Ustica, il Mig libico non c'entra

Ustica, il Mig libico non c'entra Per i magistrati il «giallo» nacque da un compiacente documento dei periti Ustica, il Mig libico non c'entra L'aereo di Gheddafi precipitò 21 giorni dopo A meno che non ci si trovi di fronte all'ennesimo tentativo di depistaggio, questa volta però perpetrato dalla magistratura proprio in un'indagine su una presunta deviazione, il Mig-23 libico schiantatosi nel vallone di Timpa delle Megere, presso Castelsilano, in provincia di Catanzaro, non c'entra nulla con la fine del DC9 precipitato la sera del 27 giugno 1980. E questo perché il caccia della Jamairia precipitò in Cala¬ bria, «senza ombra di dubbio», scrivono i magistrati, alle 11,14 del 18 luglio, cioè 21 giorni dopo la caduta del DC9. Due recenti sentenze lo affermano, escludendo il nesso tra Ustica e Castelsilano. Così, almeno, il «giallo del Mig» non è più tale: e ciò senza fare congetture, limitandosi a fatti e documenti ufficiali (le due poco note sentenze), ridimensionando una presunta storia di depistaggi in odore di P2. Punto di partenza è una perizia necroscopica sul pilota Ubico eseguita da due medici di Catanzaro — Erasmo Rondanelli, anatomo-patologo, e Anselmo Zurlo, cardiologo — il 23, luglio 1980, 5 giorni dopo il rinvenimento, a Timpa delle Megere, del Mig-23 e del suo occupante. Prima i due medici stilano un rapporto per il magistrato inquirente, dott. Brancaccio, in cui fanno risalire la morte a pochi giorni prima, concordando con la data della caduta (il 18) e con le osservazioni dell'ufficiale sanitario di Castelsilano, dott. Scalise. Ma il giorno dopo c'è il colpo di scena: al segretario del dott. Brancaccio, Olivero, i due avrebbero consegnato una memoria aggiuntiva, di una pagina e mezzo, totalmente diversa. Il pilota, secondo questo nuovo documento, sarebbe morto molto prima del 18 luglio, anzi proprio nel giorno in cui a Ustica s'inabissò il DC9 Itavia. Ma questa misteriosa memoria aggiuntiva si sarebbe volatilizzata: la verità viene fuori proprio dalle indagini svolte lo scorso anno dalla procura di Crotone. Sulla sparizione, afferma lo stesso giudice istruttore Stagliano, si innescò una campagna volta a dimostrare «che il successivo ritrovamento dei resti del Mig e del corpo del pilota sarebbe stato artificiosamente provocato da servizi segreti non meglio identificati o da altre ancora più misteriose organizzazioni interessate ad occultare il rapporto diretto tra i due episodi». Ma il 21 febbraio scorso il procuratore della Repubblica di Crotone, Costa, e il 6 marzo il giudice istruttore Stagliano, hanno decretato di non doversi procedere contro il funzionario, sospettato di aver sottratto o non messo nel fascicolo la perizia-bis, «per manifesta infondatezza dei fatti denunziati». Insomma, i magistrati hanno ritenuto che le prove raccolte e le testimonianze (sette) inducano a far risalire «con assoluta certezza» la caduta del Mig libico al 18 luglio 1980, verso le 11. Dicono che non c'è alcuna prova che la famosa «memoria aggiuntiva» sia mai stata consegnata: il prof. Rondanelli ed il prof. Zurlo, interrogati separatamente, si sono contraddetti. Ma nel prowedimento del magistrato c'è un altro elemento finora sconosciuto: l'Aeronautica militare ha potuto accertare che il Mig era decollato alle 9,54 del 18 luglio dalla base di Benina, in Libia, si era schiantato alle 11,14 e la causa dell'incidente era «spegnimento del motore per esaurimento del carburante». Gli elementi della nuova inchiesta (testimonianze, foto¬ grafie, rapporti sulle condizioni in cui venne rinvenuto il cadavere, «sanguinante» e non in decomposizione) contraddicono tutte le dichiarazioni dei due medici, che con le loro interviste hanno teso a porre un collegamento tra il Mig e il DC9. «Ma allora — si chiede il giudice istruttore Stagliano — perché i periti avrebbero inventato la circostanza?». E la risposta viene dallo stesso magistrato: «Per smania di protagonismo, per desiderio di porsi all'attenzione nazionale, o molto più semplicemente per dare una mano ad un vecchio amico del prof. Zurlo, quel tale Davanzali, amministratore dell'Itavia, proprietario dell'aereo precipitato ad Ustica, che, secondo le stesse affermazioni dello Zurlo, aveva tutto l'interese a dimostrare che il DC9 era stato abbattuto e non fosse precipitato per un cedimento strutturale. Emergono al riguardo robusti sospetti, ma non vi sono prove dirette». Gianni Bieio La «scatola nera» del DC9

Persone citate: Anselmo Zurlo, Brancaccio, Davanzali, Erasmo Rondanelli, Gheddafi, Olivero, Rondanelli, Scalise