manifesto che doveva parlare al pubblico con i suoi rigidi e didattici cartigli. Due nomi un solo artista Appartiene al Frediani e alla sua articolata bottega anche un raffinato trittico, collocato qualche metro più in là, con la vaga indicazione «Maestro lucchese della seconda metà del 1400». La tavola, con la Ma¬ donna, bambino e santi che porta — fatto insolito — il nome del committente «Paolo Buonvisi» e la data «1487», era stato finora sballottato tra il Maestro dell'Immacolata Concezione e un ipotetico Pittore di Paolo Buonvisi, che si sarebbe distinto dal primo per la migliore qualità. Tra le ultime avvincenti scoperte quella che i due pittori dai nomi convenzionali sono la stessa persona, cioè Vincenzo Frediani. Amico di questo pittore, con cui ha certo collaborato, è un altro artista, forse un po' più giovane, certamente più grande, l'autore di tre dipinti con Madonna, bambino e santi provenienti da chiese cittadine e indicate, come del «Maestro del tondo Lathrop». Il nome convenzionale, datogli dal Berenson nel 1906 sulla base del bellissimo tondo lucchese con Madonna, bambino, S. Gerolamo, S. Caterina e donatore del Paul Getty Museum di Malibu, può essere oggi tranquillamente sostituito con quello meno affascinante, ma vero, di Michelangelo di Pietro «Mencherini» (il cognome non è chiaro nei documenti). Lucchese, di origine pistoiese, pittore e maestro del legno, documentato dal 1484 al 1525, è colto ed aggiornato, con un linguaggio lucido e metallico che risente dell'abitudine all'intaglio. Impegnato in prestigiose commissioni per chiese e privati, diffonde le sue tavole, come il Frediani, in città e campagna, dove oggi le possiamo ancora ammirare. Dai due santi Biagio e Lucia della collezione Mazzarosa di Lucca (difficilmente visibili) alla sorprendente «fiamminga» Annunciazione della chiesa dell' Annunziata nei dintorni di Lucca, dagli eccezionali Cinque santi di S. Pietro Somaldi, che hanno avuto nel passato le più pazzesche attribuzioni alla forse finalmente identificata Madonna del Soccorso in S. Frediano a tante altre. Di questo (come di altri maestri) conosciamo anche i segreti di vita: acquisti di terre e di muli dai peli «brinati», un paio di mogli, figli pievani e figlie da dotare, pagamenti (dura conquista anche allora) in ducati o in natura: grano, vino, castagne, olio. Conosciamo gli amori, i litigi agli angoli delle vie, le cause, i testamenti, i contratti. E la posizione della bottega di pittura, «sotto la casa dell'orafo Francesco Marti, in contrada S. Michele in foro»: chissà, la potremmo anche ritrovare. Più misterioso appare Bernardino da Castelletto di Massa, col suo strano dipinto dal sapore di confine, la Madonna col bambino tra i santi Sisto Papa e Pietro, firmato e datato 1490, per la chiesa di Pomezzana in Versilia: linee aspre, volti dai nasi grossi e campagnoli. Pochi i dati biografici, che lo dicono nel 1481 a Massa. Chi è dunque questo vagante Bernardino? Forse quel simpatico Maestro di Sant'Anastasio, garfagnino, autore dei due poetici trittici delle parrocchiali di Sant'Anastasio e di Vallico di Sotto nella Valle del Serchio. Ma le sorprese al Guinigi potrebbero continuare lungo il corridoio che ospita i dipinti del primo '500. Agostino Marti ed Ezechia da Vezzano aprono il nuovo secolo, sono i moderni allievi della collaudata e abile generazione precedente. Quasi sconosciuti sino a poco tempo fa, adesso incominciano a profilarsi. Ma il visitatore può difficilmente percepirlo: nessuna indicazione aggiornata, nessuna scheda o pannello esplicativo, proprio niente. Maurizia Tazartes Lucca, museo Guinigi. Trittico con lunetta, particolare con Santa Lucia e S. Giuseppe. L'autore, Michelangelo di Pietro Mencherini, fu indicato a lungo col nome convenzionale di «Maestro del tondo Lathrop»